I sogni della Principessa Splendente e il suo senso per la vita
A proposito della difficile e lunga gestazione dell'opera, va aggiunto che Takahata stava meditando su una possibile trasposizione dell'
Heike Monogatari, poema in prosa del XIII secolo: al centro vi è un sanguinoso scontro tra clan, attraverso il quale poteva riflettere sul senso della vita e della morte. La storia, che non sarebbe dispiaciuta ad Akira Kurosawa, non convinceva granché il suo capo animatore e, infatti, ha finito per mettere in scena una favola, una ninna nanna. I tarli e le ossessioni che affollano la mente, lucidissima, del regista settantanovenne, sono però i medesimi e nella "Storia della Principessa Splendente" si rintracciano i classici temi adulti takahatiani, variati sotto la forma del mito. L'autore firma dunque un nuovo archetipo e, ancorandosi alla leggerezza infantile della fiaba, lo innerva delle sue tematiche predilette, addensandolo di simbolismi e metafore che non gravano sull'ariosa struttura del racconto.
Il quinto lungometraggio Ghibli di Takahata è una profonda meditazione sulle stagioni della vita, sul trauma della crescita e dello spostamento, sulla diffrazione esistenziale tra la vita in campagna e la vita in città. Kaguya è un'eroina protofemminista che non si lascia incantare dalle lusinghe dell'aristocrazia urbana, agognando il ritorno all'arcadia della sua giovinezza, quando, spensierata, poteva giocare con i compagni della montagna, mentre scopriva il mondo e con esso il naturale succedersi delle stagioni. È dalla violenza dello sradicamento che nella Principessa Splendente sorgono le vere difficoltà di adattamento alla vita. A contrappunto di ciò, vi è un'analisi della società giapponese in formidabile coerenza col percorso autoriale del regista, che ha sempre toccato temi sociali e politici; la contraddizione più insanabile è quella riferibile al culto della bellezza di cui la Principessa Splendente si fa incarnazione: per essere conforme al codice nobiliare, la sua purezza deve macchiarsi, deve essere corrotta. La disamina takahatiana della sezione centrale pare avere come modello i capolavori di Kenji Mizoguchi, in particolare "La vita di O-haru - Donna galante", ribaltandone la figura e l'itinerario narrativo; stritolata dai raggelanti ingranaggi della mentalità della sua epoca, la donna perduta O-haru si barcamena di gradino in gradino, scendendo sempre più in basso nella scala della società. Alla caduta libera della protagonista mizoguchiana, Takahata oppone la netta integrità di Kaguya: il padre adottivo, consapevole della provenienza aliena della figlia, vorrebbe farne una donna del "gran mondo", così da realizzare la sua felicità alla corte imperiale. La scalata sociale della ragazza si blocca, però, dopo i primi passi, poiché rigetta i propri pretendenti arrivando a negarsi persino al Mikado - un peccato mortale, considerando che l'imperatore è per i giapponesi dio in Terra. Le regole che la imprigionano in una maglia impenetrabile di vacui gesti ne offuscano la vitalità solare, il gioioso sorriso: la Principessa viene soggiogata dalla grigia abitudine, lasciandosi vivere tramite la simulazione della felicità, con la musica del
koto opposto alla tessitura portata avanti in segreto con l'aiuto materno, o il giardino coltivato come miniatura del bosco montano.
Nello scarto dalla norma, il mutabile stile grafico lancia il film verso le vette della poesia più elevata: quando, cioè, la Principessa Splendente o altri personaggi sognano, immaginano, unica forma di resistenza e liberazione da imposizioni e da auto-imposizioni. Nella dialettica tra sogno e realtà, tra visioni a occhi chiusi e a occhi spalancati, il film verifica i moti interiori dei personaggi, in un disegno che brilla nella trasfigurazione di tutti gli ambienti, anche quando si incupisce fino a fare di Kaguya una irrequieta presenza spettrale che si sposta rapidamente attraverso le tavole sempre più astratte e lunari, inseguita dalle musiche inquiete di Joe Hisaishi;
la fantasmatica fuga della principessa dal banchetto per la sua entrata in società, causata dalla volgarità degli invitati, per tornare nella vecchia casa disadorna dell'umanità che aveva amato, il volo libero e fanciullesco col fratello oramai cresciuto, che si conclude con un tuffo al cuore, ma anche, soltanto, osservare
il debordante stupore di una bambina che muove i primi passi o la sorpresa di una nuova primavera segnata dai colori dei ciliegi in fiore, sono sequenze che faticheremo a dimenticare e che settano un'altezza emotiva raramente imitabile.