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recensione di Giuseppe Gangi
8.5/10

licorice pizza paul thomas anderson

I will run away if you call my name
And I, will run away if you call my name
And I, I'll keep running if you come my way
When you come my way
I'll keep running if you come my way
(Haim, "Running If You Call My Name")

Nella sua apparente semplicità e leggerezza, "Licorice Pizza" cela la quintessenza del cinema di Paul Thomas Anderson, in cui ricorrono e si rincorrono topoi e figure della sua arte. La Valley di Los Angeles, i locali di Encino come succursale di Hollywood, gli anni Settanta come età dell'eterna giovinezza, i piccoli divi e le star in declino, i personaggi disfunzionali che vogliono trovare un equilibrio. Ed è l'ennesima, asimmetrica storia d'amore. 
In questo paesaggio umano e urbano Anderson si muove rilassato e sornione come forse non è mai stato, riunendo intorno a lui, in quella che è casa sua, la sua tribù, come gli ha insegnato il suo maestro Robert Altman.


Fig. 1. Incroci: in "Licorice Pizza" gli sguardi, i desideri e l'energia dei protagonisti cambiano le traiettorie dei movimenti di macchina.

This is fate

Nell'articolo "Irony, Nihilism, and the New American 'Smart' Cinema", Jeffrey Sconce conia la categoria di smart cinema, individuando l'intersezione tra mainstream hollywoodiano e film d'arte. Il film smart potrebbe essere descritto "come commedia nera e dramma disturbante nati da una distanza ironica"[1] che accomuna la sensibilità di una generazione di autori (da Todd Haynes a Wes Anderson, da Quentin Tarantino a Paul Thomas Anderson). L'umorismo nero, il fatalismo, il relativismo e persino il nichilismo sono elementi tonali distintivi, insieme ai temi che ruotano intorno alle disfunzioni emotive e relazionali della classe media bianca nella cornice alienante della società dei consumi. Una peculiarità riguarda "gli eventi sincronici eppure causalmente irrelati che ancorano la narrazione dei film smart", poiché "sono il riflesso della più grande preoccupazione postmoderna di essere 'fottuti dal fato' - l'idea che non ci sia un significato più profondo nella vita"[2]. Nello stile di regia di Anderson, in particolare del suo primo tempo cinematografico culminato in "Magnolia" (1999), spicca l'uso esteso di tracking shotsteadyshot, interpretabili (e interpretati) proprio secondo questa lente, ossia come l'organizzazione di uno spazio che mette ordine nel caos dei personaggi, portando avanti "una ricerca di significato all'interno di un mondo essenzialmente privo di senso"[3]


Fig. 2. Correre e rincorrersi: le carrellate sulle corse di Alana e Gary delineano un tracciato sentimentale che, nel climax decisivo, il montaggio alternato fa convergere.

Maestro di carrellate e steadyshot, Anderson ne adopera in "Licorice Pizza" fin dall'incipit, quando il movimento laterale (da destra a sinistra) di Alana viene intercettato dallo sguardo e dalla presenza di Gary che cambia il verso della steady (da sinistra a destra, fig. 1). Si tratta di un movimento di camera tradizionale per Anderson, di discendenza scorsesiana, che in "Licorice Pizza" rende reversibili le traiettorie dei personaggi protagonisti, incappati fatalmente in un elastico affettivo-sentimentale in cui giocheranno per l'intera narrazione. Le corse che ritorneranno lungo il film diventano dunque le linee del loro tracciato sentimentale che la macchina da presa segue in ariose carrellate che ora stringono, ora allargano, fino al climax decisivo in cui il montaggio alternato le fa rimare insieme, ribaltandole di verso perché i protagonisti possano, finalmente, convergere davanti a un cinema (fig. 2).
Per mezzo della storia di Gary Valentine (Cooper Hoffman, figlio del compianto Philip Seymour Hoffman, attore feticcio del regista) e Alana Kane (Alana Haim, membro della band Haim, che recita insieme a tutta la famiglia), Anderson sembra così redimere l'ansia millenarista di un fato ostile nella serena certezza dell'incontro che cambia la vita. Pochi minuti dopo averla conosciuta, Gary dichiara ad Alana che "era destino" che si incrociassero, ribadendo quella sera al fratello Greg di aver conosciuto la donna della sua vita. Coincidenze e sincronicità definiscono lo spazio in cui si muovono i protagonisti nel labirinto piatto della San Fernando Valley, in cui a ogni accidente si apre un episodio, da ogni incontro scaturisce un aneddoto. In questo modo il film si srotola in una dimensione puramente cinematografica, in cui la disponibilità dei personaggi e il gesto gratuito del demiurgo conducono una narrazione che progredisce per divagazioni, in cui a ogni avvicinamento corrisponde un provvisorio cul-de-sac.

Nostalgia film

"Licorice Pizza" è il terzo instalment di una rilettura degli anni 70 che Paul Thomas Anderson ha cominciato con "Boogie Nights" (1997), che copriva dal 1977 alla prima metà degli anni 80, e proseguito con "Vizio di forma", che attraverso il romanzo di Thomas Pynchon fotografava il crepuscolo della controcultura e il riflusso generato dalla presidenza Nixon (il film è ambientato nel 1970). Il set del nono lungometraggio di finzione di Anderson è il 1973, incrociando la crisi energetica, conseguenza della guerra del Kippur (nessun riferimento alla stretta contemporaneità, ovviamente, ma la sincronicità è a dir poco singolare) e la campagna elettorale di Joel Wachs. Come la Los Angeles di "C'era una volta a… Hollywood" di Quentin Tarantino, anche quella di "Licorice Pizza" è un luogo ideale, incastonato nel regno dell'infanzia del regista che, nato nel 1970, è stato dunque adolescente negli anni 80, quando si svolgeva la parabola discendente dei protagonisti di "Boogie Nights". "Licorice Pizza" è un altro nostalgia film di Anderson in cui la ricostruzione degli anni 70 avviene per frammenti che si caricano di una forza metonimica realizzando l'amarcord di un'epoca mai realmente vissuta, se non tramite le polaroid, l'atmosfera, la musica e i film dell'epoca. In tal senso "Licorice Pizza" è meno cerebrale di "Vizio di forma", dove la nostalgia rappresentava l'utopia spazzata via dalla storia, il paradiso da riconquistare, l'idillio perduto che Larry Sportello ritrova attraverso Shasta.


Fig. 3. Giocare col cinema: Anderson lavora sul riferimento intertestuale secondo la logica visiva del nostalgia film. Sopra uno dei tanti espliciti omaggi ad "American Graffiti" di Lucas, sotto uno più subliminale e atmosferico a "Taxi Driver" di Scorsese.

L'impressione è che Anderson si muova tra "storicismo" e "storicità", forme di consapevolezza storica dell'era postmoderna, secondo la definizione di Fredric Jameson. Entrambi attingono a una stilizzazione del passato e al pastiche della storia, ma lo storicismo riusa il passato mediale con l'obiettivo autoriflessivo di riciclare gli stili; la storicità invece "non è né una rappresentazione del passato, né una rappresentazione del futuro (...): può essere definita in primo luogo come una percezione del presente in quanto storia"[4]. Sul piano visivo "Licorice Pizza" utilizza una più tradizionale logica visiva del nostalgia film, sul modello esplicito di "American Graffiti" (fig. 3), uscito proprio nel 1973 e ambientato all'inizio degli anni 60 (durante la presidenza Kennedy). Ogni elemento, dai costumi alle scenografie, dalle musiche alle luci, è l'amorevole riproduzione cinematografica e cinefila degli anni Settanta. Al contempo, è difficile non vedere in "Licorice Pizza" un film sintonizzato su questioni contemporanee, una reazione a un momento di crisi (il film è stato girato nel 2020, in piena pandemia, ed è zeppo di corse all'aperto, feste affollate, abbracci), e la fotografia del disorientamento esistenziale di una generazione che vede il mondo improvvisamente accelerare e la giovinezza allontanarsi. Una generazione ben rappresentata tanto da Alana Kane quanto dalla Julie de "La persona peggiore del mondo", di cui sembra la sorella californiana. 

Superfici, volti, citazioni, canzoni

"Il filo nascosto" esprimeva una passione feticista convogliata dal piacere di mettere in scena la pelle misurata, le stoffe e i merletti, gli abiti indossati, la carta da parati. In una parola: superfici. Questa passione pervade anche "Licorice Pizza" in cui si percepisce il piacere e la gioia di fare cinema: Anderson sembra pensare ogni sequenza per avere un problema estetico da risolvere, qualcosa di indimenticabile da filmare. La perizia artigianale nella tessitura dell'immagine, il lavoro retrò sull'illuminazione, la selezione dei costumi in tonalità pastello, la pasta cromatica della pellicola, i blue flare che si allungano sullo schermo, le luci che abbagliano all'improvviso posseggono una forza aptica e sinestetica che concreta una sensazione o un'emozione. Di conseguenza la regia di Anderson si ancora ai corpi e ai volti dei protagonisti, variando continuamente nella scala dei campi e dei piani.

Fin dal suo interesse per la faccia di Philip Baker Hall in "Sydney" (1996), l'autore ha manifestato la sua passione per i primi piani poiché cosciente che "la vicinanza della macchina da presa penetra nelle superfici piccole e incontrollabili del viso e fotografa così il subcosciente"[5]. Tramite i volti autentici e freschi di Alana Haim e Cooper Hoffman, la macchina da presa riesce a cogliere i loro tentennamenti, le idee che affiorano, i sentimenti che zampillano. Oltre alla cartografia dei protagonisti, "Licorice Pizza" illustra una straordinaria galleria di caratteri: bastano pochi minuti, le increspature delle labbra e i fremiti delle narici perché Harriet Sansom Harris renda esilarante il personaggio della talent manager, così come a Sean Penn sono sufficienti le rughe e lo sguardo acquoso per tratteggiare l'autunno di un vecchio divo. La maestria di Paul Thomas Anderson consiste nel trasformare una galleria di primi piani in esplosivi assoli di bravura.


Fig. 4. Walk and talk: il long take sulla romantica passeggiata notturna di Alana e Gary si richiama alla raffinata lezione visiva di Gordon Willis e dell'alleniano "Manhattan".

L'andamento rapsodico del film nasconde una stratificazione di riferimenti tra le pieghe delle immagini, assecondando una peculiare logica intertestuale per cui i protagonisti sembrano transitare da una scena all'altra come se saltassero da un film all'altro. I riferimenti non si esauriscono nel citazionismo ma sono veri e propri esercizi di mimesi, seguendo la lezione di Robert Altman. Altman diceva di aver realizzato mimic movie all'interno degli episodi delle serie tv in cui era impegnato: cercava di riprodurre lo stile e la tecnica dei film che lo interessavano, aderendo alla loro "maniera", senza tradire la sceneggiatura da mettere in scena[6]. Questo procedimento conteneva in nuce la pratica allegorica tipica del cinema altmaniano maturo, e Anderson sembra lavorare nella cornice della medesima pratica che occulta la fonte per conservare la sua risonanza emotiva. La passeggiata notturna tra Alana e Gary, filmata in long take con una focale 50mm, segue fedelmente il lavoro di Gordon Willis in "Manhattan": il riferimento al capolavoro di Woody Allen non è immediato, ma il suo romanticismo si spande tra le immagini (fig. 4). Quando Alana si presenta per un'audizione per la parte di Rainbow, di cui il protagonista maschile è l'attore sul viale del tramonto Jack Holden, omaggio a William Holden, è evidente che finisca dentro "Breezy", lavoro di Clint Eastwood del 1973 in un cui un borghese di mezz'età si innamora di una giovane hippy (fig. 5). In seguito, Alana lavora come volontaria nella campagna elettorale di Wachs e Anderson ricostruisce alcune sequenze all'interno dell'ufficio come se fossimo in "Taxi Driver", di cui trapela l'inquietudine per una presenza minacciosa (fig. 3). 


Fig. 5. Mimic Movie: a ogni cambio di scena Anderson sembra far scivolare i suoi personaggi da un film a un altro. In una scena Alana fa il provino per una parte da protagonista che somiglia a Breezy, personaggio dell'eponimo film di Clint Eastwood con William Holden.

Ben omaggiato da Anderson (si veda l'incipit), "American Graffiti" fornisce anche la struttura da soundtrack movie (già presente in "Boogie Nights" e in "Magnolia"), con le canzoni che risaltano il "valore prospettico della musica, eminentemente corporeo e emozionale", sincronizzando sia i personaggi, sia "lo spettatore al ritmo del film" predisponendolo "cognitivamente e moralmente, nei confronti dei contenuti del film"[7].
Si badi ai versi di "Let Me Roll It" I can't tell you how I feel/ My heart is like a wheel/ Let me roll it, cantati da Paul McCartney mentre Gary si stende accanto ad Alana sul materasso ad acqua senza proferire parola; oppure, alla misteriosa filastrocca di "Life On Mars?" di David Bowie che parte quando la camera carrella lungo la fila di macchine bloccate mentre Gary urla al fratellino "It's the end of the world, Greggo!": è un'immagine surreale che i protagonisti prima avevano visto in tv e dopo vivono.
In tal modo "Licorice Pizza" è sia un pastiche della storia, dell'immaginario e degli stili visivi degli anni 70, sia un concept-album.

Soggy Bottom vs. Joel Wachs

Gary Valentine è un piccolo self-made man, un quindicenne che può pagare la cena a una donna dieci anni più grande di lui perché ha il capitale, simboleggiando il figlio prediletto della California del governatore Reagan. Il giovane, ormai troppo grande e corpulento per i ruoli di attore-bambino, coinvolge Alana nelle sue idee imprenditoriali, a partire dalla società che vende materassi ad acqua Soggy Bottom (poi Fat Bernie's), costruendo la strana utopia di un mondo dominato da ragazzini dove gli adulti sono solo comparse. Alana, adulta all'anagrafe, sembra quasi invidiare l'arroganza e la sicurezza di Gary, vista la sua ancora vaga direzione esistenziale e l'insoddisfacente routine lavorativa e familiare. In questo rapporto che somiglia a una transazione platonica (il capitale da una parte, il capitale erotico dall'altra), Alana ha la percezione di essere un corpo estraneo ("Non è strano che io passi tutto il tempo con Gary e i suoi amici?" chiede alla sorella). Come in una screwball comedy è la presenza di Alana che scatena la catastrofe della gag. Ad esempio, è dopo il suo ingresso in scena alla fiera degli adolescenti che Gary viene arrestato; ed è lei che guida il camion attirando le attenzioni di Jon Peters e scatenando la gelosia di Gary che vuole sfasciargli la Ferrari. 


Fig. 6. Asimmetrie d'amore: a partire dall'entrata in scena di Alana, il ritmo del film è scandito dal ricorrersi dei protagonisti. Corse, abbracci, sfioramenti, strappi e giochi di potere costituiscono lo spartito sentimentale entro cui Anderson lavora.

La discesa dalle colline di Hollywood a marcia indietro rinvia alle tante corse a rotta di collo della screwball comedy, ma in "Licorice Pizza" la resa è silenziosa e tesa, come una scena d'azione. La sequenza produce il picco di eccitazione del sodalizio tra i due protagonisti, esaurito il quale non ci può che essere una (nuova) separazione.
Alana si presenta come volontaria nella campagna elettorale di Joel Wachs, di cui sposa sinceramente gli ideali progressisti, mentre Gary, declassato al ruolo di regista di spot elettorali, pensa soltanto a come guadagnare da quella situazione di subordinazione (è Alana che dà gli ordini). Anderson stabilisce così un rapporto di specularità rispetto all'amore maturo de "Il filo nascosto", in cui la perversione di un legame sadomasochista diventa l'ammissione di uno sbilanciamento, di una relazione che è sempre e comunque im-pari. L'incontro tra Alana e Gary rappresenta anche lo scontro generazionale e ideologico tra idealismo sessantottino e pragmatismo liberista. Nell'asimmetria della loro relazione, che subisce rovesciamenti, strappi e compensazioni, si celano le istanze e le invisibili pulsioni desideranti che tessono la trama del cinema del regista (fig. 6).

La luminosità e la spensieratezza che permeano il film sembrano mettere una distanza tra "Licorice Pizza" e il mistero, la complessità e l'ambizione di capolavori come "Il filo nascosto" e "The Master". Eppure Anderson firma un'opera la cui magia consiste nel trovare la complessità nella leggerezza, la stratificazione nell'assenza di dramma, riuscendo a rielaborare le sue ossessioni e risolvendole nell'orizzonte tenero e innocente, ma tutt'altro che innocuo o privo di ambiguità, del primo amore.

[1] J. Sconce, Irony, Nihilism, and the New American 'Smart' Cinema, «Screen», XLIII, 4, Winter 2002, p. 358. Traduzione mia.
[2] J. Sperb, Blossoms and Blood: Postmodern Media Culture and the Films of Paul Thomas Anderson, University of Texas Press, 2014, p. 18. Traduzione mia.
[3] Ivi, p. 17.
[4] F. Jameson, Postmodernism, or, The Cultural Logic of Late Capitalism, Durham, Duke University press, 1991, p. 284. Traduzione mia.
[5] Béla Balázs, Estetica del film, Editori Riuniti, Roma, 1975, p. 18.
[6] Cfr. F. De Bernardinis, Robert Altman, Il Castoro, Milano, 1995, p. 17. 
[7] Cfr. L. Malavasi, Racconti di corpi: cinema, film, spettatori, Kaplan, Torino, 2009, p. 64.


15/03/2022

Cast e credits

cast:
Alana Haim, Cooper Hoffman, Sean Penn, Tom Waits, Benny Safdie, Skyler Gisondo, Mary Elizabeth Ellis, Bradley Cooper


regia:
Paul Thomas Anderson


distribuzione:
Eagle Pictures


durata:
133'


produzione:
BRON Studios, Ghoulardi Film Company


sceneggiatura:
Paul Thomas Anderson


fotografia:
Paul Thomas Anderson, Michael Bauman


scenografie:
Florencia Martin, Ryan Watson


montaggio:
Andy Jurgensen


costumi:
Mark Bridges


musiche:
Johnny Greenwood


Trama
San Fernando Valley , 1973. Il quindicenne attore Gary Valentine si prepara per la giornata delle foto al liceo. Qui conosce la venticinquenne Alana Kane, assistente del fotografo, a cui chiede di uscire. Alana, attratta dalla simaptica spavalderia del ragazzo, si incontra con lui a cena, mettendo subito le cose in chiaro: possono essere solo amici...