Anche il piccolo schermo saluta il genio di Alain Resnais con uno dei suoi capolavori, "L'anno scorso a Marienbad". La settimana prosegue con mirabili opere d'autore italiane ed europee, grandi classici, documentari ammalianti e un paio di horror che hanno fatto la scuola del genere. Ma è soprattutto un sentimento gelido e nichilista quello che pervade le pellicole di questa settimana di metà marzo, quasi a simboleggiare il sentimento del vuoto lasciato dal grande cineasta della Nouvelle Vague.
Domenica 9 marzo
Ransom - Il riscatto di Ron Howard (21.00, Iris). Iris festeggia le 60 candeline del regista Ron Howard proponendo in prima serata uno dei suoi thriller più avvincenti. Il tenace milionario Tom Mullen (Mel Gibson) non si arrende a pagare il riscatto del rapimento del figlioletto e, attraverso i media, promette la stessa cifra a chi sarà in grado di avere la testa dei rapitori. I festeggiamenti di compleanno proseguono in seconda serata con "Parenti, amici e tanti guai" sempre sullo stesso canale e con "A Beautiful Mind" su Rete4.
Pusher di Nicolas Winding Refn (1.55, Rai Movie). Esordio alla regia del controverso regista danese, autore, tra gli altri, dell'osannato "Drive" e dell'ultimo "Solo Dio perdona". "Pusher" rappresenta la prima parte di una trilogia sulla droga e sulla malavita ambientata a Christiania, quartiere degradato di Copenaghen. La violenza esibita e la cinica rappresentazione dei fatti inducono a un'apparente manierismo che solo nel finale si trasforma in un'empatica opera "morale", se così si può definire, sui processi putridi e nichilisti nell'ambiente dello spaccio di stupefacenti.
L'anno scorso a Marienbad di Alain Resnais (2.30, Rete 4). Nel cuore della notte, a un orario quanto mai assurdo, si celebra uno dei capolavori più rappresentativi del maestro Alain Resnais, scomparso pochissimi giorni fa. "L'anno scorso a Marienbad" è iniseme a "Hiroshima Mon Amour" la pellicola che meglio cristallizza lo spirito teorico e sperimentale di uno tra i progenitori della Nouvelle Vague: una ricerca sul tempo e sulla memoria, affiancando all'immancabile componente filosofico-proustiana, una ricerca nello stile in grado di far assimilare perfettamente lo stato di confusione spazio-temporale del racconto.
Lunedì 10 marzo
Argo di Ben Affleck (21.05, Rsi La1). Traendo spunto dal libro Argo. Come la CIA e Hollywood hanno salvato sei ostaggi americani a Teheran, scritto da Antonio Mendez (ex agente CIA) e Matt Baglio, l'ultimo lavoro interpretato e diretto da Ben Affleck narra fatti realmente accaduti a Teheran dopo la rivoluzione iraniana del 1979. Il film si incentra infatti sull'operazione segreta congiunta tra Stati Uniti e Canada (ad opera dello stesso Mendez) per liberare, nell'ambito della crisi degli ostaggi, sei cittadini americani rifugiatisi nell'ambasciata canadese della capitale iraniana. Un film avvincente premiato con ben tre Premi Oscar.
Espiazione di Joe Wright (21.10, La5). Per chi alla spy story preferisce la love story a tinte drammatiche, La5 propone, sempre in prima serata, l'intensa ed elegante performance artistica diretta dal britannico Joe Wright che, rinfrancato dai numerosi apprezzamenti ricevuti da pubblico e critica dopo il complicato esordio di "Orgoglio e pregiudizio", conferma la sua attitudine per i soggetti autoriali confezionando un vigoroso dramma che trae spunto dal romanzo di Ian McEwan, "Espiazione", storia di un amore impossibile tra la ricca e affascinante Cecilia e il più umile Robbie nell'Inghilterra del 1935.
Heat - La sfida di Michael Mann (21.10, Iris). Si è già detto e scritto tutto sul capolavoro noir di Michael Mann e sullo storico duello, al tempo inedito, tra due pilastri del cinema americano contemporaneo, Al Pacino e Robert De Niro. Partendo da un plot nato per la Tv dal titolo "Sei solo agente Vincent!", Mann ne rielabora la sceneggiatura e realizza uno dei pezzi forti della sua filmografia e uno dei più intensi e straordinari film polizieschi degli anni 90. Un ode al cinema romantico e d'azione, nichilista come i più neri Melville e coraggioso come i più audaci Peckinpah, fotografato a meraviglia da Dante Spinotti.
I recuperanti di Ermanno Olmi (2.05, Rai Movie). Ambientato sui monti dell'Altopiano di Asiago del secondo dopoguerra, è la storia di Gianni che torna al suo paese natale e si mette alla ricerca di un lavoro. Ma l'unico che riesce a trovare è quello rischioso di ritrovare ordigni bellici. Nato per la televisione, quello di Olmi è un'opera minore che però non rinuncia alla stessa veemenza delle sue più grandi firme in tema di un mondo rurale in trasformazione, dirigendo attori non professionisti in un dramma realista e delicato, scritto a sei mani tra lo stesso regista bergamasco, Tullio Kezich e Mario Rigoni Stern.
Martedì 11 marzo
Terraferma di Emanuele Crialese (21.10, Rai Movie). In prima assoluta sul piccolo schermo l'ultimo lavoro di Emanuele Crialese, presentato in concorso alla 68° Mostra del Cinema di Venezia. Dopo i successi di "Respiro" e "Nuovomondo" che hanno come comun minimo denominatore i temi dell'isola e del mare, il regista pone l'attenzione sulla problematica scottante e attuale dell'immigrazione. Un po' troppo esposto a facili e buoniste demagogie, rimane la concretezza di un film sostanzialmente onesto ma che non commuove anche a causa di una prevedibile impronta didascalica.
Urlo di Jeffrey Friedman e Rob Epstein (21.15, Rai 5). Diretto dalla coppia di documentaristi statunitensi al debutto nel cinema di finzione, il film celebra le gesta di Allen Ginsberg, una delle figure di punta della Beat Generation, con un biopic tutt'altro che tradizionale e lineare. Il titolo deriva dal famoso e omonimo poema che Ginsberg compose e lesse per la prima volta nel 1955. Ne esce fuori il ritratto ricco di sconnessioni, parziale o semplicemente sfuggente, di una figura cardine di un blocco di cultura americana del ‘900 e un urlo di libertà che si fa manifesto stesso di libertà, ieri come oggi. Interpretato da un ottimo James Franco.
Amarcord di Federico Fellini (23.40, Iris). Restando sull'attualità dell'Italia cinematografica uscita vincitrice ai Premi Oscar non ci si può esimere dal ricordo di Fellini e del suo "Amarcord", itinerario senza meta tra fantasia e memoria, una sorta di rielaborazione de "I vitelloni", ma con un registro maggiormente malinconico e solenne. Scritta in collaborazione con Tonino Guerra, la pellicola è la conclusione perfetta di una trilogia orientata sul ricordo, anche falso, immaginario e sulla genialità creativa di un artista dalla fervente prolificità. Sintesi perfetta del cinema felliniano, sia per il contenuto che per la forma, unanimemente considerata come il lavoro più autobiografico del regista, non solo per il ritorno di Fellini alla sua Rimini, disegnata come un mondo pregno di ricordi e immaginazione, quanto per la sua costruzione totalmente anarchica e priva di schemi.
Dopo il matrimonio di Susanne Bier (2.00, LaEffe). Jacob (Mads Mikkelsen) è alla ricerca di fondi per finanziare il suo orfanotrofio in India. Li trova nella natia Danimarca e per ottenerli è costretto a ritornarci dopo tanto tempo. Incontrerà una figlia che non ha mai conosciuto e nuovi amori che riaffiorano in superficie. Una delle prime opere riconosciute internazionalmente dirette dalla danese Susanne Bier, che raggiungerà poi l'onorificenza massima con l'Oscar al miglior film straniero nel 2011 con "In un mondo migliore". "Dopo il matrimonio" ne contiene le prime tracce melodrammatiche in una pellicola che sa commuovere senza troppe costrizioni.
Mercoledì 12 marzo
The Gatekeepers - I guardiani di Israele di Dror Moreh (22.30, LaEffe). La tv di Feltrinelli trasmette il documentario del cineasta israeliano uscito nelle sale italiane in pochissime copie lo scorso novembre. Dror Moreh intervista sei ex dirigenti del servizio segreto del suo paese, lo Shin Bet, svelando i retroscena dei più influenti avvenimenti storici del Paese come la Guerra dei sei giorni e i terrificanti attentati suicidi sugli autobus a Tel Aviv. Prendendo spunto dal capolavoro di Errol Morris, "Fog of War", Moreh ricostruisce con enfasi e lucidità i mea culpa dell'Intelligence israeliana realizzando un prodotto che rispecchia il male informe generato dal paradosso umano.
Il seme della follia di John Carpenter (23.15, Iris). Capolavoro assoluto del genere horror e uno tra i più rivoluzionari e vertiginosi esempi di interazione tra finzione e realtà. Probabilmente il più grande Carpenter di sempre, sicuramente il più maturo (e pessimista), capace di costruire attorno al genere di riferimento un'imponente favola allegorica sulla potenza devastante della scrittura (si cita Stephen King) in relazione all'orrore (peggio, all'Apocalisse) di una società ripugnante e mostruosamente alienata. L'opera di Carpenter è altresì un'acuta e affascinante riflessione dicotomica tra sanità mentale e pazzia ("è reale quello che noi crediamo che sia reale"). Immancabile l'ironia fervida del regista, autore anche della fenomenale colonna sonora.
Funny Games di Michael Haneke (23.15, Cielo). Non il più bello ma sicuramente il più crudele dei film di Haneke, che sulla cattiveria umana ha posto le basi per la sua lunga e influente carriera registica. Violenza esplicita mai minimamente argomentata, una follia tanto ordinaria quanto spaventosamente grottesca. Interpretabile in diverse chiavi di lettura (dall'attacco borghese alla sfida sullo spettatore colpevolmente abituato alla violenza cinematografica e non), rimane sicuramente un film duro, difficile da vedere e ancor più difficile da digerire. Anche e soprattutto perché nella sua atrocità non si pone mai seriamente. Fondamentale l'apporto musicale che spazia dalla classica al death-metal.
Il seme dell'uomo di Marco Ferreri (1.05, Rai Movie). Scampati a un'imprecisata epidemia, lo speranzoso Cino e la sfiduciata Dora trovano riparo in una casa abbandonata in riva al mare. I due, oltre a trovare i mezzi per la sopravvivenza, devono mettere alla luce dei bambini per permettere all'umanità decimata di rigermogliare. Uno dei Ferreri più pessimisti di sempre dirige questa storia a metà tra fantascienza apocalittica e grottesco apologo sociale, dove la figura dell'essere umano viene definitivamente involuta ad animale e dove la pochezza dei mezzi a disposizione diventa il pretesto per esaltare lo stile ferreriano.
Giovedì 13 marzo
Romeo + Giulietta di Baz Lurhmann (21.10, Mtv). Venezia Beach, metropoli balneare postmoderna e malavitosa, ospita due bande rivali, i Montague (bianchi protestanti) e i Capulet (latinoamericani cattolici.) Quando Romeo Montague e Juliet Capulet si innamorano a prima vista l'uno dell'altra, la guerra tra le due bande si incendia. Lurhmann adatta la classica storia d'amore shakespeariana in un futuro psichedelico e fiammeggiante dove spadroneggiano rap e rock a tutto volume e incessanti colpi di pistola. Le invenzioni di Lurhmann fanno il bello e cattivo tempo ma si tratta comunque di un esperimento coraggioso e scintillante.
Brazil di Terry Gilliam (23.45, Rete 4). Sam Lawry (Jonathan Pryce) è addetto agli sterminati archivi di una megalopoli, capitale di un non identificato Paese, in cui la fanno da padrone il Potere e la Burocrazia. Nella città da qualche tempo hanno preso ad agire gruppi di terroristi, che seminano il terrore pur di smuovere qualcosa. Sam, dal canto suo, oppone al grigiore della routine la sua possibilità di evadere nel sogno. Folle, coraggioso, senza limiti. Il capolavoro sci-fi dell'ex-Monty Python sconvolse gli anni 80 per la sua visionarietà. Tra Fellini e Orwell, resta la vetta assoluta del cineasta americano. Recentemente miliarizzato da Ondacinema.
Suspiria di Dario Argento (0.05, Rai Movie). Dopo aver spaventato a morte l'Italia intera nei primi anni 70 a colpi di thriller e gialli truculenti e dopo la summa di "Profondo rosso", Argento cambia rotta nell'horror ma non smette di far paura e di incantare i fan del genere. "Suspiria" e la sua scuola di danza infestata dalle streghe sullo sfondo di una Friburgo nerissima rientra nell'immaginario collettivo dell'horror made in Italy, dove lo splatter di scene truculente si intreccia alla mirabile maestria nell'uso della macchina da presa, delle scenografie e della colonna sonora dei Goblin che ha fatto storia. La pellicola influenzerà tre anni più tardi "Inferno", aprendo un nuovo ciclo dell'horror argentiano.
People Mountain People Sea di Cai Shangjun (5.00, Rai Movie). Anche se mandato in onda a un orario proibitissimo (e non se ne capisce bene il motivo), vogliamo consigliarvi il film sorpresa della 68° Mostra del Cinema di Venezia diretta dal cinese Cai Shangjun. Magari anche solo per registrarlo e rivederlo a un orario più decente. La storia è quella di un uomo che parte alla ricerca dell'assassino del fratello minore, una storia di vendetta sullo sfondo di una Cina povera e violenta, privata di ogni forma di giustizia. Leone d'Argento e vera sorpresa da non lasciarsi sfuggire.
Venerdì 14 marzo
L'eredità di Per Fly (21.10, LaEffe). La vita serena di Christoffer (Ulrich Thomsen) cambia radicalmente con la notizia del suicidio del padre, ricco possidente di un'acciaieria danese. L'uomo accetta controvoglia l'eredità del padre ma dovrà scontrarsi irrimediabilmente con i duri compromessi della vita privata. Sorprendente dramma danese con una tematica troppo attuale per non sconvolgere lo spettatore. Fly punta il dito contro la borghesia ma la sensazione è che la classe sociale del protagonista sia solo un pretesto per delucidare la facile corruzione dei sentimenti dovuta alla meschina involuzione del lavoro.
La zona morta di David Cronenberg (21.10, Rai 4). Johnny Smith (Christopher Walken) si sveglia dopo cinque anni di coma e scopre di essere diventato un eroe dotato di poteri paranormali e sembianze cristologiche. Dopo la sperimentazione di "Stereo" e l'estro di "Scanners", Cronenberg realizza con "La zona morta" il suo unico film formalmente hollywoodiano e per la prima volta si trova a lavorare su un soggetto ed una sceneggiatura non sua ("The Dead Zone" è un romanzo di culto di Stephen King). Pellicola profondamente politica, forse ancor più di "Videodrome", ma munita altresì di importanti novità che coincidono con ampi risalti ad aspetti privatamente umani ed affettivi.
Piazza Garibaldi di Davide Ferrario (21.15, Rai 5). Con questo documentario il regista cremonese ripercorre l'itinerario della spedizione dei Mille, a 150 anni di distanza, e si interroga sulla profonda metamorfosi avvenuta da quei giorni di conquista sino ai giorni nostri, ricercando altresì il senso di quel gesto nelle migliaia di vie e piazze dedicate oggi all' "eroe dei due mondi". Il documentario è accompagnato dalla lettura e messa in scena di brani della letteratura classica italiana, interpretati da attori teatrali di lusso come Filippo Timi e Marco Paolini.
Il covo dei contrabbandieri di Fritz Lang (22.45, Italia 7 Gold). Uno dei film più anomali del Lang americano. E' tratto dal romanzo di John Meade Falkner ma si ispira palesemente ai romanzi d'avventura di Robert Stevenson, esplicando quella vena romantica che Lang ha in più di una occasione cercato di nascondere. "Il covo dei contrabbandieri" funziona a più livelli se lo si prende come un teorema fanciullesco dedito alla poetica dell'autore, ovvero, come gli occhi e lo spirito di un ragazzino possono interpretare tematiche di un cineasta più che maturo.
Il diavolo probabilmente... di Robert Bresson (2.00, Rai 3). La rassegna di Fuori Orario ci regala una delle opere più nichiliste nel panorama della settima arte. È "Le Diable Probablement" del maestro Bresson, storia di Charles (l'accostamento a Baudelaire è d'obbligo), studente parigino che non trova una sua dimensione nella vita ed è afflitto da lancinanti angosce esistenziali. Il regista demolisce la civiltà di massa e compone un affresco quasi totalmente privo di dialoghi dove l'animo umano non può fuggire dal malessere delle proprie restrizioni e del proprio destino. Il ciclo di Rai 3 continua con un altro grande film firmato dall'ungherese Bèla Tarr, "Il cavallo di Torino".
Sabato 15 marzo
Non è più tempo d'eroi di Robert Aldrich (21.15, Rai Movie). Nel 1942 un gruppo di soldati viene mandato in missione nella giungla di un'isola del Pacifico per sventare una minaccia giapponese. Sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale, Aldrich mette in scena un sfavillante film bellico ricco di azione e di imprevisti, interpretato ottimamente da attori quali Robertson, Caine e Fonda. Seppure avvincente, il regista lascia in secondo piano il contesto eroico (come anticipa lo stesso titolo) per concentrarsi su un aspetto giocoso-sportivo (la fuga finale) e competitivo della guerra.
Il padrino - Parte II di Francis Ford Coppola (21.30, Rete 4). Secondo capitolo di uno dei capisaldi del cinema di sempre. Coppola ha il merito di raccontare non solo quelle che succede dopo gli sviluppi della prima parte ma anche ciò che era nascosto nella prima, avvicinandosi più volte al prequel . La storia della famiglia Corleone può essere letta su molti fronti, politico (l'inizio dello sgretolamento del sogno americano), sociale (potere, denaro e corruzione sono all'ordine del giorno) e del virtuosismo artistico dietro la macchina da presa. Sei premi Oscar tra cui film, regia, sceneggiatura e colonna sonora del nostro Nino Rota.
American Gigolò di Paul Schrader (23.05, Rai 4). Il plumbeo Schrader (regista e sceneggiatore)racconta le peripezie del gigolò Julian Kay (Richard Gere), immischiato in un pericoloso omicidio e attratto dalla moglie dell'aspirante governatore della California. Ennesimo ritratto d'autore di una società corrotta dal denaro, messa in scena attraverso una cura maniacale per i dettagli e per lo stile elegante. Uno dei racconti neri più affascinanti di Schrader.