Nei primi decenni della storia del cinema un'ora era una durata ragionevole per un film. Solo per citare alcuni capolavori "La corazzata Potemkin" dura 70'," L'Age d'Or" 62', "Freaks" 66'. Adesso la durata minima di un film commerciale standard è circa un'ora e mezzo, quindi al povero Chris Gorak, regista de "L'ora nera", è toccato l'arduo compito di riempire non un'ora bensì 89' con la striminzita idea "turisti americani combattono alieni elettromagnetici a Mosca", e a noi tocca stare in sala per tutto questo tempo a guardare un film che non regge.
La letteratura fantascientifica ci insegna che idee semplici possono dar luogo a racconti fulminanti e potenti (vedi le tre leggi della robotica), e al cinema "The Cube" o più di recente "Moon" e "Source Code" ci hanno mostrato egregiamente come un film di fantascienza non debba per forza descriverci un mondo o una società alternativi alla nostra o raccontarci una impresa epica nello spazio: basta una idea semplice e forte e la capacità di girarla con maestria o almeno mestiere.
Purtroppo qui l'idea è quella che è, ma soprattutto il regista non è minimamente in grado di creare tensione, empatia con i personaggi, adrenalina, paura, niente. L'invisibilità degli alieni per gran parte del film poteva suggerire numerose trovate, ma si risolve in un "se non ci muoviamo non ci vedono neanche loro" che oltre a non avere il minimo senso scientifico (come il resto del film) ricorda un po' "Jurassic Park". Ma l'esempio paradigmatico dell'incapacità registica di Gorak è usare la location della Piazza Rossa per girare una scena che poteva ambientarsi tranquillamente nel parcheggio di un condominio. Anzi, una ambientazione più ristretta avrebbe dato magari un senso di claustrofobia a un incontro eroi-alieni che nel film non desta il minimo interesse. La sceneggiatura è così naif che non è chiaro a quale tipo di pubblico dovrebbe piacere. Stesso dicasi degli effetti speciali che, come la Mosca che ci viene mostrata nei primi minuti, sembrano fermi agli anni '90 (carina la battuta sui Nirvana). Personaggi inesistenti e di conseguenza comparto attoriale non ricevuto: Emile Hirsch ("Alpha Dog", "Into The Wild") doveva aver capito già in "Speed Racer" di non essere fatto per la fantascienza. Ma la vera delusione è vedere Timur Bekmambetov, la cui fantasia sbrigliata avevamo apprezzato nella folgorante serie "I guardiani della notte" / "I guardiani del giorno" così come nel potente debutto americano di "Wanted", associato a una pellicola così piatta.
A parte qualche battuta azzeccata (quelle che gli americani chiamano one-liner), l'unico elemento del film che ispira simpatia è l'armata brancaleone dei resistenti autoctoni che sfoggiano un vero carattere da russi-che-non-mollano-di-fronte-al-nemico (ricordiamo l'assedio di Stalingrado del 1942 con 1 milione di morti, che in Russia è orgoglio nazionale). Inoltre il segmento a loro dedicato, anche grazie alla visione "alla Predator" che hanno gli alieni, rimanda stilisticamente ai film d'azione anni '80 che siamo consci avere ancora qualche estimatore (si sta giusto girando il seguito de "I mercenari"). Ma in fondo non importa quanto siate russofili e/o abbiate nostalgia di "Commando": lasciate perdere questo film.
cast:
Emile Hirsch, Max Minghella, Olivia Thirlby, Rachael Taylor
regia:
Chris Gorak
titolo originale:
The darkest hour
distribuzione:
20th Century Fox
durata:
89'
produzione:
Summit Entertainment
sceneggiatura:
John Spaiths
fotografia:
Scott Kevan
montaggio:
Fernando Villena
musiche:
Tyler Bates