CANNES 72 - Dopo avervi parlato nel precedente speciale del Concorso 2019, tentiamo ora una panoramica ragionata di quanto offrono le principali sezioni collaterali, sia nella Selezione Ufficiale (Un Certain Regard e i lungometraggi fuori concorso), sia nella più prestigiosa delle altre sezioni, la Quinzaine des Réalisateurs
Un Certain Regard
È tradizionalmente la sezione di “scoperta” della Selezione Ufficiale, corrispondente più o meno alla veneziana “Orizzonti”. Naturale, quindi, che per “Un Certain Regard” siano segnalate 9 opere prime, esattamente la metà dei film in competizione. È anche, però, una sezione discutibile, nella misura in cui vi trovano ogni anno collocazione opere di autori che parrebbero degnissimi del Concorso principale. E questo non solamente a posteriori, sulla base dei riscontri critici: già leggendo la selezione saltano agli occhi alcuni nomi di autori dalla filmografia lunga e ricca, che sorprende trovare qui anziché nel Concorso. Almeno due esempi sono eclatanti: quello di Christophe Honoré (“Chambre 212”), che appena l’anno scorso era stato selezionato per il Concorso, dove, peraltro, con il suo “Plaire, aimer et courir vite” non aveva affatto sfigurato. Oppure Bruno Dumont, che, dopo aver immaginato l’infanzia di Giovanna d’Arco in un musical del tutto eccentrico, porta adesso in scena, con “Jeanne”, il suo personale racconto sulle gesta della patrona di Francia. Entrambi registi di culto, il primo più di nicchia, hanno in comune uno sguardo obliquo, a volte scomodo, ed è forse per questo che si trovano qui. Si fa presto allora a intravedere nella selezione in “Un Certain Regard” una sorta di penalizzazione implicita, in una distinzione, del tutto arbitraria per non dire retriva, fra cinema d’autore mainstream e underground. Discorso del tutto analogo vale anche per Albert Serra, autore catalano dallo sguardo assolutamente intransigente e rigoroso, che fa un cinema dalla cifra personalissima e di primissima scelta. Dopo aver immaginato il suo Re Sole, torna alla Croisette con un nuovo film oscuro e crepuscolare sempre ambientato all’epoca dell’ancien régime, “Liberté”. Rigettando qualsiasi distinzione fra autori dallo sguardo più facile e altri presunti “impegnativi”, possiamo tranquillamente aggiungere altri nomi a quelli fatti, fra i quali il brasiliano Karim Aïnouz (“The Invisible Life of Eurídice Gusmão”) e il franco-spagnolo Olivier Laxe (“O Que Arde”).
Tra le opere prime, grande curiosità suscita la prima regia di animazione del grande disegnatore italiano Lorenzo Mattotti, che porta sullo schermo, con il suo personalissimo stile, il romanzo di Dino Buzzati “La famosa invasione degli orsi in Sicilia”, che a sua volta era corredato dai disegni dell'autore di “Il deserto dei Tartari”: sarà affascinante scoprire la differente immaginazione figurativa di Mattotti rispetto a Buzzati. Altro film di animazione è “Les Hirondelles de Kaboul” di Breitman e Gobbé-Mévellec. Tornando alle opere prime, va segnalato l’esordio dietro la macchina da presa dell’attrice canadese Monia Chokri, vista in alcuni film di Dolan, che ha aperto ieri Un Certain Regard con “La Femme de Mon Frère”, senza entusiasmare. Merita un cenno anche “Port Authority” di Danielle Lessovitz, prodotto fra gli altri da Scorsese.
Fuori concorso e proiezioni speciali
Com’è naturale che sia, Cannes deve rispettare anche il glamour, e ricomprende nella selezione ufficiale, ma fuori concorso, film dall’appeal più commerciale. In prima linea quest’anno abbiamo il biopic su Elton John (che si mormora faccia una comparsata sulla Croisette) “Rocketman” di Dexter Fletcher, che del resto vedremo prestissimo al cinema. Su una lunghezza d’onda solo in apparenza simile si colloca “Diego Maradona”, che a differenza del precedente è un documentario – e il cui regista, Asif Kapadia, si era fatto già apprezzare per il suo ritratto di un altro campione dello sport, Ayrton Senna. Nicolas Winding Refn presenterà due puntate della sua serie TV “Too Old to Die Young” (curiosamente, si tratta della quarta e della quinta…). Sempre fuori concorso, due nomi di primo piano del cinema francese: oltre al giovane Nicolas Bedos (“La Belle Èpoque”, con Daniel Auteil e Guillaume Canet) ci sarà Claude Lelouch, che con “Les Plus Belles Année d’une Vie” ha dato un seguito al celebre “Un uomo, una donna”, riportando insieme Jean-Louis Trintignant ed Anouk Aimée.
Tra le proiezioni speciali spiccano poi il nuovo film di finzione di Werner Herzog (“Family Romance, LLC.”) e il documentario “La Cordillera de los Sueños” del cileno Patricio Guzmàn, con il quale si chiude un ideale trittico (insieme a “Nostalgia de la luz”, 2010, e “La memoria dell'acqua”, 2015) che, attraverso una ricognizione del paesaggio (mare, deserto e – adesso – montagne) scava in profondità anche nella Storia del suo Paese. Sempre tra le proiezioni speciali, troviamo anche il nuovo film di un Abel Ferrara ormai trapiantato a Roma, “Tommaso”, e il secondo film da regista di Gael Garcìa Bernal (“Chicuarotes”). Tra le “proiezioni di mezzanotte” segnaliamo il mediometraggio “Lux Aeterna” di Gaspar Noé, particolarmente prolifico negli ultimi anni, ma anche la proiezione (specialissima) della prima copia di “Shining” che fu presentata al pubblico: non, cioè, semplicemente la versione americana del film, ma proprio la prima che fu presentata al pubblico da Kubrick, prima di eliminarne alcune sequenze.
Quinzaine des Réalisateurs
Usciamo adesso dalla Selezione Ufficiale, per affrontare la più importante delle tre sezioni collaterali non a cura della direzione artistica di Thierry Frémaux (le altre sono la “Semaine de la Critique” e “Acid”). Nuovo delegato generale della Quinzaine è, da quest’anno, l’italiano Paolo Moretti. Come di consueto, in questa sezione di spicco trovano accoglienza registi illustri insieme a talenti emergenti tutti da scoprire. Fra i primi, quest’anno, la Quinzaine ospita addirittura un Leone d’Oro: Lav Diaz presenterà infatti il suo nuovo film “The Halt” (“Ang Hupa”), della durata di “sole” 4 ore e 36, ambientato in un futuro distopico in cui il sud-est asiatico del 2034 ha subìto cataclismi naturali, politici e tecnologici. In un anno in cui l'Asia non è molto rappresentata nella Selezione Ufficiale, un altro ospite di peso della Quinzaine è Takashi Miike, presente con “First Love” (“Hatsukoi”). Molto attesa l’opera seconda di Robert Eggers, autore del cult “The VVitch”, che presenterà in anteprima mondiale “The Lighthouse” con Willem Dafoe e Robert Pattinson: film in bianco e nero che si annuncia “ipnotico e allucinato”, narra la storia di due guardiani del faro ambientata su di una remota isola del New England.
Una manciata di altri nomi di spicco in Quinzaine. Babak Anvari, cineasta britannico-persiano che con “Wounds” (già al Sundance a gennaio; nel cast Dakota Johnson) torna dietro la macchina da presa dopo l’exploit di “Under the Shadow”, horror del 2016 ambientato nell’Iran della rivoluzione khomeinista. Bertrand Bonello, autore, fra l’altro, di quel “Nocturama” tanto scomodo quanto strepitoso, che nel 2016 fu escluso ddal Festival. A quanto pare, il regista francese ancora risulta difficile da digerire per la Selezione Ufficiale. Il nuovo “Zombi Child” è ambientato tra il presente e la Haiti del 1962, e parla proprio di quello che il titolo lascia intendere …a partire dalla versione caraibica.
La Quinzaine ospiterà, inoltre, il mediometraggio “The Staggering Girl” di Luca Guadagnino e il nuovo film low budget di Robert Rodriguez, “Red 11”, che per l’occasione terrà anche una Masterclass…
…Seguiteci. A breve quest’anno, a Cannes, ci saremo anche noi.