La riuscita di un film dipende dall'insieme delle singole componenti. Spesso trascurata, una di queste è la capacità di saper cogliere e poi restituire l'ambiente in cui si muovono i personaggi. Se alcuni di questi risultano indimenticabili non è soltanto per la bravura di regista e attori, oppure per la verosimiglianza della ricostruzione scenica, ma anche per il potere d'attrazione di un mondo, quello in cui agiscono i protagonisti, capace di vincere la passività dello spettatore invogliandolo a scoprire l'universo del film. "Master & Commander - Sfida ai confini del mare" non sarebbe stato la stessa saga marinaresca se Peter Weir non avesse accettato la sfida di raccontare la vita di bordo permettendo alla macchina da presa di saturare ogni angolo delle sue favolose fregate. Un film come "The Company" avrebbe fatto fatica a figurare nella filmografia di un campione come Robert Altman senza la precisione con cui descrive il mondo della danza.
La risultante di quanto detto è tanto più affascinante quanto minore è la conoscenza nel pubblico dello spazio che si va a descrivere. Come accade per l'appunto durante la visione di "Tár", il nuovo film di Todd Field, con Cate Blanchett nel ruolo della protagonista, in cui la (finta) biografia della celebre direttrice d'orchestra che presta il titolo al film diventa occasione per esplorare dal di dentro le dinamiche interne di un mondo come quello della musica classica, di cui in realtà si conosce solo il "prodotto" finale. In effetti tutto in "Tár" procede come il progressivo disvelamento di un mistero (del personaggio, dell'ambiente e del rapporto tra le due parti) che in quanto tale resiste a qualsiasi tentativo di conoscenza. Esemplare in tal senso l'apertura del film e ciò che segue, in cui il talento di Lydia Tár viene vivisezionato senza che questo ci renda comprensibile la protagonista: dapprima ne apprezziamo la sensibilità musicale attraverso la voce sussurrante le note che accompagnano lo scorrere interminabile dei titoli di testa. Poi la figura sfuggente, visibile per un attimo attraverso il cellulare di chi ne sta spiando il sonno; infine la personalità istrionica, desunta dalla padronanza con cui la donna risponde al conduttore del talk show che ne celebra il primato artistico, in una delle sequenze più belle e inaspettate del film, quella in cui la Blanchett articola le parole con un ritmo e un timbro vocale capaci di trasformare il confronto in una lunga sessione musicale.
Se il montaggio secco e veloce elimina qualsiasi raccordo spazio-temporale tra le sequenze in argomento, confermando l'impossibilità (iniziale) di raccontare la protagonista oltre l'impressione che di lei ci danno le prime immagini, è tutta la prima parte di "Tár" ad essere straniante per la dicotomia esistente fra la straripante esposizione della protagonista, la cui dominanza è riflessa nella razionalità architettonica degli interni così come nell'uso di una luce asettica e priva di contrasti, e la reticenza con cui il film si occupa del privato della donna. In effetti Field dapprima costruisce il monumento della sua protagonista poi, nella seconda parte, procede a mostrarne il rovescio della medaglia (segnalato dalla comparsa di elementi fotografici e architettonici di segno opposto a quelli di partenza), arrivando a operare sul personaggio una vera e propria damnatio memoriae, allorché le doti di una predisposizione naturale fuori dalla norma non riescono più a difenderla dall'avanzare dello scandalo.
Tra questi due antipodi "Tár" racconta il potere e le sue conseguenze ma anche i risvolti dell'ossessione artistica. Field lascia intravedere meglio di altri film il tortuoso percorso del genio creativo coinvolgendo lo spettatore in un dramma shakespeariano che non fa sconti a nessuno, capace com'è di affrontare il tema dell'omosessualità, e più in generale le questione di genere legate alla sessualità della protagonista, tenendosi lontano dalle sicurezze del politicamente corretto. Senza dimenticare che "Tár" non è solo l'ennesima consacrazione di una Blanchett in versione Marlene Dietrich (la storia si svolge per lo più a Berlino), giacca da uomo, calzoni neri e sguardo assassino. "Tar" è infatti un film di attrici che non le sono da meno per la presenza in ruoli importanti di Nina Hoss (la compagna di Lydia) e di Noémie Merlant ("Ritratto della giovane in fiamme", "Parigi, 13 Arr.") in quello della sua assistente. Alla Mostra, "Tár" potrebbe vincere il premio per la migliore attrice e per quello visto fin qui anche qualcosa in più.
cast:
Mark Strong, Allan Corduner, Julian Glover, Sophie Kauer, Nina Hoss, Noémie Merlant, Cate Blanchett
regia:
Todd Field
titolo originale:
TÁR
distribuzione:
Focus Features, Universal Pictures
durata:
158'
produzione:
Standard Film Company, EMJAG Productions
sceneggiatura:
Todd Field
fotografia:
Florian Hoffmeister
scenografie:
Marco Bittner Rosser
montaggio:
Monika Willi
costumi:
Bina Daigeler
musiche:
Hildur Guðnadóttir