"If you want to take a good shit, you have to eat well": sentenza magari non sopraffina, ma in questo caso calzante. Il mittente è un insospettabile Miloš Forman, il destinatario il non meno insigne Phil Tippett, pluripremiato mago degli effetti speciali, irrinunciabile braccio destro di Lucas, Spielberg e Verhoeven.
E di roba buona deve averne divorata a crepepelle, il vecchio Phil, negli ultimi trent'anni. Questo l'arco di tempo in cui ha preso forma la sua compulsiva Merzbau registica, meditata quasi di nascosto, tra un set e l'altro, rubando il mestiere ai molti titani cui ha prestato il suo estro. Uno di quei film marchiati dalla maledizione di "Fitzcarraldo", in cui a far notizia è la lavorazione rocambolesca più che la solidità dei risultati.
Sarebbe ingeneroso, però, esaurire la portata di "Mad God" alla genesi travagliata che l'ha partorito. Artigiano meticoloso e visionario, degno erede di Ray Harryhausen, Tippett ci ha riversato dentro la sua maestria tecnica quanto le sue ossessioni figurative e le sue inquietudini politiche. Prestando ascolto all'amico ceco, non si è tirato indietro di fronte a un banchetto in cui le illustrazioni di Kubin, Giger e Beksiński sfilano accanto alle immagini di "Eraserhead", "Tetsuo" e "Il Pasto Nudo", con l'occhio vaginale di Bataille a spuntar fuori dal primo orifizio libero. È un trionfo di animazione ad alto tasso materico, affollato di plastiline mai così organiche e deformi, scolpite con un sound design da macelleria aliena. Complici le musiche Elfman-iane di Dan Wool, il colpo d'occhio richiama le fiabe tetre di Švankmajer (da cui mutua pure le stranianti inserzioni in live action), ma proiettate in un orizzonte apocalittico, quando non truculento, da decalogo cyberpunk.
Pur lasco e laconico, con il fianco offerto a innumerevoli interpretazioni, il comparto narrativo non si lascia confinare nell'angolo. La distopia horrorifica di Tippett inscena una civiltà inutilmente efficiente e, forse anche in virtù di questo, inesorabilmente decaduta. In questa "Metropolis" coperta di detriti si arena senza gloria la pretesa disumanizzante di tutti i regimi, destinata a inabissarsi tra le sue rovine arrugginite. Senza nome e senza volto, alla caparbia ricerca di chissà cosa, il protagonista è un tenero Rick Deckard in stop motion, calato in un mondo feroce che finirà, letteralmente, per farlo a pezzi. Una brutale assurdità sembra dettar legge nell'universo forgiato dal demiurgo pazzo del titolo, in cui non è implausibile scorgere un alter ego dell'autore. Il finale, comunque, ha più il suono della beffa che del verdetto oltremondano.
Film di mezzanotte a 24 carati, cult istantaneo da maratona cinefila, "Mad God" segna la rivincita della tecnica dal volto umano, portata avanti nei retrobottega dell'impero da partigiani indefessi come Phil Tippett.
regia:
Phil Tippett
distribuzione:
Shudder
durata:
83'
produzione:
Tippett Studio
sceneggiatura:
Phil Tippett
fotografia:
Chris Morley, Phil Tippett
montaggio:
Michael Cavanaugh, Ken Rogerson
musiche:
Dan Wool