Ambizioso film d'animazione targato Dreamworks Animation, "Le 5 leggende", benché diretto da un semi esordiente specializzato in storyboard, porta l'effige di due grandi nomi della letteratura infantile made in Usa. Ovvero William Joyce, illustre scrittore e illustratore (molti suoi lavori compaiono sul New Yorker), che ha più volte collaborato con Pixar e Disney, ed è anche autore della collana " The Guardians of Childhood" (sinora sono previsti tredici volumi), da cui questo film prende le mosse, e il premio Pulitzer (per il dramma teatrale, poi film, "
Rabbit Hole") David Lindsay-Abaire, drammaturgo e autore di testi per musical di successo, che già aveva collaborato alle sceneggiature di "Robots" e "
Inkheart". Senza dimenticare lo zampino del "solito" Guillermo Del Toro, da sempre appassionato di mitologie ancestrali, leggende e tradizioni popolari, che infonde alla pellicola un inconsueto stampo "dark".
Un team di talenti che difficilmente poteva sbagliare, e difatti questo "Rise of the Guardians" non delude le aspettative. North (un nerboruto Santa Claus dall'accento dell'est europeo), Calmoniglio (un atletico e sprezzante coniglio pasquale), Dentina (la fatina dei denti - evidentemente cara a Del Toro che già l'aveva portata al cinema, ma con ben altre connotazioni, nell'horror "
Non avere paura del buio"), e Sandman (l'uomo dei sogni) devono fare forza comune, e chiedere l'aiuto del più giovane dei guardiani, il confuso e scavezzacollo Jack Frost, per sconfiggere Pitch, l'uomo nero, che torna dall'oblio in cui era stato confinato per distruggere i sogni dei bambini e farli smettere di "credere". Questa fantasmagoria digitale, oltre a contare su un impianto visivo e spettacolare davvero magnifico, con un uso del 3D finalmente adeguato, che lascia a bocca aperta (si pensi alla profondità di campo delle prime sequenze o all'effetto tridimensionale conferito alla neve) e a una fotografia sfavillante (curata da un certo Roger Deakins), è una sorta di "
The Avengers" fantasy che prende le distanze dalla deriva demenziale e dagli stucchevoli riferimenti alla cultura pop degli ultimi lavori Dreamworks per abbracciare un racconto più ampio e complesso, non privo di momenti ironici e divertenti (come gli Yeti che si rivelano i veri aiutanti di Babbo Natale, sovvertendo la credenza che fossero gli elfi a dargli manforte), ma che punta maggiormente sulla compattezza della sceneggiatura e sull'impianto epico-avventuroso della vicenda (per questo si apparenta a "
Dragon Trainer", non a caso il Dreamworks più riuscito di sempre).
Oltre a farsi portatore di uno dei "messaggi" più intelligenti e profondi sentiti ultimamente al cinema: un
cartoon che insegna ai più piccoli (e non solo) che non bisogna mai smettere di "credere", che dobbiamo combattere la paura con la forza dei nostri sogni, e colorare il grigiore della nostra esistenza con il potere dell'immaginazione (la stessa che rende "immortali" e conferisce straordinari poteri alle leggende secolari del titolo) merita tutto il nostro rispetto. E si perdonano volentieri anche certe smagliature sentimentali in dirittura d'arrivo.
Nella versione originale il cast vocale è di gran lusso: Chris Pine è Jack Frost, Alec Baldwin Santa Claus, Hugh Jackman Calmoniglio, Isla Fisher Dentina e Jude Law il villain Pitch (che nel design ricorda l'Ade dell'"Hercules" Disney e il cattivo dei fumetti Marvel Incubo).