La fama del film, che agli inizi dello scorso decennio contribuì a far parlare qualcuno del, ennesimo, rinascimento del cinema di genere italiano, è determinata in primis dalla totale mancanza di budget, la quale però viene sfruttata dal regista udinese per concentrarsi sulla componente atmosferica, da quel momento focus privilegiato delle sue regie (ma in realtà già dal corto "Smoke Allucination" del '98, diretto anticipatore di "Radice quadrata di tre"). Nonostante la scarsa qualità della fotografia di intere sezioni (il digitale era ancora uno strumento di registrazione di serie b), la recitazione amatoriale di quasi tutti gli attori (ad eccezione, fortunatamente, dei giovani protagonisti che difatti torneranno nei successivi film di Bianchini) e la apparente gratuità di molte delle svolte narrative il film riesce a omaggiare l'horror italiano degli anni 70 (Argento sopra tutti) con suggestioni moderne (i frammenti found footage), arrivando a sposarne lo stesso sprezzo del ridicolo per quanto concerne la macchinosità della strutturazione narrativa.
Se la concentrazione dell'attenzione su dettagli microscopici, enfatizzati spesso da appositi ralenti, e taluni modelli figurativi richiamano Fulci e il regista romano, l'utilizzo dello spazio riecheggia talvolta, con le evidenti differenze di mezzi e stile, i dolly kubrickiani, anche se forse il mezzo stilistico più interessantemente adoperato è la soggettiva. Essa viene fin da subito utilizzata per identificare il punto di vista degli agenti del Male ("Rosemary's Baby" docet) e così finisce per connotare inevitabilmente ogni punto di vista peculiare, ogni carrello laterale o a seguire non convenzionale, come un potenziale inseguitore, sottolineando in modo efficace la natura mentale della persecuzione degli sfortunati ragazzi e al contempo rendendosi un astuto mezzo per instillare paura nello spettatore. Perché "Lidrîs cuadrade di trê" (che, vale la pena ricordarlo, è recitato prevalentemente in friulano) è in primo luogo un horror e, sorvolando sulle sue debolezze tecniche, risulta perfettamente efficace come puro dispositivo emotivo.
La più grande, reale, debolezza del primo lungometraggio di Lorenzo Bianchini non è difatti determinata dalla minuscola entità del budget, né dalla mancanza di esperienza del regista e sceneggiatore (in effetti di volta in volta didascalico o criptico seppur mai senza compromettere l'esperienza) ma dall'ambizione, evidente qui più che in tutto il cinema del friulano e concretizzatasi nella già citata configurazione labirintica della trama, muoventesi, come tipico del regista, fra diversi contesti spazio-temporali e mentali. Oltre a Kubrick e Polanski il cineasta guarda chiaramente a Lynch, specialmente alla sua "Lost Highway", per rendere mentali gli ambienti concreti in cui si svolge la vicenda raccontata e d'altronde simile è l'enfasi sulla malvagità celata nel cuore della sonnacchiosa provincia (e al riguardo vi è una succosa citazione a "Velluto Blu"). Laddove il regista americano opta per completare l'astrazione dello spazio-tempo e disperdere quindi le ricerche (tema sempre al cuore del cinema bianchiniano) dei suoi eroi in un irresoluto labirinto psichico, Bianchini rimane sospeso, come la sua narrazione, fra la concretizzazione di un convenzionale, per quanto affascinante, horror e gli abissi concettuali di quel cervello-labirinto presente nell'introduzione. Abbassando il tiro e concentrandosi maggiormente sulla compattezza della trama il regista udinese realizzerà un film migliore già col successivo "Custodes Bestiae", riprendendo poi nei film seguenti la sua tendenza all'astrazione e al minimalismo, a riprova che il valore (la necessità ?) del labor limae al cinema non è legato solo ai grossi budget. Come la qualità, d'altronde Bianchini docet.
cast:
Alex Nazzi, Massimiliano Pividore, Tomas Marcuzzi, Gianfranco Genovino, Alberto della Piana, Valentino Roiatti
regia:
Lorenzo Bianchini
titolo originale:
Lidrîs cuadrade di trê
distribuzione:
Centro Espressioni Cinematografiche
durata:
97'
produzione:
Lorenzo Bianchini
sceneggiatura:
Lorenzo Bianchini, Renzo Pituello
fotografia:
Ivan Scialino
montaggio:
Lorenzo Bianchini
musiche:
Flavio Zanon, Adriano Giacomini