Nouvelle animation?
Sotto la bandiera della Lord Miller Production, proprietà dell’esuberante duo dell’animazione di "The LEGO Movie", Phil Lord e Chris Miller, "I Mitchell contro le macchine" è il nuovo tassello dell’animazione 3D che si riempie di elementi classici e si inserisce perfettamente in una sorta di nuovo filone animato (il tempo confermerà o smentirà) dialogico con ciò che circonda il testo animato e le sue frammentazioni di senso in altri media affini.
Si prenda "Spider-Man: Un nuovo universo", produzione del duo sopracitato: il medium animato si allarga sul mondo del fumetto in un ventaglio di declinazioni, introduce un mixing di rappresentazioni tra le più divergenti ed eterogenee il cui epicentro è la mimesi delle tavole a fumetti e la loro ricollocazione in un multiverso soprattutto visivo.
Si nota la formazione di un nuovo corso seminato da produzioni notevoli tra cui "Dov’è il mio corpo?", "La famosa invasione degli orsi in Sicilia", "Klaus" (che è un unicum in questa lista in quanto 2D lavorato per sembrare 3D e non il contrario) e, in parte, "Gatta Ceneretola", titoli nei quali germoglia una consolidata compenetrazione tra la produzione 3D e l’abito 2D disegnatogli sopra per trasformare la percezione dei render.
Laddove invece le produzioni giapponesi non hanno ancora, a parere di chi scrive, appianato le divergenze tra animazione classica e il lavoro sui modelli in CG, si nota uno stacco netto tra i due approcci produttivi. Per esemplificare si prendano "Mirai" o "Promare".
In generale, si denota non soltanto un’evoluzione dei software 2D-3D, ma un livello maggiore nella combinazione che gli esperti del settore riescono a raggiungere per applicarli alle nuove produzioni. Siamo probabilmente in una fase di sperimentazione che forse indicherà un nuovo standard visivo che non sia soltanto tecnico ma anche di senso dell’immagine.
Ecco, ora si prendano questi elementi, si applichino a "I Mitchell contro le macchine" e si provi a fare un passo nella direzione opposta, quella ancora più sovversiva della serialità animata americana. Mike Rianda è il creative director della serie "Gravity Falls", pazzoide connubio di tematiche fanta-horror, linguaggio complesso e ardito in una confezione per le giovani età. Da suddetta serie firmata Alex Hirsch a "Rick e Morty" il salto è facile, sia per l’amicizia di Hirsch con gli autori, sia per le somiglianze estetiche tra le serie, sia infine per gli easter eggs di collegamento.
Dunque, Mike Rianda si trova in mezzo a questa rifulgere di idee e, insieme a Jeff Rowe alla sceneggiatura, esordiscono con questo lungometraggio: la classica storia americana impregnata di scienze fiction che riflette sulla contemporaneità. Facile a dirsi, soprattutto vista la complessa natura di un soggetto a rischio semplificazioni, nato dalle esperienze personali del regista.
Coming of age, sunset of its majority
Katie Mitchell, già diciottenne, sta per trasferirsi al college, luogo in cui sfogherà e migliorerà la sua passione per il videomaking e per il cinema. Tra un corto di genere e l’altro, in cui si fondono stop motion ed effettistica speciale da innamorata del mezzo, il rapporto con la famiglia si allenta, in particolare col padre Rick, amante della wilderness e poco avvezzo alla tecnologia, che non comprende lo sforzo creativo della figlia. Per ritrovare serenità, Rick obbliga la famiglia ad un ultimo viaggio in auto fino al college di Katie. Una imprevista apocalisse robot rovina i loro piani.
"I Mitchell contro le macchine" è dunque un evidente coming of age su ruote, on the road sulla colonna vertebrale americana che fa tappa in alcuni luoghi cardine della società: la casa, il dino-diner, il mall, l’azienda di elettronica; persino l’automobile modello station wagon richiama un immaginario ricco di dettagli che contrassegna l’universo nordamericano nel cinema.
In questo background si sviluppa il rapporto tra i due protagonisti, padre e figlia, in una crescita conflittuale reciproca da cui entrambi usciranno arricchiti dopo una strenua lotta di punti di vista.
Il comportamento protettivo e datato di Rick mette in guardia Katie dal mondo che l’aspetta; di contro, l’estroso e la vitalità della figlia, che ascolta il dance-punk femminista di Le Tigre1, non riesce a concretizzarsi in un tentativo di ponte tra il suo mondo e quello genitoriale, rincorrendo soltanto l’egoistico desiderio di espressione e fuga dal nucleo famigliare. Una crescita a doppio senso insomma, in cui gli sceneggiatori-registi inseriscono anche l’elemento scifi: l’intelligenza artificiale PAL si appropria del mondo, segregando l’umanità grazie alla pervasività degli hardware marchiati PAL. Il film in questo senso mette in guardia primariamente sulla pervasività di un monopolio aziendale che si espande in ogni hardware, in ogni abitazione.
Tematiche coraggiose considerato il target (anche) molto giovane che il film intercetta, ricorrendo a immagini volutamente drammatiche (durante la cattura dell’umanità) e sottolineate dalla colonna sonora originale di Mark Mothersbaugh ("Thor: Ragnarok", "Piovono polpette") che non risparmia sintetizzatori arrabbiati come fantascienza action vuole.
L’aspetto tecnico è certosino grazie all’animazione fluidissima, elegante, restituita in un gioco di luci da acquerello, evitando l’effetto cel shading e preferendogli una rifinitura pastello intellegibile. Difatti si minimizza il blur, permettendo all’energia dell’azione e delle movenze innaturali, caricaturali, di esplicarsi in tutta la loro fascinazione e chiarezza. Si preferisce un’animazione on ones cioè a 24 fps, differentemente dagli esperimenti fatti con"Spider-Man: Un nuovo universo" o come solitamente si usa per la stop motion, in modo da favorire il movimento e massimizzando il design caricaturale, un antinaturalismo in contrasto con i colori, gli sfondi, gli oggetti di scena (che sono molto realistici), pur preservando un perfetto connubio tra weirdness e realismo.
Riempire il medium animato
A saltare agli occhi e meritevoli di approfondimento sono i vari elementi accessori di cui "I Mitchell contro le macchine" si compone.
Se struttura e rappresentazione di genere sono classici quanto efficaci, ad esaltare il lavoro dell’immagine sono sicuramente gli inserti 2D che sbucano spesso: possono essere fermo immagine con testi a schermo dotati di animazione, oppure ancora dettagli che impreziosiscono gli eventi a schermo (esplosioni, lampi, dettagli sui modelli 3D, ancora testi). In questi inserti si possono anche notare foto stock di disparati oggetti (hamburger, peluche eccetera) che aumentano la sensazione di confusione mentre si guarda un film animato. Potrebbe essere preso a modello l’utilizzo che ne fa "Spongebob", inserendo elementi realistici nelle scene animate per creare un senso grottesco distorto, imprevisto. In questo film invece viene sottolineata la visione che Katie ha della realtà plasmata dalla sua incontrollabile voglia di guardare il mondo e filtrarlo attraverso la sua visione. D’altronde è un’aspirante regista.
Il meme creato da Katie raffigurante il carlino Monchi
Il film di Rianda, per sottolineare l’approccio di giovani e adulti con la tecnologia e il suo progresso, fa anche un discorso sui moderni modelli e strumenti che interessano la comunicazione. L’intelligenza artificiale dei robot danneggiati e l’interfaccia YouTube, questa indecifrabile per il padre Rick, rappresentano la difficoltà di cambiare e adeguarsi. Mentre Katie e il fratello minore sono interessati all’evoluzione del linguaggio: Katie crea un meme del carlino e lo condivide col fratello. "I Mitchell contro le macchine" allora si stratifica, si riempie di immagini che richiamano altro contenuto audiovisivo, interrompendosi tra filtri social media, meme, simil splash page da fumetto, software2, e presentando elementi provenienti dalla pop culture come il furby o ancora il carlino (tendenza sempre fresca tra i contenuti social).
In questo modo il medium si stratifica, si riempie di porzioni della contemporaneità, non tanto interrogandola o criticandola, quanto accettandola, ricomprendendola naturalmente nel filtro di un film d’animazione per ragazzi. In questo modo si esaspera il gap generazionale tra i due protagonisti, lavorando sulle reciproche mancanze e rappresentando con efficacia la necessità di comprendere i due mondi.
Il modo di condurre gli eventi del film è anch’esso frenetico, variegato. La logica di risoluzione degli accadimenti è quella della follia, dell'eccesso a ogni costo (vedasi come si sopravvive all’apocalisse robot), una scelta quanto mai lontana da un’animazione per bambini odierna che spesso preferisce logiche interne credibili, minimizzando la sospensione dell’incredulità.
I lati negativi sono evidenti, pur non pesando troppo su un ottimo risultato complessivo: alcuni personaggi rimangono sullo sfondo causa gag sgonfie e motivazioni poco consistenti, come l’inventore di PAL e l’intelligenza artificiale stessa.
Chiaramente le premesse sono classiche e anche la rappresentazione fantascientifica rimane scolastica e prevedibile, ma tutta la forza di questo film risiede nel modo di mescolare elementi esterni all’animazione, prendendo dal reale per riflettere sulle possibilità di un medium energico, pieno di sorprese anche nelle sue forme più mainstream che non sia soltanto sfoggio di un progresso tecnico interessato al naturalismo.
Ancora in relazione all’ampio mercato di riferimento, si sottolinea l’attenzione all’omosessualità di Katie e ai disturbi del comportamento del fratello Aaron, inseriti naturalmente nella narrazione e non quali tematiche di particolari riflessioni. Attenzione, infine, a Sony Pictures Animation che comprando prodotti e lavorando in outsourcing si sta ritagliando uno spazio particolare tra le big companies di animazione USA (Disney/Pixar, Dreamworks, Illumination).
1 La scelta delle musiche non originali è da premiare poiché, differentemente da altri film come "Hotel Transivania" basati sulle hit pop, qui si opta per una tracklist inusuale: Sigur Rós, Los Campesinos!, e la tematica "(Nothing but) Flowers" dei Talking Heads.
2 Un piccolo ed ennesimo elemento di ambiguità che può sfuggire: i calzini con cui Katie crea personaggi per un dei suoi corti sono elementi ripresi in live action, mossi dai produttori.
regia:
Mike Rianda
titolo originale:
The Mitchell vs the Machines
distribuzione:
Netflix
durata:
114'
produzione:
Lord Miller Productions, Columbia Pictures, Sony Pictures Animation
sceneggiatura:
Mike Rianda, Jeff Rowe
fotografia:
Greg Levitan
musiche:
Mark Mothersbaugh