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recensione di Diego Testa
7.0/10

Il debutto al lungometraggio animato di Sergio Pablos, ideatore del concept di "Cattivissimo me", ha l'espressività del Rinascimento Disney, decennio d'oro dell'animazione 2D disneyana e rifondazione di un'estetica narrativa e visiva grazie alla sperimentazione del mezzo. Le scelte di Pablos nascono dalla sua formazione in questo ambiente e dalla ripresa di alcuni elementi di quel decennio, oggi definibili classici, finendo per essere un film di parziale rottura rispetto al panorama mainstream di questo tipo di produzioni.

La forma classica...

Pablos forma e perfeziona il suo ruolo di animatore e character designer nei reparti della Disney dediti all’animazione di specifici personaggi che segneranno la direzione di "Klaus". Se nelle famigliari movenze goofy del postino Jesper troviamo degli echi è perché personaggi quali Pippo ("In viaggio con Pippo") o Ade ("Hercules") sono anche frutto del lavoro di animazione di Pablos; ma ancora più evidente è l’influenza dell’animatore spagnolo nel dirigere come supervisore side-characters quali Tantor in "Tarzan" o il Dottor Doppler in "L’isola del tesoro" nei quali si nota la forza dell’elemento comico attraverso il moto continuo del corpo e la caratterizzazione sommessamente esasperata, a un passo dalla parodia di loro stessi.


Credits - The Sergio Pablos Animation Studios; ©Disney•Pixar

L’elemento comico pervade "Klaus" non soltanto negli aspetti registici basati sulle percussioni slapstick, ma anche e soprattutto nelle scelte di design che permettono u’nimmediata denotazione all’eccesso di tutti i personaggi che compongono "Klaus". Richiamare le caratteristiche o le probabili dinamiche di un personaggio animato attraverso le sue fattezze fisiche non è chiaramente una novità, anzi trasporta immediatamente lo spettatore in una animazione classica di stampo statunitense, riscontrabile in un modello comico fatto di ritmo martellante e alterazioni fantasiose della gravità. Due elementi questi ultimi di cui la comicità indotta dalla caratterizzazione di luoghi e personaggi partecipa costantemente in un turbinio comico e al contempo avventuroso.
Le disavventure di Jesper, postino professionista e riluttante inviato su un’isola nordica per un’impresa impossibile e formativa, sembrano quelle di un qualsiasi personaggio lanciato a perdifiato nelle "Wacky Races"[1], salvo poi dedicarsi (egoisticamente) alla rinascita di un paesello afflitto e diviso dall’odio di due antiche famiglie che lo abitano (esattamente come in "La sfida del samurai").

"Klaus" spinge per un’evocazione classica in ogni aspetto testuale: la natura della storia (una origin story); il soggetto (Santa Claus); la narrazione e le scelte artistiche (il preponderante disegno animato 2D); infine i temi rappresentati (la felicità che emerge dal nucleo famigliare uomo-donna-bambino). Apparentemente non vi è alcuna scelta di rottura o eccentricità nei punti elencati. Confezione classica, composta, adorna.
Proprio la componente classicista, oggi superata dai modelli misti di Disney-Pixar, Dreamworks e Illumination, rappresenta invece un motivo di superamento nel panorama odierno, inserendo dinamiche narrative moderne in una confezione nostalgica. Il connubio può dirsi evidente per via del sincretismo tra il 2D e i compenetrati canoni narrativi quali dramma, coming of age, avventura e fantasy.
Un 2D che mette alla prova l’occhio, richiamando una terza dimensione, quella della luce sulle forme tipiche della CGI animation.

...E l’evoluzione del medium animato

"Klaus" si avvale di un software progettato per l’occasione in grado di gestire le fonti di luce e le ombre in ambienti 2D. Gli artisti hanno dunque adoperato un tipo di approccio tipico dell’animazione digitale, rifinendo a mano le parti complesse da gestire per il suddetto strumento, ma partendo da un modello lavorativo di animazione 2D[2].
L’effetto ricavato è quello di un 2D che sembra 3D, il cui obiettivo non è quello di mimesi o avvicinamento al secondo, quanto un’evoluzione del primo per confermarne le ancora sopite innovazioni tecnologico-artistiche.
Se il 2D può oggi apparire un limite tecnico, dovrebbe essere invece letto come una scelta precisa che partecipi del messaggio del testo. "Klaus" è un film che evoca nostalgia e fa del richiamo ai canoni dell’animazione il suo involontario moto di rottura con i trend correnti.


Credits - The Sergio Pablos Animation Studios

Limitare però alla nostalgia questa ricerca tecnica vuol dire sminuire, come si diceva, una precisa scelta. Il lavoro sulle ombreggiature, le selezioni di cromatismi e luci servono alla storia di Jasper e Klaus per evocare il movimento tra commedia e dramma abbinato alla verticalità e pienezza di ogni immagine. Se le scene sono spesso concitate eppure chiare, lo si deve a uno studio attento dei canoni dell’high concept comedy. I personaggi si muovo in ambienti ricchissimi di elementi, attentamente disposti su molteplici piani di profondità combinati col lavoro sul focus: a volte si distingue un primissimo piano a cui ne seguono ben tre, rendendo la scena rigogliosa e al contempo rispettosa della profondità di campo.

La dinamicità è appunto uno dei punti di forza di "Klaus" che regala una prima mezz’ora dal ritmo serrato, affacciandosi su dettagli avventurosi, fantasy, gotici. La seconda si dispiega in maniera tradizionale, andando a chiudere le trame aperte nel corso della prima parte in un approfondimento del dramma vissuto da Klaus e la sua conseguente "trasformazione" (per confluire in un finale inaspettato).
Il lodevole modo in cui Pablos dirige gli elementi è dovuto all’utilizzo nascosto del digitale: alcuni elementi in CGI servono alla "macchina da presa" per spostarsi velocemente negli ambienti e permettere di sottolineare al meglio un effetto drammatico o farsesco. La commistione tra quadri statici 2D e la fluidità del 3D è perfetta, non lasciando trasparire quegli abissi artistici ancora ravvisabili, ad esempio, nell’animazione corrente, in cui l’inserto 3D è spesso sporco, instabile, se non fuori posto.
"Klaus" è artisticamente il contrario di "Spider Man: un nuovo universo" (un 3D che si fa anche 2D), ma tratta l’animazione nel medesimo modo ossia come un medium: l’atto artistico richiama un meta-immaginario all’interno della suddetta arte e lo rende parte della riflessione (seppur in misura minore rispetto al ragno).

Non tutto perfettamente riuscito nell’opera dei Sergio Pablos Animation Studios: gli inserti musicali pop, seppur contenuti, non si amalgamano alla spinta originale del resto dell’opera; alcune trovate dolciastre (la bambina Sami) sembrano essere lì quali rimasugli disneyani della mascotte. Elementi che non rovinano la portata dell’opera ma ne depotenziano la maturità.

"Klaus", nei suoi sperimentalismi tecnico-artistici, dimostra di voler usare il 2D al netto di nuove potenzialità e non soltanto come residuo del classicismo; rimarca ancora una volta che l'animazione è mezzo e non genere; e infine, nonostante il soggetto e i modi di trattare il film suggeriscano la popolare equazione "film animato = commedia per famiglie", si tuffa con originalità nell'affollato mercato di appartenenza. Insieme a "Dov'è il mio corpo?", sicuramente tra i film animati più arditi di Netflix.

[1] Il primo lavoro come key animator di Sergio Pablo è, guarda caso, una produzione Hannah-Barbera: "C’era una volta nella foresta" (1993).

[2]Per approfondire


21/12/2020

Cast e credits

regia:
Sergio Pablos


titolo originale:
Klaus


distribuzione:
Netflix


durata:
98'


produzione:
Sergio Pablos Animation Studios, Atresmedia Cine


sceneggiatura:
Sergio Pablos, Zach Lewis, Jim Mahoney


scenografie:
Szymon Biernacki, Marcin Jakubowski


montaggio:
Pablo García Revert


musiche:
Alfonso G. Aguilar


Trama
Jasper viene inviato dal comandate dell'accademia del servizio postale, suo padre, in un'isola del remoto nord. Per fare ritorno dovrà compiere un compito impossibile: spedire 6000 lettere. La faida tra famiglie che imperversa nel villaggio di Smeerenburg porta Jasper a scoprire il modo di raggiungere il suo obiettivo: far spedire le lettere ai bambini del villaggio in cambio dei doni del solitario tagliaboschi dell'isola, Klaus.
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