Si sa che il Natale è uno dei periodi commercialmente più floridi per il cinema (e non solo), ma anche il momento che con la sua atmosfera ispira nuove o vecchie storie. Per augurarvi buone feste, e magari darvi qualche idea di cosa vedere o rivedere, abbiamo deciso di fare una breve panoramica dei nostri film di Natale preferiti
L'atmosfera natalizia, intima e brillante, dove tutto può accadere tra lucine e canzoni, eleva al cubo la magia stessa del cinema come momento onirico, conciliante e collettivo. E, se spesso il periodo è stato cannibalizzato da produzioni trascurabili, pensate ad hoc per strappare biglietti alle famiglie appesantite da pranzi e cene, è anche vero che qualcosa da ricordare e da rivedere ogni anno come una tradizione non manca.
Ci sono quelli che preferiscono riderci sopra e si accorgono dell'arrivo del Natale quando rivedono la pubblicità di "Una poltrona per due" su Italia Uno; quelli che amano condividere con i figli film d'animazione classici e contemporanei come "Topolino e la magia del Natale"; quelli costretti da fidanzate o consorti a sorbirsi commedie sentimentali come "Love Actually"; e quelli che puntano sul sicuro con grandi classici senza tempo come "La vita è meravigliosa".
Quanto a noi, non abbiamo voluto stilare graduatorie o liste definitive: abbiamo selezionato un ventaglio di titoli dal sapore natalizio che spaziano in tempi, generazioni e generi diversi, tra nuovi e vecchi classici, film d'animazione, commedie e avventura, per accontentare chiunque.
Tutti d'accordo con Frank Capra? Non proprio, tra le visioni della lista ricorre più volte Tim Burton, ma non solo: vi proponiamo un Natale irriverente, d'autore, dark, o addirittura horror-splatter; o, se preferite, raffinato, romantico, musicale o d'azione. Potreste passarlo in compagnia della famiglia di Fanny e Alexander o con quella dei Muppet; in appartamento o alla ricerca di un giocattolo; in compagnia di un elfo o di un uomo con la mani di forbice; scambiandovi lettere fermo posta oppure scambiandovi di ruolo e rango sociale per scommessa; darvi appuntamento a St. Louis oppure a Tokyo; ripercorrere la natività secondo Greenaway oppure secondo i Monty Python. L'importante è che non manchi una visita al cinema.
Ecco le nostre proposte in ordine cronologico.
Scrivimi fermo posta - Ernst Lubitsch (1940)
Con il suo celeberrimo tocco, Lubitsch ci fa trascorrere una delle più romantiche vigilie di Natale nello "shop around the corner" di Mr. Matuschek nella Budapest di fine anni quaranta. James Stewart e Margaret Sullavan sono i commessi del negozio di articoli da regalo inconsapevolmente innamorati l'uno dell'altra: si odiano sul lavoro e si amano di tenera passione nelle lettere che si scrivono fermo posta credendo di non essersi mai visti. Tra i loro colleghi, l'insopportabile lecchino Vadas, il generoso e codardo Pirovitch, e il furbo tuttofare Pepi Katona. L'amore si manifesta in tutte le sue forme dalla gioia cieca al terribile disincanto passando per la reciproca miopia sentimentale. Commedia di impostazione teatrale, con un grande senso del ritmo e gusto dei dialoghi, deliziosa e romantica come non se ne fanno più, d'altri tempi eppure modernissima - vittima del remake "C'è posta per te" del 1998. (D.D.L.)
Incontriamoci a Saint Louis - Vincente Minnelli (1944)
La Saint Louis di Vincent Minnelli è un universo al di fuori degli stessi Stati Uniti, una splendente e pacifica Brigadoon perennemente su Terra. Lo strato su cui poggiano i suoi musical è un fertile terreno anti-realistico dove, però, macinano sentimenti profondamente umani. Non c’è un grande sogno, ma il sogno è la vita stessa dei personaggi, il musical come genere e le piccole conquiste della vita quotidiana. La suddivisione in quattro stagioni imprime una impronta frammentaria, ma non è un caso se la decisione (di felicità) del capofamiglia avviene proprio durante il Natale. E durante la canzone "Have Yourself a Merry Little Cristmas" trova uno dei momenti di massima intensità emotiva. Una leggerezza cinematografica che comunque non può che concludersi con l’accensione delle mille luci di Saint Louis. (D.C.)
La vita è meravigliosa - Frank Capra (1946)
Il film di Natale per eccellenza, non è la storia di una nascita ma di una rinascita: il buono George Bailey riesce ad avere la meglio sul cattivo Henry Potter grazie alla solidarietà, all'amore e a un intervento misterioso e a dir poco straordinario. Dopo un ventennio di crisi economica, fame e guerra, questa storia semplice e a tratti ingenua diventa il simbolo di una riscossa prima di tutto morale che investe l’uomo comune, splendidamente interpretato da Jimmy Stewart con i suoi sogni infranti, le paure, gli sconforti e la tentazione di gettare la spugna e che culminano nel miglior lieto fine mai girato a Hollywood. (P.C.)
L'appartamento - Billy Wilder (1960)
Capolavoro unico e irripetibile, uno dei vertici del cinema di Billy Wilder. Tanto struggenti sono la solitudine di C.C. Baxter e l'infelicità sentimentale di Miss Kubelic, quanto brillanti e magistrali sono i dialoghi e le trovate comiche, il dipanarsi degli equivoci e l'intreccio della commedia. Nel perfetto mix di humor e malinconia, Natale è il momento delle rivelazioni: il party in ufficio con lo specchietto rotto e la travagliata situazione nell'appartamento, con Baxter che, come molti protagonisti wilderiani, dovrà diventare un mensch, mentre la sua ascesa aziendale rischia di far sprofondare la sua dignità. Ambientato a cavallo delle festività, regala uno dei Capodanni più romantici della storia del cinema, con due splendidi Jack Lemmon e Shirley MacLaine. Film (tra l'altro) sull'amore, sull'apparenza e sulle bugie che si raccontano e ci raccontiamo. (D.D.L.)
Brian di Nazareth - Terry Jones (1979)
Il circo volante dei Monty Python è atterrato al cinema col loro inimitabile humor. Britannici fino al midollo, esilaranti fino alle lacrime, il gruppo comico composto tra gli altri anche da Terry Gilliam ci regala una dissacrante vertigine comica: nella notte di Natale, il primo Natale, i tre magi sbagliano destinazione e si trovano a portare i loro doni al piccolo nato Brian, da questo momento le disgrazie di Brian, rivoluzionario per scelta e profeta per sbaglio, non avranno più fine in un continuo susseguirsi di scene, situazioni, sequenze e battute di una rara intelligenza, di una dissacrante verve umoristica. La pellicola, prodotta dal musicista George Harrison, venne censurata per blasfemia in Norvegia, Irlanda e – c’è da chiederselo? – Italia, dove è arrivata con undici anni di ritardo. "Brian di Nazareth" è una buffonesca commedia dell’assurdo attraversata da una tagliente ironia, un groviglio labirintico di situazioni comiche che descrive un esilarante assalto ad ogni pensiero bigotto. (S.P.)
Fanny e Alexander - Ingmar Bergman (1982)
Il Natale in fondo è una scusa per affrontare il freddo e il buio del solstizio di inverno accendendo molte luci e tenendoci compagnia. Conosciamo la famiglia Ekdahl, compreso Alexander, alter-ego del regista, mentre affrontano l'inverno svedese con una vivace e lunghissima cena di Natale.
"Fanny e Alexander" è un'opera immensa che, pur svolgendosi in un arco di tempo di pochi anni, affronta la vita nella sua totalità. L'amore la morte la paternità la religione la società. La realtà, le rappresentazioni che ne facciamo e ciò che si colloca al di là di essa. E al centro di tutto i rapporti tra gli esseri umani, a partire da quelli dettati dal sangue. Bergman usa tutto il suo genio e la sua esperienza per attraversare numerosi registri e riuscire a parlare della vita, e farlo in modo accessibile a tutti (non a caso il film era pensato per la tv pubblica). Un capolavoro assoluto. (A.M.)
Una poltrona per due - John Landis (1983)
Una delle commedie natalizie per eccellenza. John Landis dietro la cinepresa e la coppia formata da Dan Aykroyd e Eddie Murphy davanti inscenano una dirompente, tragicomica storia di scambi di ruolo: la discesa del borioso finanziere Louis e l’ascesa dell’accattone Billy Ray sono segnate dalla scommessa da un dollaro giocata alle loro spalle dai vecchi fratelli Duke per verificare i fondamenti pratici di una tesi marxista. Irriverente sberleffo e critica sociopolitica della cultura, "Una poltrona per due" procede con ritmo incalzante e senza soste nell’inscenare questo gioco al massacro in salsa natalizia con continue gag e situazioni divertenti apprezzabili e leggibili su più livelli mettendo d’accordo tutto il pubblico. Una classica commedia brillante che l’inimitabile tocco di Landis affilata con un sano sadismo sociologico. (S.P.)
Gremlins - Joe Dante (1984)
Gli adolescenti ribelli degli anni 70 cercavano di conquistare l'egemonia culturale, quelli degli anni 80 si accontentavano di essere una nicchia di consumo. Il loro film di Natale era "Gremlins". "Trovarono il cadavere di mio padre nel camino. Si era vestito da Babbo Natale e si era calato dal camino per farci una sorpresa e si era rotto l'osso del collo. E' così che ho scoperto che Babbo Natale non esiste". Il frullatore, il coretto natalizio di gremlins: Joe Dante confezione la commedia nera perfetta, con un tripudio di pupazzi meccanici e schizzi di sangue verdastro. Il cinema dove i gremlins guardano tutti insieme Biancaneve viene fatto saltare in aria. Se non è una dichiarazione di intenti questa...
Eppure la regola del "non bagnarli dopo mezzanotte" non mi ha mai convinto. Ogni momento di ogni giorno è dopo mezzanotte. Forse intendevano tra mezzanotte e l'alba. Chissà. (A.M.)
Decalogo 3 - Ricordati di santificare le feste - Krzysztof Kieslowski (1988)
«È difficile restare soli in una notte come questa». Ewa per un istante guarda negli occhi Edward, l’uomo che lei stessa, anni prima, ha tradito e che adesso ha deciso di sottrarre con l’inganno agli affetti familiari. Solo per una notte, quella della vigilia di Natale. Il volto di lei è in penombra. Dietro, il lungo corridoio della stazione è illuminato da una fila di neon asettici. Dopo tante bugie, tutta la verità è in quello sguardo. Nel terzo capitolo del "Decalogo", Kieslowski infrange la sacralità del Natale per mostrarne il retroscena più doloroso. La festa della famiglia, della condivisione, dello stare insieme si scontra con il dramma di chi è solo. Un dramma di vuoti e di silenzi in una Varsavia gelida e spettrale. Nelle strade risuona solo la voce di un ubriaco che, trascinando un abete sull’asfalto ghiacciato, continua a ripetere: «Dov’è la mia casa? Dov’è?». È la litania, il triste canto che accompagna questo breve, disperato film-rituale. (V.L.)
Trappola di cristallo - John McTiernan (1988)
Il ganzo John McClane, poliziotto al NYPD, vola a Los Angeles per festeggiare il Natale con Holly, la moglie da cui è separato. Completamente fuori posto nel lussuosissimo Nakatomi Hotel dove si tiene il party, trova la possibilità di riscattarsi e di riconquistare Holly quando è chiamato a fronteggiare, da solo e senza scarpe, una banda di sanguinari terroristi che hanno organizzato il colpo del secolo. Esordio di Bruce Willis e primo atto di una pentalogia di gran successo, "Die Hard" è un action movie adrenalinico e carico di suspence in cui il buonismo natalizio è bersagliato da bombe e raffiche in sequenze mozzafiato quasi al limite della gag. Nella scena cult, McClane ringrazia a modo suo gli assassini per lo splendido regalo di Natale ricevuto, un fucile mitragliatore. (P.C.)
Edward Mani di Forbice - Tim Burton (1990)
A Natale è tempo di raccontare fiabe e l’anziana Kim (Winona Ryder) racconta ai suoi nipotini una storia che ci insegna che anche i mostri emarginati hanno diritto a provare ad esaudire i loro desideri, alla loro fetta di umana (in)felicità. Ambientato in una falsa e ipocrita cittadina di provincia dal sapore lynchiano, "Edward mani di forbice" è un cult da ascrivere alla fantasia di Burton, che trovò in Johnny Depp un perfetto alter-ego attoriale, entrando in breve tempo nell’immaginario dark. Il "ballo di ghiaccio" composto da un irripetibile Danny Elfman, danzato da Kim sotto i cristalli tagliati dalle lame di Edward, Kim che chiede di abbracciarla e lui che risponde che non può, perché non ha mani ma forbici, sono alcuni dei momenti più teneri e tragici di una delle vette del cinema burtoniano, quando emergeva come il poeta gotico di una generazione. (G.G.)
Festa in casa Muppet - Brian Henson (1992)
Ogni generazione ha la sua versione cinematografica preferita del celeberrimo "Canto di Natale" Dickensiano. Dal famoso cortometraggio Disney con protagonista Topolino, alle infinite riduzioni televisive (con Scrooge interpretato da innumerevoli attori, tra cui George C. Scott), alle declinazioni parodiche (come "SOS Fantasmi" con Bill Murray) sino alla versione performance capture firmata da Robert Zemeckis, perfetta per gli anni duemila. Ma la versione con cui sono cresciuto e che amo di più, benché non esente da difetti, come un buonismo sin troppo calcato, è quella con i Muppet diretta da Brian Henson (figlio di Jim, creatore dei pupazzi). I lati più dark della vicenda sono smussati dall'ironica narrazione di Gonzo, mentre Michael Caine nel ruolo dell'avaro Scrooge è assolutamente calzante. La regia calibra alla perfezione l'integrazione tra le marionette e gli attori in carne ed ossa e le musiche di Paul Williams non sono invadenti. Tra i film della scatenata combriccola è uno dei più ambiziosi; a suo modo un piccolo classico. (A.P.)
Batman – Il ritorno - Tim Burton (1992)
Tra le "ossessioni" di Tim Burton c'è quella per la neve, le atmosfere festose, il Natale. Molti suoi film contengono sequenze girate sotto una pioggia di candidi fiocchi gelati, o sono ambientati durante le festività natalizie. "Batman – Il ritorno" non fa eccezione, ed è forse uno degli esempi più lampanti della poetica burtoniana. Non un film "sul Natale" in senso stretto, ma una pellicola che riflette in filigrana su temi strettamente cristiani come la redenzione o la pace tra gli individui. Burton mette in scena un epopea ultra dark con protagonisti tre reietti della società "civile", che ha come sfondo un Natale bizzarro, spaventoso, quasi felliniano: sangue, clown, freak circensi, un romanticismo esasperato e un finale malinconico. Una macabra danza di morte che pare la versione live action di "Nightmare Before Christmas", ambientata in una Gotham City mai più così opprimente e angusta, in cui la luce del giorno non si vede mai, e le illuminazioni al neon e gli alberi addobbati mascherano una tristezza di fondo che non abbandona più lo spettatore. Un capolavoro sottovalutato. (A.P.)
Nightmare Before Christmas - Henry Selick (1993)
Film di culto per una generazione e successivamente classico tout-court, al di là di horror e thriller di bassa lega, "Nightmare Before Christmas" è forse in assoluto il più rappresentativo tra i lugubri natalizi oltre che una tappa fondamentale nella storia del cinema d’animazione. Se la stop-motion effettua un passo decisivo verso tecniche mai tanto elaborate e raffinate, in questa oper(in)a sono sbalorditive le trovate visive e le gag, le cui somme sono superiori al minutaggio del film, e un immaginario di mondi festivi che sfiorano e irrompono nel mondo reale, fino alla risolutoria presa di coscienza. Straordinario musical con scenografie uniche al mondo e colonna sonora (di Denny Elfman, che presta anche la voce a Jack Skellington) ricca di musiche e canzoni memorabili. La regia di Henry Selick orchestra a dovere, ma il film appartiene a Tim Burton (per qualcuno è addirittura il suo film più personale e rappresentativo) e Jack Skellington è strettamente imparentato a Edward e altri antieroi burtoniani. (D.C.)
The Baby of Mâcon - Peter Greenaway (1993)
Accostare il Natale all’arte poliedrica ed iconoclasta di Peter Greenaway non poteva trovare espressione migliore in un film come "The Baby of Macon" (1993), in cui la rappresentazione della "natività" filtrata da un linguaggio metacinematografico, e collocata al di fuori del suo normale contesto storico - siamo in Francia nel 1659 - diventa il modo per affondare il colpo sulla storia ecclesiastica di ieri e di oggi. Tra misoginia, della chiesa nei confronti del corpo femminile, e dissacrazione, dell’istituzione religiosa vista come apparato di potere che svilisce la dignità umana, Greenaway fa scorrere sangue ed allegorie in uno stile barocco e con toni tra il grottesco e il surreale. Lo stupro della "vergine" filmato in sequenza, reiterando per 208 volte la violenza dei carnefici sul corpo della vittima, fece scandalo. I distributori italiani infierirono facendo uscire il film alla vigilia di Natale. (C.C.)
Una promessa è una promessa - Brian Levant (1996)
"Turbo Man" è il giocattolo più venduto della storia del Natale, ed è anche il regalo che Howard Langston ha promesso al figlio per farsi perdonare i troppi impegni lavorativi. Per procurarselo, dopo che l’articolo è andato esaurito, ci vorrà un impresa da "veri uomini". Diretto da Brian Levant, specializzato in prodotti per famiglie ("Beethoven"), "Una promessa è una promessa" permette a Schwarzenegger - qui nel ruolo dell'"intrepido" genitore -, di completare una trasformazione attoriale ed iconografica che lo allontana per sempre dall’immaginario monolitico e glaciale delle origini, trasformandolo in una maschera di comicità ed ironia. Spingendo l’acceleratore sul paradosso, ed allestendo uno spettacolo da slapstick comedy, il film gioca sul passato cinematografico del suo interprete inserendolo in un contesto dove è il quotidiano più banale e prosaico ad ostacolarne l’assolvimento del compito. Fino all’atto finale, esilarante e buffo, in cui Howard/Schwarzy per vincere l’agognato giocattolo sarà costretto ad indossare nuovamente i panni dell’eroe diventando un "Turbo Man" in carne ed ossa. Un paradosso cinematografico a dir poco originale, per chi un tempo è stato Conan e anche Terminator. (C.C.)
Elf - Jon Favreau (2003)
Tutti hanno un guilty pleasure cinematografico. Tra quelli di chi scrive (ma anche secondo Nanni Moretti) c'è senza dubbio "Elf" di Jon Favreau, una delle più riuscite commedie natalizie sfornate da Hollywood nell'ultimo decennio. Merito del regista, che prima di infondere un piacevole tocco da commedia nel blockbuster "Iron Man", s'è fatto le ossa nel cinema indie Usa, e dirige con pochi mezzi e un tocco garbato lontano da kolossal nello stile de "Il grinch". Ma soprattutto del talento comico di Will Ferrell, qui in una dei suoi primi ruoli da protagonista, che interpreta il mezz'elfo Buddy come un novello Candide alle prese con un mondo arido e crudele, colorandolo con il suo umorismo demenziale e unico. Impossibile non cantare "Santa Claus Is Coming to Town" durante l'epico finale. Successo clamoroso in patria, aspetta ancora di essere scoperto qua da noi. (A.P.)
Tokyo Godfathers - Satoshi Kon (2003)
Un alcolizzato, una trans (ex drag-queen) e una ragazza scappata da casa sono tre senzatetto che vivono in una Tokyo indifferente, luccicante e addobbata per il natale. Questi outsider protagonisti diventano i "padrini" di un neonato abbandonato nell’immondizia, ed esattamente come i "three godfathers" di fordiana memoria dovranno attraversare un deserto, quello della società di oggi di cui Kon è stato sagace critico. È la vigilia di Natale e i tre decidono di rintracciare la madre del bambino: per riuscirci si dovranno confrontare col proprio passato, cercando e trovando il miracolo di una nuova possibilità per loro e per il neonato. Una fiaba dolceamara da uno dei più grandi visionari della sua generazione, in un piccolo grande film che si muove agilmente dalle parti di Frank Capra. (G.G.)
À l'intérieur - Alexandre Bustillo e Julien Maury (2007)
Mentre una lotta politica infiamma le banlieue in una villetta parigina la vigilia di natale si tinge d’un color rosso sangue. "A l’interieur", uno de capi d’opera del nouveau cinéma d’horreur francese, è decisamente il miglior candidato a divenire il cult horror del periodo natalizio negli anni a venire. Diretto dalla promettente coppia di registi Alexandre Bustillo e Julien Maury il film procede attraverso una serie di sequenze dalla potente forza visiva, disturbanti scene di mutilazioni e di sangue, di un terrore claustrofobico che strizza l’occhio a tanto cinema degli anni settante (da Romero ad Argento) senza cadere nella mera ripetizione, ma rendendoci partecipi di una profana, malata e insana natività. (S.P.)
Racconto di Natale - Arnaud Desplechin (2008)
Una famiglia e i suoi contrasti interni prima, durante e dopo la cena della vigilia di Natale. Il racconto natalizio di Arnaud Desplechin è un oggetto cinematografico polimorfo, affascinante e profondamente intelligente. È tutto perfetto: l’impianto visivo duttile e sofisticato, il lavoro di scrittura finissimo e molto spesso geniale, le prestazioni degli interpreti assolutamente magistrali. Ma ciò che colpisce di più è l’affetto autentico che il regista prova per i suoi personaggi e la verità con cui racconta la quotidiana complessità di certi legami familiari. Tanto difficili quanto indissolubili. (V.L.)