E siamo giunti all'ottavo episodio della saga di "
Star Wars" ideata e iniziata nell'ormai lontano 1977 da George Lucas. In quarant'anni le avventure della famiglia Skywalker, della Repubblica Galattica, dell'Impero, della Ribellione e adesso della lunga guerra tra il Primo Ordine (nato dalle ceneri del vecchio Impero Galattico) e i sopravvissuti della Repubblica, andata distrutta nell'episodio precedente, hanno attraversato la storia del cinema e dei costumi facendo da ponte dell'immaginario collettivo tra il Ventesimo e il Ventunesimo secolo.
Abbandonata da Lucas, che ha venduto il
brand alla Walt Disney, la terza trilogia, che cronologicamente si va a interporre a quarant'anni dalla fine della prima, è stata messa in mano a J. J. Abrams, che dopo aver diretto "
Il risveglio della forza" lascia la regia del nuovo episodio a Rian Johnson (anche sceneggiatore), già autore dell'interessante "
Looper".
"Gli ultimi Jedi" inizia dove finisce il precedente episodio, con la giovane Rey (Daisy Ridley) arrivata sull'isola dove si è rifugiato Luke Skywalker (Mark Hamill) per chiedere il suo aiuto per salvare la Ribellione. Mentre il generale Leia Organa (
Carrie Fisher, alla sua ultima intepretazione) è in fuga con uno sparuto gruppo di superstiti inseguita da Kylo Ren (Adam Driver) suo figlio, passato al Lato Oscuro della Forza, e dalle truppe del generale Hux (Domhnall Gleeson). Il comandante Poe Dameron (Oscar Isaac) insieme a Finn (John Boyega) cercherà in ogni modo di rallentare l'inseguimento della flotta del Primo Ordine per mettere in salvo quello che resta della ribellione contro il Leader Supremo Snoke.
Possiamo dire fin da subito che il nuovo episodio ha una sceneggiatura molto articolata, piena di colpi di scena, scritta da Johnson con grande divertimento (essendo lui stesso un fan, cresciuto con gli eroi della saga), ma tutto sommato interlocutorio, di passaggio, come ormai possiamo definire tutta la trilogia, tra il vecchio e il nuovo mondo. E, in effetti, in attesa del IX episodio, Rian Johnson è già al lavoro a una nuova trilogia di "Star Wars". Stilisticamente, proprio la necessità di rifondare la Storia della saga con nuovi personaggi e linee narrative autonome, così da costruire un nuovo immaginario per le future generazioni di spettatori, fa sì che questa trilogia sia in qualche modo non completamente compiuta, costretta a eliminare i vecchi personaggi e introdurre i nuovi.
Se Abrams nel "Risveglio della Forza" ha cercato di salvaguardare il vecchio mondo con l'innesto dei nuovi personaggi, Johnson in questo caso è più
tranchant, passando a passi veloci a far prendere sempre più corpo i nuovi protagonisti e relegando i vecchi in momenti di malinconico saluto per gli spettatori. Johnson poi opera innestando una sensibilità contemporanea all'interno dell'opera. Un esempio è l'intera sequenza ambientata sul pianeta Cantonica, dove Finn e Rose (Kelly Marie Tran), un'addetta alla manutenzione, si recano per trovare un hacker che possa farli entrare nell'ammiraglia del Primo Ordine. Qui la descrizione della società è basata su un'élite di ricchi che possono permettersi il lusso in cui vivono grazie al traffico d'armi. Ma la vendita delle armi avviene a entrambi i protagonisti del conflitto: sia al Primo Ordine sia alla Ribellione. Una denuncia poi non tanto velata alla nostra società occidentale che predica la pace per poi arricchirsi sul commercio di armi per le varie guerre agite nel pianeta.
Un altro elemento moderno è il conflitto tra nuova e vecchia generazione: in particolare, l'ossessione di fare piazza pulita di Kylo Ren che vuole eliminare non solo la ribellione, ma tutto ciò che lo lega al passato, per ricostruire dalle macerie un mondo completamente nuovo su cui governare in modo assoluto. Da un altro lato, abbiamo l'incapacità, o meglio la difficoltà, rappresentata da Luke e Leia, di passare la conoscenza ai giovani: maestri quasi incapaci di insegnare valori e indicare nuove vie, sconfitti, malinconicamente rinchiusi in se stessi, delusi. A questa rappresentazione prosaica della lotta, a un ridimensionamento del ruolo della cultura Jedi e della Repubblica e alla figura dell'eroe, si contrappone Rey che dice esplicitamente a Luke che la Galassia ha bisogno di leggende e miti per continuare a far sopravvivere una speranza per un futuro migliore. Ecco che allora ne "Gli ultimi Jedi" viene messa in scena lo scontro tra la poesia epica di un passato glorioso e la prosaica realtà di un presente incerto e da immaginare. Se Luke e Leia rappresentano il primo e Kylo Ren è fautore del secondo, Rey diventa l'elemento di congiunzione di questi due visioni, lei che non ha nessun posto nella storia e, come gli rinfaccia Ren, non ha un passato. Così da offrire la possibilità della conoscenza della Forza a chiunque ne abbia le capacità in un senso democratico dell'apprendimento e non più una rappresentazione familiare e dinastica legata agli Skywalker, che sono sempre apparsi come la Famiglia dove la Forza si realizzava sia nel lato Oscuro sia in quello Chiaro, in una relazione divinatoria. E se non mancano le sequenze spettacolari degli scontri stellari, "Gli ultimi Jedi" si sofferma di più sullo sviluppo delle psicologie dei vari personaggi, in particolare di Kylo Ren e di Rey, alternando scene più intimiste, forse di minore
appeal visivo, ma che creano una maggiore intensità drammaturgica.
Tutto ciò però e anche il limite de "Gli ultimi Jedi", cioè proprio nel suo essere un'opera ibrida. La pellicola diventa così a tutti gli effetti "episodica", nel senso che la sua comprensione e godimento è fortemente caduca per lo spettatore che non abbia un'approfondita conoscenza della storia della saga. Non riesce, quindi, a essere un film con vita propria, ma legato a un prima e a un dopo. Anche per questo, forse, la necessità per la produzione di una prossima trilogia che rifondi la storia (in attesa di vedere la fine di questa con l'ultimo episodio in programma per il 2019) per una nuova generazione di spettatori paganti.