Si odora avventura piratesca in "Il mostro dei mari" fin dai primissimi movimenti di macchina: veloci panoramiche che affiorano da sotto il pelo dell’acqua e volano attorno a velieri agghindati per la caccia ai mostri marini. Chris Williams fa da traghettatore di questa produzione Netflix-Sony, portando il suo know-how fuori dalla Disney dopo circa 23 anni, in cui cominciò dapprima come storyboard artist in "Mulan" (1998), e continuò come leva del nuovo, difficoltoso, corso 3D di Disney, dirigendo "Bolt" (fu chiamato John Lasseter da Pixar come executive!) e poi "Big Hero 6" (pettegolezzi: soffiò l’Oscar a "La storia della principessa splendente" nel 2014). Insomma, un veterano del blockbuster d’animazione con una nomea mica da poco e con l’amore per l’avventura il quale Netflix ruba alla concorrenza, mettendogli in mano la forza produttiva di Sony Pictures Imageworks; e di Sony, della sua silenziosa ma prorompente presenza tra le big animation factories, accennammo in coda alla recensione di "I Mitchell contro le macchine".
Sullo sfondo d’età Vittoriana fantastica, si muovono selezionati cacciatori di mostri dalla Corona che infuriano da generazioni in una guerra uomo-mostro narrata e idealizzata nei libri di storia: i cacciatori sono gli eroi del Regno, mentre i mostri imperversano nei mari.
Un film d’avventura, piratesco e smaccatamente d’azione che colpisce per il dettaglio visivo. "Il mostro dei mari" difatti straripa di elementi a schermo che vanno dal sartiame dei velieri, alle borchie e cinghie dei vestiari fino al mix di sfondi curatissimi tra città, foresta e mare. L’approccio alla palette è quello di far risplendere i cromatismi, di accendere i colori primari di toni vibranti senza tuttavia lesinare sul realismo. In questo senso il design curato e virato al realismo dei personaggi umani si contrappone alla semplicità dei mostri a cominciare dalla mancanza di micro-dettagli, riuscendo in una crasi tra gli stili e scongiurando l’effetto plastico dei due accostamenti: siamo lontani dall’accuratezza della fauna di "Dragon Trainer", preferendogli un’essenzialità che permette ai mostri di riempire lo schermo in maniera dinamica.
Frequente è infatti la verticalità della "camera" che si sposa alla perfezione con l’intento di Williams di fare un monster movie dal ritmo serrato e dal moto continuo di acqua, vento, particellari di ogni sorta. Dichiarando lui stesso il suo amore per il "King Kong" di Guillermin1 (e soprattutto degli effetti speciali in stop-motion di Ray Harryhausen), "Il mostro dei mari" costruisce il suo nucleo tematico proprio attorno all’empatia tra uomo e animale, chiaramente ad altezza bambino il cui sguardo può sovvertire il senso della realtà, fino ad arrivare alle tematiche della propaganda e della guerra come strumenti dei potenti.
Parlando un linguaggio semplice e intuitivo, il film di Williams riesce dove "Lightyear" si ferma alla riproposizione pigra e involuta dei testi della Pixar. Pur giocando all’accumulo e non brillando per la scrittura dei personaggi, "Il mostro dei mari" promette avventura, è girato con cura e ricercatezza soprattutto nelle scene d’azione (si noti quanti shots per descrivere le coreografie a schermo) e alla fine confeziona un testo sicuramente derivativo e volutamente stereotipico (a solcare i mari c’è l’ennesimo capitano Ahab), ma classico e compiutamente inquadrato nei generi che richiama.
1 Dall’articolo di Indiewire.com
cast:
Marianne Jean-Baptiste, Jared Harris, Zaris-Angel Hator, Karl Urban
regia:
Chris Williams
titolo originale:
The Sea Beast
distribuzione:
Netflix
durata:
120'
produzione:
Netflix Animation
sceneggiatura:
Chris Williams, Nell Benjamin
montaggio:
Joyce Arrastia
musiche:
Mark Mancina