Le fiabe dicono più che la verità.
E non solo perché raccontano che i draghi esistono,
ma perchè affermano che si possono sconfiggere
G.K. Chesterton (citato da N. Gaiman)
Robbie è cresciuto in mezzo alla feccia di Glasgow. Suo padre era feccia, lo è suo fratello, lo sono tutti i suoi amici, lo è lui che entra e esce dal carcere per crimini violenti e insensati. Ma adesso che sta per diventare padre e che per una volta riesce a rimanere fuori dal carcere capisce che deve dare una svolta netta. Con il gruppo di sbandati con cui svolge lavori socialmente utili elabora quindi un piano di fuga dalla vita come l'ha vissuta fino ad adesso.
Il protagonista (Paul Branningan, speriamo di rivederlo), smilzo e violento ma intelligente, con una lunga cicatrice sulla faccia ("E' tutto quello che vedono di me, specialmente ai colloqui di lavoro") è un personaggio dalla cui parte si sta volentieri, ma lo stesso è vero per tutta le deandreiana banda di cleptomani e alcolizzati a cui deve badare il simpatico assistente sociale Harry. E sarà Harry, con la sua passione per il whisky, a dare involontariamente a tutti una possibilità per provare a uscire dal destino a loro assegnato, o almeno per vivere bene per un pò. Scegliendo al solito volti sconosciuti (tranne uno) e uno stile di recitazione non marcato Loach da' la sensazione che non si tratti di personaggi tridimensionali o sfaccettati, ma di personaggi reali.
Loach si dissocia nuovamente dal vizio del cinema d'autore di flagellare lo spettatore, con un riuscito equilibrio di dramma e commedia (del resto nel film precedente avevamo il fantasma di Cantona...). Così come per le fiabe, è importante che i film ci mostrino che i draghi si possono sconfiggere, che non si esca dal cinema chini e senza speranza (come può capitare nel magistrale ma soffocante "Amour"). Non ci riferiamo agli insopportabili lieto fine conciliatori alla "Forrest Gump", ma agli squarci di possibilità, lo sguardo verso l'alto del protagonista de "La schivata", gli inserti musicali di "Dancer in the Dark", le visioni di Malik in "Il profeta". L'anno scorso abbiamo avuto due splendidi esempi di film duri, volendo spietati, ma luminosi, in "Il ragazzo con la bicicletta" e "Miracolo a le Havre", quest'anno il meraviglioso "La guerra è dichiarata". Senza raggiungere tali vette, "La parte degli angeli" si colloca in questo filone.
Molto dell'equilibrio tra denuncia e leggerezza sta ovviamente nella sceneggiatura: c'è il carcere usato come strumento di controllo sociale, ma c'è anche qualche giudice umano, i pestaggi capitano ma con un pò di fortuna (e velocità e determinazione) si possono anche evitare. Soprattutto ci sono persone che decidono di dare a Robbie una chance. Anche in regia Loach innesta sulla usuale sobrietà del suo stile alcune soluzioni in grado di colpire con efficacia lo spettatore (anche se le colonne sonore continua a non gestirle bene). Fin dalla doppia sequenza iniziale abbiamo una vera e propria doccia scozzese passando dalle risate alla rabbia prima che finiscano i titoli di testa. Loach mette in chiaro che non siamo di fronte al dramma sociale nè alla commedia pura. Nel film (come nella vita) ci sono momenti veramente duri come l'incontro di Robbie con una sua ex vittima che è uno dei picchi del film, anche nella messa in scena del flashback. Come nella vita però, questi momenti si alternano al divertente e all'assurdo, condensati nel riuscito personaggio di Albert, un deficiente totale che però è parte integrante della banda come jolly, (anche se c'è chi non capisce perchè lo tengano con loro...). Il film comprende la violenza delle degradate periferie post-industriali e la Scozia dei paesaggi incantati, del whisky e dei kilt, vissuta dagli scozzesi stessi con estrema ironia, prendendo in giro tanto sè stessi quanto i turisti a caccia di emozioni alla Braveheart. In uno scambio di battute molto significativo, quando la banda dei servizi sociali deve presentarsi ad una occasione importante si dicono (cito a memoria): "Guardiamoci, siamo tutti vestiti sempre in tuta da ginnastica, è chiaro che siamo della feccia" "E se ci mettiamo eleganti sembra che stiamo andando in tribunale" "Beh allora mettiamoci il kilt, almeno sembreremo solo dei ridicoli montanari" "Ottima idea!"
E' un film consigliato non solo ai fan di Loach, ma anche a chi lo ha apprezzato in passato ma l'ha perso ultimamente di vista, e soprattutto a chi crede che i film di questo tipo siano noiosi e pessimisti. Il premio della giuria a Cannes è stato un po' eccessivo? Forse, ma non si vede perchè debbano sempre piovere pietre...
cast:
John Henshaw, Paul Brannigan
regia:
Ken Loach
titolo originale:
Angel's share
distribuzione:
Bim Distribuzione
durata:
106'
produzione:
Sixteen Films, Wild Bunch
sceneggiatura:
Paul Laverty
fotografia:
Robbie Ryan
scenografie:
Fergus Clegg
montaggio:
Jonathan Morris
musiche:
George Fenton
Robbie è cresciuto in mezzo alla teppaglia di Glasgow. Suo padre era teppa, lo è suo fratello, lo sono tutti i suoi amici, lo è lui che entra e esce dal carcere per crimini violenti e insensati. Ma adesso che sta per diventare padre e che per una volta riesce a rimanere fuori dal carcere capisce che o svolta adesso o mai più. Con gruppo di sbandati con cui svolge lavori socialmente utili elabora quindi un piano di fuga dalla vita come l'ha vissuta fino ad adesso.