In tempi in cui il bianco e nero sembra tornato in voga ("Povere creature!", "El Conde","Tatami - Una donna in lotta per la libertà", "Green Border", "C’è ancora Domani"), un giovane regista realizza un film con il preciso intento di riallacciarsi all’opera cinematografica di Martin Scorsese, che nel suo celebre "Toro scatenato" (1980) aveva ritratto il mondo della boxe. Si tratta di Jack Huston, figlio dello sceneggiatore Walter Anthony e nipote del regista John, che ha realizzato "Il giorno dell’incontro", presentato nella sezione Orizzonti a Venezia 80. In quello che è il suo esordio, l’autore prende in esame non tanto il match in sé e per sé, quanto la lunga giornata che precede l’evento sportivo. Il titolo prescelto da Huston rimanda inoltre a "The Day of the Fight" (1951), il breve documentario di Stanley Kubrick nel quale lo stress emotivo nelle ore antecedenti l’incontro era un concetto ripetutamente evidenziato. Tra l’altro, anche se per pochi secondi, il nome Robert James, lo sfidante del protagonista del film kubrickiano, compare su una lapide di quello di Huston.
Il suo protagonista è Mickey (Michael Pitt), un atleta non più nel fiore degli anni. L’incontro è per lui un’occasione unica, la cruna dell’ago attraverso cui passare per dare una svolta alla propria vita, giacchè il suo vecchio allenatore di fiducia gli ha consentito di uscire temporaneamente di prigione per riscattarsi. Il film è costruito nel rigido rispetto delle unità di tempo, luogo e azione ed è soprattutto scandito da una serie di tappe costituite dagli incontri del protagonista con le persone care: innanzitutto l’allenatore (Ron Perlman), il miglior amico e ora sacerdote Patrick (John Magaro), lo zio (Steve Buscemi), la ex Jessica (Nicolette Robinson) e il padre (Joe Pesci). Ciascuna delle “fermate” di questa via sono per il protagonista come le tappe di una redenzione, che permettono lo spettatore di gettare uno sguardo verso il tempestoso passato di Mickey, fatto di alcool, di un omicidio stradale, ma anche di un clima familiare difficile che ha segnato la sua gioventù.
Ciò che non funziona nel film, diciamolo subito, non è tanto l’emersione del sottoproletariato urbano, trito e ritrito cliché del mondo pugilistico, quanto una narrazione che confina la back story a fulminei flashback e a dialoghi privi di dettagli, pecca che impedisce di approfondire proprio quel passato che pesa come un macigno sul pellegrinaggio morale del protagonista. Se con una narrazione schiacciata sul presente si privilegia l’istantaneità dell’azione drammaturgica, si ha l’impressione che manchi comunque qualcosa a darle rotondità. Lo spettatore vive insomma, e in modo partecipe, il presente, ma la sospensione della sua incredulità vacilla per difetto di dettagli. Ci sembra questa la pecca maggiore di un film che, per quanto introduca un elemento di novità nel sottogenere della pellicola pugilistica, non si propone di superare i modelli a cui si ispira, quanto di omaggiarli senza rischiare troppo.
"Il giorno dell’incontro" abbonda di un’atmosfera scorsesiana che comprende vari aspetti: la religione come possibile alternativa alla deprivazione socioeconomica ("Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno", 1973), la New York degli anni 80 e l’illuminazione in interni che giunge di lato, e la presenza di Joe Pesci, vero e proprio attore-culto della cinematografia di Martin Scorsese (oltre al succitato "Toro scatenato", lo si ritrova in "Casinò", "Quei bravi ragazzi", "The Irish Man"). Il fatto che la presenza dell’attore italo-americano costituisca nulla più di un cameo conferma la dimensione nostalgica, non certo emulativa nei confronti di Scorsese.
Sempre alla dimensione nostalgica è ascrivibile la scelta del bianco e nero, che trova tuttavia anche una giustificazione nella tensione emotiva del protagonista: dal momento che il suo percorso di redenzione passa attraverso il redde rationem del passato, la rinuncia al colore permette di giocare abilmente con alcuni aspetti della fotografia carichi di valenze connotative. Così, uno dei momenti più toccanti, l’incontro col padre, è sottolineato dal prepotente ingresso della luce, epifanica prova della conseguente riconciliazione. D’altra parte, quando la palette dei toni di grigio è più smorzata e il protagonista vaga tra i docks, Huston gioca con la superficie riflettente dell’acqua immettendo così lo spettatore nella dimensione liquida dei ricordi d’infanzia. Quando poi il sole si fa basso, le lunghe ombre degli alberi proiettano sul dialogo con la ex Jessica la plumbea sensazione che non rimanga più molto tempo e molte altre occasioni per riconciliarsi.
Tirando le somme, il giovane Huston dimostra di conoscere piuttosto bene i mezzi espressivi necessari a confezionare un buon prodotto cinematografico. Resta il rammarico per ciò che avrebbe potuto ottenere se avesse osato di più.
cast:
Michael Pitt, Nicolette Robinson, Joe Pesci, Ron Perlman, John Magaro, Steve Buscemi
regia:
Jack Huston
titolo originale:
Day of the Fight
distribuzione:
Movies Inspired
durata:
108'
produzione:
Productivity Media
sceneggiatura:
Jack Huston
fotografia:
Peter Simonite
scenografie:
Mary Attaway
montaggio:
Joe Klotz
costumi:
Christopher Peterson
musiche:
Ben MacDiarmid