"Non è una nuova arma, ma un nuovo mondo": una profezia, attribuita al fisico danese Niels Bohr, che definisce compiutamente la prima bomba atomica. Oppenheimer aveva già intuito che la sua creazione non avrebbe avuto solo un impatto sulle sorti della Seconda guerra mondiale, ancora in corso, o sugli equilibri geopolitici e militari che si stabiliranno dopo, ma sull’intera Storia americana (e quindi mondiale). Perché, come affermava lo scrittore statunitense E. L. Doctorow, "la bomba è stata la nostra arma, poi la nostra diplomazia e adesso è la nostra economia".
Fissione
Il dodicesimo lungometraggio (e primo biopic) di Christopher Nolan presenta l’ascesa e il declino del fisico statunitense J. Robert Oppenheimer, l’uomo a capo del Manhattan Project, il cui scopo fu quello di realizzare il primo ordigno a fissione nucleare. In parte tratto dalla imponente biografia dello scienziato, firmata dal giornalista Kai Bird e dallo storico Martin J. Sherwin, premiata col Pulitzer, il film di Nolan è una lunga e affascinante esperienza visiva che scandaglia l’intricato groviglio di relazioni e scoperte di Oppenheimer, dai suoi studi giovanili di fisica in Europa nel 1926 passando per le audizioni sulla sicurezza del 1954, fino al ricevimento del premio Enrico Fermi alla Casa Bianca nel 1963.
Nolan sceglie di percorrere una strada forse tortuosa, ma congeniale alla sua idea di narrazione: scomporre la linearità degli eventi, un topos del suo cinema, in sequenze che si giustappongono, invitando così lo spettatore a confrontarsi con il loro significato, più che con il loro sviluppo. La prospettiva dichiarata, il punto di vista da cui guardare, per la parte del film coincidente con le sequenze a colori, è quella del fisico stesso, il suo sguardo.
Già dall’introduzione, infatti, ai primi piani del giovane Oppenheimer (Cillian Murphy) appare in controcampo la sua visione abbacinante dell’universo, la materia stessa che lo agita: il mondo quantico, i movimenti ondulatori di energia, l’atomo. Se il cinema di Nolan aveva già condotto lo spettatore all’interno della mente dei suoi personaggi, come negli inconsci multipli di "Inception", qui l’immagine non è sogno ma insieme realtà e profezia del futuro. Una modalità che gioca con l’intuizione e la sperimentazione, due direttrici mimetiche dell’approccio della fisica quantistica.
La mela avvelenata
Pure, il regista puntella il suo biopic con una lunga analisi fattuale, svolta nelle sezioni girate in bianco e nero (per la prima volta in Imax), affiancando alla vicenda di Oppenheimer quella del suo antagonista, Lewis Strauss (Robert Downey Jr.), capo della Commissione per l’energia atomica statunitense. Strauss è presentato come un burocrate arrivista, la cui ammirazione per Oppenheimer si trasforma in risentimento quando il fisico è sferzante nello svelare in pubblico la sua inettitudine scientifica. L’intensità dei dialoghi, arricchita dalla preziosa fotografia di Hoyte van Hoytema, regala porzioni di un intenso courtroom drama di stampo classico, la cui verbosità non rende meno intriganti gli snodi narrativi e i colpi di scena.
La direzione del cast è parsa in linea con tali premesse e, se la parata di stelle hollywoodiane è stata relegata in alcuni casi a poco più di camei (come quelli Casey Affeck, Rami Malek, Matthew Modine e Gary Oldman), il protagonista Cillian Murphy con la sua interpretazione è entrato ormai a far parte di quel parterre di attori-feticcio del regista, al pari di Christian Bale e Michael Caine, elevandosi, come l’ottimo Robert Downey Jr., quasi al livello di co-autore. Infatti, ascrivendo sul suo volto e soprattutto sul corpo le tensioni del personaggio centrale, Murphy ha declinato probabilmente il ruolo della vita, scegliendo una recitazione controllata eppure elasticamente densa, personificando con maestria lo spaesamento strutturale del suo personaggio.
Il dualismo è una delle chiavi di lettura del cinema di Nolan, vedasi su tutti la ricorsa vendicativa degli illusionisti (e dei loro doppi) in "The Prestige". In "Oppenheimer", la duplicità cromatica propone un’intensità dialogica anche tra autenticità e reale. L’approccio storiografico e di indagine condotto da Nolan sulle fonti delle audizioni per la conferma di Strauss al ministro del Commercio, che ha luogo al Senato americano, funge da contrappasso alle accuse di comunismo subite da Oppenheimer ma, lungi dal presentare lo scienziato solo come una vittima o un mero eroe americano, Nolan traccia una figura quasi paradigmatica del fisico novecentesco, un archetipo del nuovo scienziato.
Già a partire dagli anni Venti, durante gli studi europei a Cambridge, il regista si sofferma sulla complessa personalità dello studente, che la nostalgia di casa e la scarsa attitudine per gli esperimenti in laboratorio trasformano in depressione e attacchi di insonnia, sfociati nell’episodio, accertato ma al limite del romanzesco, in cui attenta alla vita di un docente servendosi di una mela, quindi da leggersi anche nella chiave simbolica della dannazione biblica.
"I fisici hanno conosciuto il peccato"
È questa, infatti, la frase con la quale Oppenheimer commenterà la distruzione di Nagasaki. Tuttavia, l’Europa degli anni Venti è il luogo dove si gettano le basi della nuova meccanica quantistica, intorno alla quale si raccolgono menti vivide che procedono a colpi di geniali intuizioni e scoperte. Oppenheimer trae nuova linfa da questa corsa all’oro e la utilizza per rinfrancare il suo spirito e la sua ambizione. Affascinato dagli incontri con Bohr (Kenneth Branagh) e Heisenberg in Europa, infatti, è determinato a portare la nuova scienza negli Stati Uniti, all’Università di Berkeley in California, dove ne pone le basi per il suo insegnamento.
La messa a punto del progetto Manhattan, con il reclutamento da parte del generale Leslie Groves (Matt Damon) di Oppenheimer e del team di scienziati, diventa la parte più lineare della pellicola, quasi un heist movie, che monta nel culmine del Trinity Test (luglio 1945), la prova dell’atomica nel deserto americano. Il conto alla rovescia accompagna l’evento come uno spettacolo a cui assistono, in maniera differente, gli stessi scienziati e militari che l’hanno preparato. Alla divertita attesa del fisico Edward Teller (Benny Safdie), che anni dopo realizzerà la prima bomba a idrogeno, si contrappongono le preoccupazioni del generale Groves, informato all’ultimo della (teorica) possibilità che avrebbe la bomba di trasformarsi in una trappola da fine del mondo.
Centrale è la questione etica. Una volta raggiunto il suo obiettivo, Oppenheimer pare esserne sopraffatto: può un’intera comunità scientifica mettersi al servizio dei militari e assicurare loro un’arma così dirompente? E l’uso di tale strumento di morte riguarda ancora la scienza, oppure è l’esercito a dover decidere, il Presidente Harry Truman (Gary Oldman), la politica? Sono domande che scuotono letteralmente il suo protagonista e Nolan, coerentemente con la prospettiva che ha adottato, sceglie di inscenare fino in fondo questo sbigottimento, l’allucinato senso di colpa per aver reso possibile una potenza distruttiva che prima apparteneva solo alla teoria. Se è solo in questo momento che Oppenheimer diventa l’American Prometeus, colui che nella mitologia greca donò il fuoco agli uomini, come spesso in Nolan i continui salti temporali forniscono una cerniera narrativa che si salda in numerosi centri concentrici, prodromi di quello finale.
"Sono diventato Morte, il distruttore dei mondi"
Verso contenuto nel Bhagavadgītā, testo sacro dell’induismo, viene citato in sanscrito da Oppenheimer molto tempo prima, negli anni Trenta, alla sua fidanzata Jean Tatlock (Florence Pugh), attivista del Partito Comunista americano. Nolan utilizza, contrapponendola, la vigorosa fisicità della Tatlock e l’allampanata evanescenza dello scienziato per rendere solide ma, al tempo stesso, immaginifiche, le scene di sesso tra i due, inusuali nel suo cinema. La ragazza è figura fondamentale nella vita di Oppenheimer e contribuisce a designarne la prospettiva intima, nonché storico-sociale, del personaggio, la sua profondità e ambivalenza. Oppenheimer, nonostante la sua formazione liberale e pur non aderendo mai ufficialmente al Partito, non mancherà di appoggiare le cause dei "rossi": una questione che non passerà inosservata all’Fbi e darà adito ai controlli sulle sue attività.
Il rapporto con la Tatlock e il peccato torneranno ad affacciarsi nella vita di Oppenheimer anche quando lo scienziato incontrerà la sua futura moglie Katherine (Emily Blunt), coniugando il suo sogno impossibile, quello di fondere "la fisica e il Nuovo Messico". Innamorato di questo angolo di America, Oppenheimer indirizza qui, infatti, la costruzione di una città dove si sarebbero stabiliti i partecipanti al progetto Manhattan. Molti scienziati, tra cui lo stesso Oppenheimer, sono ebrei e vedono nella costruzione della bomba atomica una corsa contro il tempo, in chiave di mera sopravvivenza, per anticipare il progetto di Hitler affidato oltreoceano al geniale Heisenberg. Ma è altrettanto solida l’ambizione personale, il desiderio di realizzare qualcosa di grandioso, una delle forze centripete che agita la nuova fisica quantistica.
Nolan ha ironicamente osservato che, nonostante i tre film su Batman, Oppenheimer è di gran lunga il suo personaggio più ambiguo. Forse perché la prospettiva adottata, come dicevamo, non è quella di un mero carattere, ma di una persona reale. Oppenheimer non è uno scienziato che rinsavisce e, come il dottor Frankenstein, ripudia il suo mostro: opta invece per il suo contenimento, diventando, come è stato osservato, il primo tecnocrate della Storia. Operazione difficile durante il Maccartismo per un uomo con i suoi trascorsi, che diventa impossibile, se è vero come si sostiene, che Hiroshima e Nagasaki hanno rappresentato per gli americani non l’ultimo atto della Seconda guerra mondiale, ma il primo della Guerra fredda contro l’Unione Sovietica e della folle corsa agli armamenti nucleari.
cast:
Cillian Murphy, Robert Downey Jr., Emily Blunt, Florence Pugh, Kenneth Branagh, Josh Hartnett, Gary Oldman, Rami Malek, Matt Damon
regia:
Christopher Nolan
titolo originale:
Oppenheimer
distribuzione:
Universal Pictures
durata:
180'
produzione:
Syncopy Inc., Atlas Entertainment
sceneggiatura:
Christopher Nolan
fotografia:
Hoyte van Hoytema
scenografie:
Ruth De Jong
montaggio:
Jennifer Lame
costumi:
Ellen Mirojnick
musiche:
Ludwig Göransson