Ha 7 anni ed è una bambina
gifted: Mary è capace di risolvere problemi matematici improponibili anche per i più prestigiosi esperti in materia. La maestra di paese non ci mette molto a intuire le potenzialità dell'alunna prodigio e fin dal primo giorno di scuola la preside inizia a fare pressione su Frank (Chris Evans), zio-tutore della bambina, affinché la piccola accetti una borsa di studio che le permetta di concretizzare il suo talento. Titubante sul da farsi (scopriremo meglio perché con il proseguire della narrazione), contemporaneamente Frank si ritrova a fronteggiare il processo legale con cui sua madre, venuta a conoscenza delle doti della nipotina, vuole estorcergli il diritto di custodia sulla minore. Un valido aiuto per questi problemi lo apporterà la volitiva vicina di casa (Octavia Spencer), molto legata a Mary.
"
(500) giorni insieme", rom-com con un vasto numero di appassionati, fu l'esordio al cinema del giovane Marc Webb, fino al 2009 regista di videoclip musicali (prestato al servizio di celebrità quali Green Day, P.O.D, Maroon 5...). Oggi, 8 anni e 2 film Marvel dopo (parentesi poco felice, per quanto poco i suoi "
Amazing Spider Man" abbiano da invidiare alle canoniche scorribande del team Avengers), Webb torna a costruire su un terreno che aveva saputo, pur con qualche riserva, valorizzarne maggiormente la propensione al sentimentalismo.
Eppure, pur rispondendo ai dettami del cinema indipendente americano come la sua opera prima, "Gifted - Il dono del talento" è un film molto diverso nell'impostazione logica, stilistica e tematica dell'intero racconto. Innanzitutto ai balzi temporali e la vena cinefila di "(500) giorni insieme", più uno specchietto per le allodole che un reale punto di forza della sua
comedy d'esordio, vengono sostituiti da un'esposizione assolutamente lineare degli eventi e una regia al completo servizio dei personaggi. Dove questo rivisitava consapevolmente modelli imposti dai più grandi film del genere americani, da "Harry ti presento Sally" al musical Disney fino a "
Il laureato" (ma c'era pure una parodia di
Bergman), mettendo in luce il
background videoclipparo di Webb, qui si preferisce rifarsi a canoni registici meno azzardati e più in linea con opere indipendenti quali ad esempio il recente "
Manchester by the Sea" (opera, sia ben chiaro, di tutt'altra levatura).
Svincolandosi da categorie troppo restringenti, Webb miscela tutta una serie di situazioni drammaturgiche basilari del cinema Usa, corredati purtroppo da soluzioni logiche e registiche tra le più comuni e diffuse: si passa dal film sulla genitorialità al
legal drama, dalla love story ai film sui "geni e sregolatezza" che il cinema tanto ama. Grazie a questi spesso repentini cambi di registro si riesce a seguire il film con piacere fino all'inevitabile finale che dirotta "Gifted" al comparto
feel-good movie. Ma a mancare sono situazioni impreviste o eventi in grado di infilzare lo spettatore in contropiede. Il difetto principale del film risiede nel suo essere girato senza un briciolo di inventiva: in ogni scena i personaggi paiono ingabbiati in uno stereotipo dal quale nessuna loro battuta o gesto li rende liberi di evadere. Pensiamo semplicemente a una scena secondaria, ma del tutto esplicativa in tal senso, come quella in cui la giovane maestra si reca al pub in cerca di Frank: ella entra spaesata e del tutto fuori luogo nel rumoroso locale, lui è voltato di schiena al banco con il bicchiere in mano e tutta l'intenzione di ubriacarsi, lo stacco successivo li vede intenti a flirtare dinnanzi a tre bicchieri vuoti, quindi il passaggio che segue li mostra sfondare la porta della camera da letto e via dicendo... Questo genere di situazioni banali e prevedibili per chiunque tarpano le ali a una commedia che vede probabilmente in qualche pungente facezia, specie nel primo tempo, il principale motore di interesse ("Ti prego, non metterti a piangere o dovrò fare finta di piangere anche io") per uno spettatore smaliziato.
Al grande pubblico invece sicuramente piacerà "Gifted", d'altronde non gli si può negare una certa solidità narrativa e una capacità di rendersi universale facendo ricorso al vecchio adagio per cui il genio, tanto unico nelle sue doti quanto comune nella sua umana sregolatezza, diventa un veicolo emotivo per condividere fragilità che sono proprie di chiunque. Se si è disposti ad accettare "Gifted" per ciò che è e a sospendere l'incredulità in alcuni passaggi chiave (più o meno nella misura in cui eravamo chiamati a farlo la scorsa stagione in "
The Accountant") il film può comunque intrattenere anche il più ostinato tra gli spettatori.