"Spider-Man: No Way Home" è l’espressione massima della concezione di fan service, intenso come strumento su cui poggiare una grande narrazione, non come fine ultimo a cui asservirsi. Il capitolo conclusivo di una trilogia [1] e allo stesso tempo una rampa verso il futuro (di un intero Universo) con lo sguardo ben fisso al passato. Si inizia, senza soluzione di continuità, riproponendo la scena post-credits di "Far From Home": l’identità del nostro supereroe è stata svelata al mondo intero e Peter Parker deve fare i conti con le conseguenze sulla sua vita e su quella dei suoi cari, dalla difficile gestione della notorietà alla mancata ammissione al M.I.T, per le forti accuse che gli piovono addosso. Così, decide di chiedere aiuto a Dottor Strange per lanciare un incantesimo affinché tutti dimentichino che lui è Spider-Man. A causa delle continue interruzioni, qualcosa però va storto.
Se ci soffermiamo sull’intreccio del film, a prima vista i tanti e attesi colpi di scena, le rivelazioni e apparizioni, ci potrebbero sembrare semplici, scontate, inserite appositamente per strappare risate, lacrime e scroscianti applausi da parte del pubblico. Per questa ragione, in un primo momento potremmo essere portati a storcere il naso, a stroncarlo senza pietà, come mero compiacimento dei fan. Ma poi, ragionandoci, capiamo come il lavoro che porta avanti sia molto più sottile, punta a un’altra direzione, ed emergono tutti quei fattori che rendono grande (quando lo è) l’UCM. Si badi però: non è il discorso del tipo: "se un blockbuster incontra il favore del grande pubblico, ha portato a termine il suo scopo e deve essere promosso", bensì il modo per svincolarsi dai pregiudizi che sovente circondano questi titoli per analizzarli con maggiore lucidità.
Uno dei concetti cardine del panorama odierno è quello di "reboot": il riavvio di una saga, che ben si addice a quella di Spider-Man (ripartita tre volte in neanche vent’anni)."No Way Home" mette però subito in chiaro come lavori in senso opposto: fare i conti con cosa lo ha preceduto per imbastire what’s next, piuttosto che cancellare tutto per proporre qualcosa di (apparentemente) nuovo e originale. Non siamo qui a farvi spoiler: già i trailer mostrano il ritorno di alcuni storici villain affrontati da Tobey Maguire prima e da Andrew Garfield poi. La vera sorpresa è come il film guarda prima di tutto alla prima trilogia per delineare la parabola del protagonista e per riprendere alcune soluzioni registiche di Sam Raimi, non limitandosi a inserire easter egg. La prima scena ci propone uno spericolato volo tra i grattaceli di New York tra Peter e l’amata MJ per scappare dalla fiumana di gente alla caccia di un selfie. Una sequenza quasi superflua per lo sviluppo, ma che funge da ouverture travolgente per esaltare la fantasmagoria del digitale, tra zoom e (impossibili) movimenti di macchina. Non che questo significhi che il film sia un mero sfoggio tecnico: proprio come Raimi (in particolare nell'insuperabile secondo capitolo) le sequenze spettacolari in aria, esaltazione dei poteri di Spider-Man, fanno da contrappunto a quelle "terrene" dove Peter deve fare i conti con i problemi "umani" quotidiani, grandi e piccoli.
"No Way Home" trae inoltre la sua forza dall’ibridare i tratti e le atmosfere dei precedenti capitoli con quelle più tipici di tutto il Marvel Cinematic Universe. Da una parte, fa leva sul filtro dell’ironia, che qui si fa ancora di più asse portante: il regista John Watts si destreggia molto bene tra dialoghi e battute fulminanti, in un gioco di (auto)dissacrazione portato avanti da Peter ma anche dai personaggi di Zendaya e Benedict Cumberbatch. Allo stesso tempo, questa lascia spazio, nella seconda parte, a diversi momenti dolenti prima assenti, dal forte carico melodrammatico, fondamentali per rendere il film non uno stand-alone a sé stante, quanto il cardine del proseguimento della fase quattro. Emerge dunque il Marvel touch nella sua piena espressione, e capiamo come il suo vero cuore risiede nella caratterizzazione e nell’attenzione ai personaggi, al di là della spettacolarità, delle sequenze mirabolanti, seppur sempre presenti. Per cercare non tanto una forzata complessità o psicologizzazione, quanto di rendere, costruendole mattoncino per mattoncino nelle diverse avventure su piccolo e grande schermo, le figure dei suoi eroi precise e profonde, lievi ma mai parodiche, afflitte ma mai grevi. Così piano piano si delinea quello che è il vero fine di "No Way Home": raccontare l’origin story del personaggio (ricordiamo che in "Homecoming" troviamo il protagonista già in pieno possesso dei suoi poteri), delineata a partire da un bagaglio di conoscenze e aspettative condivise e radicate, che sono appunto l'architrave, e non il disegno finale, della struttura portante. Nel finale, che non anticipiamo, si ribadisce questa tendenza, e invitiamo a confrontarlo con quello di "Avengers: Endgame".
Nel 2019, a pochi mesi di distanza, uscivano nelle sale "Star Wars: l’ascesa degli Skywalker" e il sopra citato "Endgame": due titoli accomunati dall’essere chiusura di un ciclo, ma bersaglio di una ricezione di critica e pubblico diametralmente opposta. Il primo si poneva infatti come il punto di arrivo di una concezione di "cinema spettacolo, correlato, una volta tanto, di un’anima", il secondo risultava "un’appendice marmorea che consolida l’identità della saga senza estenderne l’afflato vitale" come acutamente analizzato dai nostri recensori. Ecco, "No Way Home", come "L’ascesa degli Skywalker" celebra cosa lo ha preceduto, ma non per semplice reverenza e strizzate d’occhio, piuttosto, come "Endgame", per porsi come chiusura di un arco narrativo compatto e coerente (e dove non si sentono affermazioni del tipo "Somehow Palpatine Returned": tutto trova una propria ragion d’essere). E dove la crescita della saga (in termini di dimensioni, obbiettivi, personaggi coinvolti) va di pari passo con quella del protagonista, conosciuto quattordicenne in atmosfere da teen movie e divenuto ora diciottenne che deve comprendere come "da grandi poteri derivano grandi responsabilità".
[1] un generico "Spider-Man 4 "con protagonista Tom Holland è ufficialmente in sviluppo ma, a quanto pare, sarà l’inizio di un nuovo ciclo narrativo.
cast:
Tom Holland, Zendaya , Benedict Cumberbatch, Benedict Wong, Jacob Batalon, Jon Favreau, Marisa Tomei
regia:
Jon Watts
titolo originale:
Spider-Man: No Way Home
distribuzione:
Warner Bros.
durata:
148'
produzione:
Marvel Studios, Columbia Pictures, Pascal Pictures
sceneggiatura:
Chris McKenna, Erik Sommers
fotografia:
Mauro Fiore
scenografie:
Rosemary Brandenburg, Emmanuelle Hoessly
montaggio:
Jeffrey Ford, Leigh Folsom Boyd
costumi:
Sanja Milkovic Hays
musiche:
Michael Giacchino