Peter Parker non è Bruce Wayne, certo, i due sono molto, molto diversi. E si potrebbe disquisire a lungo sulle rispettive caratteristiche, ma non è questa la sede adatta. Ciò che ci interessa è invece il fatto che entrambi, fin dalla loro prima apparizioni sulle pagine di opposte edizioni di carta, hanno chiaramente palesato un midollo contraddistinto dal connotato dell'eroe. Imprescindibile, ovvio, per una storia di supereroi. Ma il reputarlo imprescindibile ne conferma comunque la sussistenza.
"Spider Man 2", eroico film su un eroe, si trascina sullo schermo in un carosello di sentimenti e indecisioni. Guarda se stesso, come fa Parker nei minuti centrali di pellicola (che si interroga sulla sua doppia vita), chiedendosi se a tratti non sia stucchevole, retorico, ripetitivo. Vive in costante "disequilibrio" tra la necessità d'azione e la forza mentale delle "questioni sulla vita" del suo personaggio principale. Film e protagonista sullo stesso piano, sulla stessa lunghezza d'onda. I disagi dell'uno, le difficoltà di messinscena dell'altro. Il bisogno di redimersi di Parker e il parallelo impatto debordante delle sequenze d'azione (poche), che spaccano lo schermo con rabbia impetuosa.
"Spider Man 2" in fin dei conti è un piccolo grande quadro di fatalità del destino. A guardarlo bene, non ci sono nemmeno "cattivi" veri e propri. Lo stesso Octopus si uccide a fin di bene. Harry Osbourne resiste - forse non completamente, ma ci prova con tutto se stesso - al richiamo del male insito dentro di lui. Spider Man, prima di essere tale, è un ragazzo. Un ragazzo qualsiasi. In una delle scene migliori della pellicola, un uomo in metropolitana riconosce, sotto la maschera dell'esausto eroe, un suo vicino di casa. Spidey ha un nome, prima di tutto. È Parker, il ragazzo di cui è innamorata, e lo sarà sempre, Mary Jane. Spidey è il neighbour, l'abbiamo detto prima. Spidey è anche Stan Lee, che lo ha creato e plasmato. Indubbiamente a lui appartiene questo eroe. Oggi però nessuno avrebbe da ridire se affermassimo che sotto la maschera di Spidey si può celare la faccia di Sam Raimi. Ora Spidey appartiene anche a lui. Che l'ha fatto rivivere come ai tempi d'oro della Marvel "di carta". Quando il film è uscito nelle sale, nel 2004, già si stava parlando della preparazione di un terzo episodio, e forse di un quarto. Non ha molta importanza che ci siano o meno altre versioni (per Batman è lo stesso, e non finiscono di certo con l'ultimo, splendido "Cavaliere Oscuro"). Perché questo film fa storia a sé. Un adolescenziale scorcio eroico. Una perla di freschezza nel mare delle produzioni fanta-fumettare tanto care al business hollywoodiano. Un "giovanotto", insomma. Che come tutti i ragazzi conserva dubbi e paure. Guarda dirimpetto, ma ha lo sguardo perso. È una cosa che fanno i giovani, questa. Convinti dei proprio mezzi, poi si trovano spaesati di fronte al mondo vero. Raimi, questo, l'ha messo in immagini benissimo. E l'ha fatto attraverso uno di quei personaggi che praticamente tutti quanti conosciamo, il che rende l'impresa ancora più difficile.
Vedere "Spider Man 2" è, complessivamente, anche un modo per capire dove sono andati a parare i supereroi di carta di quell'America che tanto abbiamo fagocitato, ogni mese in edicola, fino a non molto tempo fa, quando si era ragazzi e quei colori sgargianti ci facevano sentire bene.
cast:
Tobey Maguire, Kirsten Dunst, James Franco, Alfred Molina, Rosemary Harris, J.K. Simmons
regia:
Sam Raimi
titolo originale:
Spider-Man 2
distribuzione:
Columbia Pictures
durata:
123'
produzione:
Sony Pictures Entertainment
sceneggiatura:
Alfred Gough, Miles Millar, Michael Chabon, Alvin Sargent
fotografia:
Anette Haellmigk, Bill Pope
scenografie:
Neil Spisak
montaggio:
Bob Murawski
costumi:
James Acheson, Gary Jones
musiche:
Danny Elfman