"Wanted", ovvero il punto di non ritorno dell'action americano. Anche se, a dire il vero, alla regia c'è un kazako (Timur Bekmambetov, giunto al successo in patria con il kolossal "I Guardiani della notte") e la sceneggiatura si ispira (seppure alla lontana) alla serie di fumetti dello scozzese Mark Millar.
L'opera di Millar era ambientata in un mondo in cui il male ha trionfato sulle forze del bene, dove i supercriminali hanno sconfitto tutti gli eroi, cancellandone poi il ricordo dalle menti della gente comune. Nel film di Bekmambetov non c'è nulla di tutto questo, sono rimasti solo alcuni personaggi, qualche idea base, ma poco. Inevitabile la semplificazione, dovuta anche alla prematura messa in cantiere della pellicola (quando erano stati dati alle stampe solo i primi numeri del fumetto). Sono rimasti intatti però la violenza stilizzata ed eccessiva, lo humour nero, e l'amoralità che contraddistinguono i lavori di Millar.
Ed è quasi sorprendente che "Wanted" riesca a funzionare e a non vivere di rendita, perchè, a conti fatti, tutto in questo film è preso e riciclato da tente cose diverse (un po' come nei recenti "L'incredibile Hulk" e "Indiana Jones"). E' cinema che si nutre di cinema: il protagonista, grigio impiegato insoddisfatto della propria vita, che scopre di essere "destinato" a cose più grandi, le riprese rallentate delle pallottole, le auto che sfidano la forza di gravità, vengono direttamente dalla trilogia di "Matrix", la descrizione (con voce off) della squallida vita di Wesley rieccheggia le parole di Edward Norton in "Fight Club", la sua paranoia metropolitana è messa in scena con trovate che paiono uscite dall'"American Psycho" di Ellis (il bancomat che lo insulta). E gli esempi potrebbero continuare.
Ma il riciclo è messo in scena con abbastanza furbizia da non risultare risaputo e pesante, e il regista russo filma con un dinamismo (magnifica la sparatoria alla John Woo nelle ultime sequenze) e una tecnica decisamente superiori a tanti altri mestieranti (pensate alla cialtroneria del recente "Shoot 'Em Up"). Le psicologie sono azzerate, così come i dilemmi morali dei personaggi, messi al bando con un ghigno di sberleffo (i killer appartenenti alla Confraternita uccidono in base agli ordini di un "volere superiore", senza sapere se la vittima merita o meno la morte), il ritmo è velocissimo e gli attori ben sfruttati (McAvoy diventerà qualcuno, la Jolie tira fuori tutto il suo sex appeal, malamente utilizzato in altre pellicole).
Non è propriamente il tipo di film che ci sentiremmo di consigliare ad un fan di Bergman o Kieslowski, ma chi cerca un divertente passatempo esitivo non sarà deluso.
08/07/2008