Dieci anni dopo le peripezie di “Benvenuti a Zombieland”, Ruben Fleischer, che con il film del 2009 firmava la sua prima opera per il grande schermo, terminata la (dis)avventura di “Venom” riunisce la squadra e gira questo nuovo capitolo. Gli interpreti sono cresciuti, e non solo fisicamente: Emma Stone, ai tempi semi-sconosciuta, può ora vantare un Oscar alla migliore attrice ottenuto con “La La Land”, oltre che collaborazioni con alcuni tra i grandi nomi della scena contemporanea, da Allen a Iñárritu a Lanthimos, e lo stesso Jesse Eisenberg, solo un anno dopo quel primo capitolo zombie aveva dato il meglio di sé nel ruolo di Mark Zuckerberg in “The Social Network” di Fincher, apprestandosi a diventare il volto iconico di una generazione senza certezze e carica di insicurezze. Anche la carriera di Woody Harrelson si è impreziosita, in questi anni, di due candidature agli Oscar e soprattutto del ruolo di co-protagonista nella prima stagione della serie-culto “True Detective”.
Tuttavia, nonostante l’accresciuto prestigio degli interpreti, che sembrerebbe rendere più difficile una produzione demenziale di questo tipo, il mix funziona ancora e la storia di Zombieland, a dieci anni di distanza, si arricchisce di un nuovo divertente capitolo.
Sistematisi all’interno dello Studio Ovale, Tallahassee, Columbus e Wichita sembrano aver ritrovato una certa serenità e un modo per tenere a bada l’invasione di non-morti. Ma la piccola Little Rock è ormai cresciuta e sente la necessità di nuove esperienze. Fuggirà così con un seducente hippy, costringendo la sgangherata banda a uscire allo scoperto.
L’opera mantiene una cifra stilistica marcatamente pop, con abbondanti citazioni che spaziano da Elvis ai Metallica, dai Simpson a Terminator, da Bob Dylan a Bill Murray (che compare anche qui, in uno spassoso cameo, dopo i titoli di coda), con un montaggio serrato , ralenti, iperboli narrative e diverse scene in stile Run-and-Gun, che amplificano la capacità di intrattenimento senza mai prendersi sul serio.
Ciò che viene invece diluito fino a risultare quasi impercettibile è l’elemento politico: se - a titolo di esempio - “I morti non muoiono” di Jarmush manteneva e sottolineava molto quella critica sociale che è tipica della tradizione zombie inaugurata da Romero, qui ogni riflessione impegnata viene smussata dall’irruzione di gag comico-demenziali.
Ma la mancanza di una critica socio-politica è in realtà sono apparente e funzionale a descrivere quella generazione che i nostri protagonisti interpretano. Gli zombie diventano qui quasi un pretesto, una scocciatura esterna che di tanto in tanto irrompe nella scena, costringendo i personaggi a uscire dalla loro bolla di indifferenza, dall’isolamento qualunquista dove ciò che si ricerca è la distrazione e lo sfogo. Jesse Eisenberg, come già accennato, è diventato ormai l’icona di una generazione inetta a rapportarsi con l’altro e con la società, costretta ad affrontare i fatti importanti con un timido balbettìo. Tallahassee è l’archetipo di un aspetto molto attuale della società adulta americana e occidentale, rifugiatasi nella paura e nei valori dell’estrema destra populista. Little Rock è un’adolescente il cui solo obbiettivo è scappare da tutto e da tutti.
La rinuncia dell’elemento politico è dunque in linea con i caratteri dei protagonisti e di noi stessi, ma è, per l’appunto, soltanto apparente e la sequenza iniziale, girata all’interno di una Casa Bianca abbandonata e ridotta a sala giochi, può essere letta facilmente come la metafora di un vuoto politico che caratterizza il nostro contemporaneo. L’apocalisse zombie sembra allora l’unica cosa in grado di risvegliare la coscienza personale dei nostri eroi, di fargli riscoprire, alla fine, il valore dell’amore e della famiglia, comunque la si intenda.
Una lettura sociologica di un’opera qual è “Zombieland - Doppio colpo” sarebbe tuttavia tendenziosa. È chiaro che qui ciò che conta è la volontà di far ridere e in ciò funziona molto la sceneggiatura firmata dai sodali Rhett Reese e Paul Wernick, a cui si aggiunge in questo secondo capitolo David Callaham. Rispetto al film del 2009, sembra che gli autori abbiano lavorato con maggiore attenzione sull’elemento umoristico, offrendo così al pubblico battute brillanti e situazioni spassose, perfettamente inserite in quello che è lo spirito dell’opera.
Se la pellicola di Jarmush finiva dunque per appiattirsi sulla tradizione, diventando a tratti pedante, qui la scelta compiuta è diversa e, a ben vedere, vincente.
cast:
Woody Harrelson, Emma Stone, Jesse Eisenberg, Abigail Breslin, Zoey Deutch, Avan Jogia
regia:
Ruben Fleischer
titolo originale:
Zombieland: Double Tap
distribuzione:
Warner Bors. Italia
durata:
99'
produzione:
Columbia Pictures
sceneggiatura:
Rhett Reese, Paul Wernick, David Callaham
fotografia:
Chung Chung-hoon
montaggio:
Dick Westervelt
musiche:
Black Strobe