Lontano dalle atmosfere esotiche di "
Rio" e dal fenomeno de "
L'era glaciale", la Blue Sky Studios punta dritto a qualcosa di imponente e ambizioso dal punto di vista tecnico e umano. La scelta del titolo non potrebbe che essere la più facile intuizione a tal proposito.
Nella "battaglia" odierna tra studios animati a colpi computer grafica, Chris Wedge, fondatore della Blue Sky, torna alla regia di una propria produzione dopo "Robots" del 2005, cercando di far valere le proprie capacità e attirare le attenzioni di Pixar e Dreamworks, capisaldi dell'industria animata a stelle e strisce.
"Epic" rappresenta un ritorno alla vecchia e cara fiaba d'avventura, per nulla ambientata in mondi paralleli o solcata da spazi intertemporali, ma che semplicemente trova luogo sul nostro pianeta, tra i nostri giardini o tra gli alberi di una foresta incontaminata. Un'avventura che si tramuta in vera e propria guerra tra due forze che si contendono il futuro del territorio, da una parte la fazione "ecologista" dei Leafmen, esseri dalle sembianze umane e dall'altra i mostruosi Boggan che desiderano radere al suolo la vita dell'intero ecosistema. Così, per lo stesso motivo per il quale l'animazione diviene l'unico modo per far pulsare il cuore di una fiaba, allo stesso modo l'esito della battaglia non può essere decisa che dall'uomo, rimpicciolito a livello microscopico pur di arrestare la furia distruttrice dell'esercito del maligno.
L'arma in più di Wedge si chiama William Joyce, autore del libro da cui è tratta la pellicola, già noto alla Dreamworks per aver ispirato il recente "
Le 5 leggende" che ha fruttuato allo studio californiano un incasso di quasi 304 milioni di dollari. In "The Leaf Men and the Brave Good Bug", questo il titolo del racconto di Joyce del 1996, l'accezione visionaria e immaginifica della descrizione cede il passo ad aspetti profondamente emotivi e umani. Cosa che effettivamente succede anche nel lungometraggio, dove la caratterizzazione di ogni singolo personaggio, prerogativa essenziale di qualsiasi film di animazione, nasconde un livello manifesto di impronta reale e soprattutto attuale (l'assenteismo dei genitori, la visionarietà come epicentro della creatività e della linfa vitale umana, la continua ricerca di coscienza nell'individuo, unico rappresentante della salvaguardia della natura). Le musiche sono invece del compositore d'ecezione Danny Elfman, storico collaboratore di Tim Burton e già autore delle colonne sonore di "
Frankenweenie" e de "
Il grande e potente Oz" in questo 2013.
Quello che penalizza un po' la peculiarità del film è allora l'idea, non propriamente sfornata al momento, che nella vegetazione più inospitale all'uomo possa nascondersi un mondo nascosto e incantato. Viene alla mente soprattutto l'insidiosa vicinanza con "Arthur e il popolo dei minimei" scritto e diretto da Luc Besson, ma anche il megaminimondo di "A bug's life", nel quale, tra l'altro, lo stesso Joyce ha collaborato alla realizzazione. Con l'ausilio degli occhialini 3D è possibile scorgere anche qualcosina di già visto in "
Avatar", seppure i generi di riferimento non siano propriamente gli stessi.
A tratti prevedibile nella sua spiccata indole infantile, ma pur sempre fluido e dinamico nella narrazione e nella messa a punto di una nuova e ricercata tecnologia, "Epic" non riesce però a mantenere le promesse che lo ambivano quale un gigantesco kolossal animato che avrebbe aperto le porte della Blue Sky verso nuove "conquiste". Per raggiungere la maturità sbalorditiva della migliore Pixar e la prolificità creativa della Dreamworks ("
I croods" è l'ottavo lavoro in tre anni!) ci sono ancora delle tappe da bruciare. Niente di epico, insomma, ma un sobrio prodotto per grandi e (soprattutto) piccoli.
23/05/2013