Il genere western, entrato in crisi negli anni 60 e successivamente tenuto in vita dall'esperienza italiana e dalla produzione europea, negli anni 80-90 ha visto un certo risveglio con Clint Eastwood ("Il cavaliere pallido", "Gli spietati"), Lawrence Kasdan ("Silverado", "Wyatt Earp") e Kevin Costner ("Balla con i lupi"). L'attore-regista – protagonista anche dei film citati diretti da Kasdan – ha sempre amato il genere nel profondo e quando ha avuto l'occasione si è cimentato sia davanti sia dietro la macchina da presa. Lontano dal western post-moderno alla Sam Peckinpah e da quello contemporaneo rivisitato in chiave metaforica e metacinematografica dei fratelli Coen ne "La ballata di Buster Scruggs" o "I fratelli Sisters" di Jacques Audiard (tanto per citare autori in produzioni tra le più recenti), Costner con "Horizon - An American Saga" si colloca più nella continuità del western che gli ha dato onori e gloria.
Costner scrive, produce, dirige e interpreta l'epopea della conquista del West a partire dal 1859 in cui la località di Horizon ne diventa la sineddoche: territorio vicino a un corso d'acqua, circondato da monti, in una vallata adatta per l'allevamento del bestiame e l'agricoltura, ma all'interno del territorio controllato dagli Apache che si vedono minacciati dall'arrivo degli stranieri dagli "occhi azzurri". Lo spazio geografico diventa il luogo centrale dove le diverse storie e vicende raccontate convergono in un'azione centripeta dei vari personaggi: dalla carovana di migranti guidati da Matthew Van Weyden (Luke Wilson); allo scontro dei primi coloni residenti con gli Apache; alla fuga di Hayes Ellison (Kevin Costner) e Marigold (Abbey Lee) dalla vendetta di un clan familiare del Montana.
Lo sforzo è quello di narrare la frontiera in ampi spazi. Il regista fa uso del paesaggio come sovra-interprete sia quando riprende in campi lunghi le praterie e le montagne sia quando inquadra le cittadine in cui l'urbanizzazione è appena visibile, in mezzo alla polvere, al caldo, alla pioggia e al fango. I tempi sono dilatati nella rappresentazione degli uomini e donne che compongono una coralità di personaggi le cui psicologie e i sentimenti sono al centro della narrazione non solo nelle scene statiche ma anche in quelle di azione.
Citiamo due esempi, tra le sequenze più belle, di quello che intendiamo. La prima è l'attacco dei guerrieri indiani all'insediamento dei coloni a Horizon. Nel movimento dell'azione, del combattimento, si può assistere a episodi che ampliano il respiro drammatico: la famiglia che prega nella tenda e si fa saltare in aria quando arrivano gli Apache ("chiudi gli occhi" dice la madre al figlio); il suonatore di violino che allietava i concittadini nella sala da ballo prima dell'attacco che, ferito a morte da due frecce, trattiene a sé lo strumento non lasciando che un indiano glielo prenda; il ragazzino che vede uccidere i propri genitori e scappa in una cavalcata disperata verso il forte dell'esercito inseguito da due guerrieri; e, infine, la famiglia Kittredge che cerca di difendere senza successo la propria casa e dove la madre Frances (Sienna Miller) e la figlia Diamond (Isabelle Fuhrman) si salvano grazie al sacrificio del marito e del figlio adolescente.
La seconda scena è il duello tra Hayes (Costner) e Caleb (Jamie Campbell Bower) del clan dei Sykes che avviene in una piccola cittadina del Wyoming. Caleb deve recuperare il bambino figlio illegittimo del padre avuto dalla sua amante che ha tentato di ucciderlo anni prima. Haynes sta andando a trovare Marigold, una giovane prostituta, che accudisce il bambino. La macchina da presa segue i due in un movimento sinuoso lungo il sentiero in salita che porta alla periferia del villaggio con un dialogo tra i due personaggi che crea la tensione verso il climax dello scontro a fuoco. Il duello è lento, la sparatoria è dilatata, non ci sono proiettili che uccidono all'istante, ma tutta la brutalità e l'imprecisione di un conflitto ravvicinato tra due persone.
Questi esempi fanno anche capire la complessità della vicenda, narrata con coraggio e incoscienza da Costner che ha investito tutto se stesso in prima persona in un progetto ciclopico. "Horizon" è diviso in due parti e solo questa prima pellicola dura tre ore (e sono previste altre due parti se queste avranno successo). Così, se da un lato è affascinante l'operazione di recupero di un western più classicheggiante, ispirato a un cinema fordiano di eroi forti e giusti nella difesa della famiglia e della comunità, come luogo di ordine e prosperità, e con l'innesto del punto di vista della popolazione dei nativi, che Costner aveva ampiamente rappresentato in "Balla con i lupi", dall'altro "Horizon" pecca di bulimia narrativa con una sceneggiatura che usa elissi spazio-temporali che a volte risultano scoordinate in un montaggio che non aiuta nella fluidità della visione.
Oltretutto, il finale è una sequenza di diverse inquadrature che fungono da anteprima della seconda parte che lasciano lo spettatore un po' interdetto per un storia che non ha nemmeno un finale intermedio. Insomma, per valutare fino in fondo "Horizon" bisognerà vedere anche la seconda parte. E questo avvicina l'operazione di Costner, in cui sono presenti molti stilemi televisivi, forse a un'altra fonte di ispirazione: "Alla conquista del West", serie televisiva trasmessa dal 1976 al 1979 con episodi che avevano la durata inconsueta tra i 90-120 minuti. Le avventure della famiglia Macahan e del "mitico" zio Zeb (James Arness), protagonisti dei lungometraggi televisivi, non sono molto lontane da quelle dei vari personaggi di "Horizon - An American Saga".
cast:
Kevin Costner, Will Patton, Jeff Fahey, Isabelle Fuhrman, Luke Wilson, Danny Huston, Michael Rooker, Abbey Lee, Jena Malone, Sienna Miller, Sam Worthington, Jamie Campbell Bower
regia:
Kevin Costner
titolo originale:
Horizon - An American Saga Chapter 1
distribuzione:
Warner Bros. Italia
durata:
181'
produzione:
New Line Cinema, Territory Pitcures
sceneggiatura:
Kevin Costner, Jon Baird
fotografia:
J. Michael Muro
scenografie:
Derek R. Hill
montaggio:
Miklos Wright
costumi:
Lisa Lovaas
musiche:
John Debney