Il cinema che riflette sul teatro, ma soprattutto sulla condizione dell’attore e sul tema della finzione, costituisce il focus di "Romeo è Giulietta", il nuovo film di Giovanni Veronesi, con un titolo che vorrebbe depistare lo spettatore. Sergio Castellitto impersona Federico Landi Porrini, un burbero regista teatrale non più sulla cresta dell’onda, ma che dovrebbe ancora avere il fiuto per selezionare adeguatamente gli interpreti della sua ultima fatica, ovvero il celeberrimo capolavoro shakespeariano. Personaggio scisso e in parte caricaturale perchè poco disposto nella sfera lavorativa a rinunciare alla narcisistica autoreferenzialità che gli deriva da una lunga esperienza, ma sostanzialmente fragile nelle relazioni socio-affettive, Landi Porrini già di per sè interroga lo spettatore sul discrimine tra realtà e finzione in quanto egli stesso personaggio emblematico ben prima dei personaggi del dramma che vorrebbe, sotto la sua guida, portare sulla scena. I primi piani sul suo vigile sguardo e sulla sua attenzione nel cogliere le sfumature vocali nel corso dei casting cui sovrintende stridono con il suo disagio esistenziale, tutto declinato in un presente fatto di precarietà affettive, prima che lavorative. La sua burrascosa relazione con Lori (Maurizio Lombardi), un po’ amasio e un po’ paggio, alla maniera del Karl di "Peter von Kant", così come il velleitario approccio all’attore Otto Novembre (sotto cui si cela in realtà Vittoria, un’attrice che si finge maschio) smascherano il lato oscuro del regista teatrale mettendone a nudo le debolezze. Landi Porrini vive una condizione edipica in quanto possiede l’acutezza d’ingegno per cogliere le qualità dei suoi attori, ma è privo della risonanza emotiva dei suoi gesti, delle sue parole. Conosce l’esteriorità, ma non la profondità della natura umana. Sulla falsariga di questo doppio binario saranno perciò gli attori a decretare il successo del regista e non viceversa. Vittoria è l’attrice che come detto sopra cela la propria identità: con la complicità della truccatrice Clara (una sempre spigliata Geppi Cucciari) il suo piano è quello di giocare al momento giusto un tiro mancino al regista, reo di averla ingiustamente scartata dal casting. È qui che la riflessione sul tema della finzione diventa ancor più interessante: il principale personaggio femminile recita in scena con il regista e fuori scena coi genitori e col fidanzato Rocco, giacchè non può rivelare il proprio piano.
Da tutto ciò è evidente come la tragedia di Shakespeare costituisca solo la scorza esteriore di un frutto che per essere gustato va addentato molto più in profondità. Il film di Giovanni Veronesi ha molte più affinità con i testi metateatrali pirandelliani e con la riflessione sulle inquietudini extra scaenam di chi lavora nel mondo del teatro, come nel recente biopic "Prima danza, poi pensa – Scoprendo Beckett". Pur rinunciando ai flashback, la costruzione dei personaggi principali è abbastanza coerente ed essi ci appaiono tutt’altro che stilizzati o di maniera. Meno riuscita la caratterizzazione di quelli secondari, eccezion fatta per la nonna, nella funzione di aiutante (Margherita Buy). E il fatto che Clara sia anche lei un’ex attrice costituisce un altro tassello utile a delineare il quadro dell’universo attoriale, questa volta quello fatto di poche battute ma improntate all’esperienza.
"Romeo è Giulietta" costituisce un deciso passo avanti rispetto ad altre prove registiche di Veronesi, soprattutto per l’ambizione, ben riposta, di non accontentarsi del film facile che, poco o niente aggiungendo a un soggetto arcinoto, è costretto a vivere di qualche residuale gag degli attori, come accadeva in “Moschettieri del re – La penultima missione” (2018). Parimenti, sempre rispetto a opere precedenti, come "L’ultima ruota del carro" (2013), grazie all’impeccabile interpretazione di Sergio Castellitto, la capacità di partire da un soggetto apparentemente lontano e di farne materia viva per una riflessione metateatrale a tratti anche scomoda del microcosmo degli attori è una buona ragione per essere ulteriormente ottimisti circa il prosieguo della carriera del regista toscano. Lo studio e la recita di un dramma shakespeariano diventa così un’occasione per squarciare il velo dell’indifferenza sulla difficile condizione di tanti giovani eppure talentuosi attori, un po’ sulla scia delle rivendicazioni d’oltreoceano che hanno recentemente scosso il mondo della settima arte. Per quanto invece riguarda le debolezze del film, vanno annoverati alcuni aspetti della trama, come la verisimiglianza del mascheramento di Vittoria, soprattutto agli occhi di Rocco, il ragazzo. Non sempre azzeccate risultano poi le scelte legate alle musiche, che talvolta tendono a coprire sequenze propriamente teatrali, in cui la parola dovrebbe invece godere del diritto all’esclusività.
cast:
Sergio Castellitto, Pilar Fogliati, Geppi Cucciari, Maurizio Lombardi, Domenico Diele, Margherita Buy, Alessandro Haber
regia:
Giovanni Veronesi
titolo originale:
Romeo è Giulietta
distribuzione:
Vision Distribution
durata:
105'
produzione:
Indiana Production, Capri Entertainment, Vision Distribution
sceneggiatura:
Giovanni Veronesi, Pietro Valsecchi, Pilar Fogliati,
fotografia:
Giovanni Canevari
scenografie:
Veronica Rosafio
montaggio:
Patrizio Marone
costumi:
Gemma Mascagni
musiche:
Andrea Guerra
Scartata in modo sprezzante durante un casting per il dramma "Romeo e Giulietta", la giovane attrice Vittoria decide di travestirsi da uomo e ripresentarsi per dare prova della propria abilità. L'ormai anziano regista non la riconosce e le affida la parte di Romeo. Nel frattempo anche Rocco, il ragazzo di Vittoria e attore in cerca di fortuna, viene scritturato per la parte di Marcuzio.