All'indomani del clamoroso successo di pubblico e critica ottenuto dal "
Cavaliere Oscuro", Chistopher Nolan dichiarò che prima di lanciarsi in una terza avventura cinematografica dell'uomo pipistrello (che comunque ci sarà, inizio lavori previsto per aprile 2011) si sarebbe dedicato a un progetto più piccolo e più personale, possibilmente vicino alle pellicole che hanno caratterizzato la prima parte della sua (finora) brillante carriera. Niente di strano in questo e, d'altronde, anche i due film su Batman erano stati intervallati da "
The Prestige" (peraltro uno dei suoi risultati migliori), più difficile semmai riconoscere in tale premessa "Inception" che, col suo gigantismo, il suo budget stratosferico e il suo cast stellare, tutto sembra tranne che un piccolo film. Ma, si sa, la storia del cinema è piena di risultati che si sono dimostrati lontani dai loro presupposti; evidentemente Nolan deve poi essersi reso conto che era arrivato il momento giusto per realizzare un'idea che covava da quasi dieci anni, un
heist movie (film di rapina) fantascientifico ambientato nel mondo dei sogni. Su una cosa, però, Nolan è stato onesto: "Inception" è in tutto e per tutto un film
suo e gli spettatori che lo seguono dai tempi di "
Memento" (e i più bravi da quelli di "Following") riconosceranno le costanti di un autore che si è dimostrato capace di coniugare spettacolarità e intelligenza.
Scritto senza il fratello cosceneggiatore Jonathan e uscito praticamente ovunque nel mese di luglio (con Italia, Cina e Canton Ticino ad aspettare invece settembre), "Inception" si è imposto come il titolo di punta dell'estate cinematografica, grazie soprattutto alla sua originalità, che lo rende molto diverso dai consueti
blockbuster d'altissima stagione. Incassi strepitosi, critiche buonissime (fra i film "mainstream" usciti nello stesso periodo solo il cartone Pixar "
Toy Story 3" ha saputo entusiasmare maggiormente i critici internazionali), presagi di Oscar sorti
online praticamente all'indomani dell'uscita in sala, nella speranza che l'Academy non si faccia scappare l'occasione di fare ammenda dello scorno fatto subire al "Cavaliere Oscuro" un paio di anni fa, quando il film più amato della stagione (almeno fra gli internauti) si vide negare la candidatura nelle due categorie principali (aggiudicandosi comunque un bottino non disprezzabile di 2 statuette su un totale di 8 candidature, un record per un film tratto da un fumetto) in favore di titoli come "
The Reader" e "
Frost/Nixon", film sicuramente meno fortunati al
box office e non necessariamente più apprezzati dalla critica, ma che si presentavano con quell'
allure di cinema serio che fa tanto comodo durante la stagione dei premi (alcune dichiarazioni dei responsabili della famosa statuetta lascerebbero pensare che la successiva decisione di portare a dieci le candidature del miglior film sia stata presa per scongiurare ulteriori episodi di questo genere); Nolan può ancora una volta essere soddisfatto di quanto è riuscito a creare.
Ritornerò presto a parlare dei meriti da attribuire anche a chi gli è stato complice in quest'avventura, però prima di tutto voglio dire che Nolan dovrebbe ringraziare anche i suoi spettatori, che durante la stagione tradizionalmente legata ai film più commerciali, hanno scelto in massa di vedere, al posto dei vari
sequel e
reboot in offerta sul mercato, un film mozzafiato ma che certamente non si segnala per la sua linearità e che anzi rischia di mettere a dura prova la pazienza e l'attenzione di molti. Il successo di "Inception" può quindi sicuramente essere visto in chiave positiva, visto che forse altre
major in futuro decideranno di realizzare film pensati per il grande pubblico ma non per questo banali.
Vari recensori hanno ribadito che su "Inception" meno si sa, meglio è, tuttavia qualcosina può essere detta. Leonardo DiCaprio, sogno neanche troppo nascosto di ogni regista di serie A (Nolan va ad aggiungersi a un
carnet già fitto, che vanta nomi come Spielberg, Allen e, soprattutto, Scorsese, che entro breve pare saranno raggiunti da Eastwood e, speriamo,
Michael Mann), interpreta con la consueta abilità un ladro, ma uno di tipo alquanto particolare: la sua abilità (nonché quella dei suoi complici) è di entrare nei sogni della gente e trafugarne le idee, per poi rivenderle al migliore offerente. Professionista del crimine ma anche uomo in fuga, il buon Leonardo (che nel film si chiama Cob, che starebbe per Giacobbe; da non trascurare la simbologia dei nomi, dato che fanno riferimento alla Bibbia come alla mitologia, ma anche al mondo dell'architettura) è un'anima ferita che sogna (è proprio il caso di dirlo) di trovare pace e di tornare a casa dai propri bambini, dei quali si prende cura intanto il nonno materno (Michael Caine, ormai attore portafortuna di Nolan, chiamato qui a interpretare un carattere simile a quello in "The Prestige", rappresentando quindi una figura genitoriale ma anche una sorta di coscienza critica).
La possibilità di sistemare le cose viene offerta al protagonista da un misterioso industriale asiatico (Ken Watanabe) che lo assume per quella che si preannuncia come un'impresa alquanto ostica: compiere un
inception, vale a dire inserire nella mente di qualcuno (nello specifico quella dell'erede designato di un'impresa rivale) un'idea, che permetterà allo sfortunato di essere controllato dal nemico. Cob accetta e radunati i suoi collaboratori, ai quali si aggiunge per l'occasione la studentessa di architettura Arianna (proprio come la principessa che aiuta Teseo a uscire dal labirinto, reclutata per controllare le architetture cangianti dei sogni; tranquilli quando vedete il film capite che vuol dire!), interpretata dalla Ellen Page di "
Juno". Ma la missione si rivela ancora più difficile del previsto: misteriosi nemici sembrano prevedere ogni mossa dei protagonisti e le incursioni nella dimensione onirica non sono propriamente delle passeggiate, tra quartieri di Parigi che si piegano su se stessi, scazzottate a gravità zero, edifici che esplodono. C'è il rischio di farsi del male e farsi male nel mondo dei sogni è una cosa da sconsigliare!
A complicare ulteriormente il tutto c'è una figura ricorrente nel cinema di Nolan, una sorta di arci-antagonista. Normalmente il suo ruolo è quello di nemesi del protagonista e il suo fine scompaginarne la vita, quasi un "agente del caos". Negli anni e nei vari film del regista questa funzione è stata svolta da Carrie-Anne Moss, Robin Williams, Christian Bale, Liam Neeson e, notoriamente, Heath Ledger; qui invece l'ingrato compito è affidato a Marion Cotillard. L'attrice francese appare nei panni di Mal (anche in questo caso il nome non è casuale: significa male in francese e angelo in ebraico), la rediviva moglie di Cob, che ha la pessima abitudine di far capolino nel bel mezzo dell'azione e rompere le uova nel paniere al consorte, reo di essere sopravvissuto a una missione nella quale la donna è stata invece meno fortunata. Pur vedendo in lei un pericolo, Cob non si vuole rassegnare a perdere definitivamente la compagna, la quale a sua volta fa di tutto per trattenerlo nell'aldilà, quasi una sorta di Orfeo ed Euridice al contrario. Al tempo stesso nemico e oggetto del desiderio del protagonista, Mal catalizza la tensione drammatica del film e la Cotillard riesce ad essere al tempo stesso seducente, struggente e minacciosa. Ad arricchire maggiormente l'impianto drammatico di "Inception" è Robert, la vittima designata del trapianto, personaggio cui Cillian Murphy regala una dolente intensità. Più schematici, se vogliamo, gli altri caratteri, ma ugualmente ben resi da un gruppo di attori che può vantare anche Joseph Gordon-Leavitt, lo spiritoso Tom Hardy e il ritrovato Tom Berenger.
E' sufficiente avere dato un'occhiata al trailer per non avere dubbi sulla spettacolarità del film. Forse è più difficile considerarlo davvero originale, dato che, in fin dei conti, pellicole con combattimenti, inseguimenti, crolli si vedono abitualmente; anche l'idea di viaggiare nella mente o nel subconscio non è proprio inedita. A far la differenza è il modo in cui l'autore tratta tutto questo. Se i protagonisti del film viaggiano nei sogni, anche lo spettatore lo deve fare, nel senso che anche lui si ritrova di punto in bianco in sequenze senza avere la certezza se quello che sta vedendo stia accadendo nella "realtà" oppure no. Ad aiutare non c'è neanche la trottolina che Cob usa per sincerarsi dell'effettivo stato delle cose (questo simpatico oggetto gioca una parte fondamentale nel finale). Nolan ovviamente non fa niente per mitigare tale senso di smarrimento, memore del fatto che un meccanismo simile è stato alla base del successo di "Memento". Il discorso cinematografico del regista passa anche attraverso la perdita di orientamento da parte del pubblico; cosa che alla fine risulta affascinante, dato che contribuisce a rendere il film più singolare.
Paragoni e accostamenti si sono sprecati: da Kubrick a Kauffman, senza ovviamente tralasciare la trilogia di "Matrix" o la saga di 007; però la palma dello spirito a mio parere se l'aggiudica la bibbia dello spettacolo Variety che nella sua recensione (firmata da Justin Chang) ha definito il film "un Rififi junghiano". Naturalmente, per quanto ci si possa entusiasmare nei confronti del regista, non si può certo tralasciare il contributo dei suoi collaboratori. "Inception" non sarebbe il film che è senza il maestoso lavoro alle luci di Wallis Pfister, le scenografie di Guy Dyas o il montaggio di Lee Smith (facile immaginare che il suo sia stato un lavoro particolarmente impegnativo); per non parlare del reparto effetti speciali che ha tentato il più possibile di garantire un senso di verosimiglianza e di evitare quella piattezza che solitamente si accompagna al Cgi. Finché Nolan continuerà a lavorare con loro potremo aspettare fiduciosi i suoi prossimi viaggi nel mondo dei sogni.
20/08/2010