i fratelli sisters
Notte sulla pianura. In campo lunghissimo vediamo accendersi dei lampi e subito dopo odiamo delle esplosioni, suggerendoci che da qualche parte nell'oscurità si sta svolgendo uno scontro a fuoco. Inizia con una suggestiva asciuttezza "The Sisters Brothers", primo film in lingua inglese di Jacques Audiard, la cui regia è stata insignita del Leone d'argento alla 75ª Mostra del cinema di Venezia. I protagonisti interpretati dagli ottimi (anche per alchimia) John C. Reilly e Joaquin Phoenix sono due sicari al soldo del Commodoro, uno degli uomini più potenti dell'Oregon, per il quale eliminano avversari, traditori e seccature. Ai due fratelli, Eli e Charlie, viene assegnato il compito di raggiungere in California Morris (Jake Gyllenhal), un detective sulle tracce di un cercatore d'oro, Warm (Riz Ahmed), che, non si sa bene come, ha commesso uno sgarro nei confronti del Commodoro. In realtà, Warm è un chimico che ha scoperto una formula per reperire più facilmente l'oro lungo i corsi d'acqua e il boss dei fratelli Sisters gliela vuole sottrarre con la forza.
"The Sisters Brothers" inizia come un western postmoderno con delle attinenze con l'operazione catalogatoria dei
Coen di "
The Ballad of Buster Scruggs". Il primo atto del film si connota per una rielaborazione ironica di
topoi classici: i pistoleri in viaggio, il rapporto tra i due fratelli caratterialmente diversi (Charlie alcolizzato e rissoso, Eli riflessivo e gentile), la missione che si sviluppa attraverso le peripezie di un percorso a tappe. I dialoghi, sovente troppo autocoscienti per appartenere a due killer di metà Ottocento, sembrano provenire dalla commedia d'autore francese e Audiard li adopera per incrinare la granitica determinazione dei personaggi del western che, come eroi omerici, dovrebbero compiere il proprio destino su una strada stabilita dal Fato.
Nel secondo atto, infatti, la narrazione compie uno scarto che dà il La a derive imprevedibili: nel momento in cui entrano in scena Morris e Warm, che compiono, da par loro, un viaggio iniziatico, la coppia principale viene raddoppiata, fino all'inevitabile incontro tra i quattro protagonisti. L'aspetto maggiormente aderente al genere trattato dal regista del "
Profeta" è indubbiamente l'amicizia virile, con il corollario
bromance del duo Morris e Warm e l'ironia sul
machismo dei pistoleri, suggerito dal rapporto tra i due Sisters, in cui il maggiore si occupa di Charlie come una madre (o sorella) farebbe col figlio scapestrato.
Jacques Audiard si confronta dunque con la mitologia americana per eccellenza, declinando il western in una forma anomala e fortemente autoriale. Innervato da una buona dose di umorismo nero e violenza, il regista cattura precocemente i presagi del crepuscolo del mito della frontiera, l'avvento della modernità che sostituirà definitivamente l'avventura quale dialettica romantica io-mondo-natura, a favore dell'avventura d'impresa, del calcolo capitalistico.
La
quest, decisiva per l'esplosione in vari rivoli del racconto che, sbandando, si squaderna come su una rincorsa ad oltranza, apparentemente senza meta, pare richiamare alla memoria gli anti-western di Monte Hellman ("La sparatoria", "Le colline blu") dove a essere in gioco era l'identità e l'umanità dei personaggi. È questo terreno fertile che Audiard coltiva, calandovi le dinamiche relazionali e psicologiche dei quattro protagonisti che sono alla scoperta di un orizzonte più vasto: in tal senso, il candido Warm, il quale vorrebbe trovare un filone aurifero per investire le ricchezze nella fondazione di una comunità aperta, inclusiva e democratica è foriero di un'utopia che il rozzo Charlie non riesce compiutamente ad afferrare. Un sogno che, però, affascina tutti, anche Eli, il quale ha già maturato l'idea di cambiare vita, dubitando del loro operato e stanco della scia di sangue lasciata dietro di sé - per la delusione del fratello più giovane che ha regolato la sua esistenza assecondando la predestinazione dell'essere figlio di un uomo alcolizzato e violento. E da tale angolazione, è possibile rilevare come la spina dorsale di "The Sisters Brothers" appartenga alla visione del mondo dell'autore, i cui protagonisti subiscono il richiamo di una violenza ancestrale (ci si ricordi dell'ultima furibonda parte di "
Dheepan - Una nuova vita").
I due fratelli Sisters attraversano le varie fasi dell'intreccio non solo subendo trasformazioni fisiche e umane, ad esempio vediamo Eli riprendersi quel ruolo di fratello maggiore di cui era stato espropriato da Charlie, dopo che questi aveva ucciso il loro padre, ma modificando il contesto col quale interagiscono. Eli e Charlie sono degli ossimori viventi, inconsci portatori di catastrofi, che rendono il racconto un palinsesto continuamente da ricodificare, dove la
wilderness dell'immaginario western entra in rotta di collisione con la civiltà moderna. "Tutto sta cambiando", ripetono i personaggi, e allora il grande gioco del cinema cambia il verso della Storia, ricalibrando la prospettiva sulla realtà e ridefinendo i codici morali: quando gli inseguimenti a cavallo diventano giochi da ragazzi e il duello catartico viene eluso, non resta che tornare bambini riconquistando il calore e l'innocenza del focolare domestico. Al crepuscolo del western, si scorge l'alba di una umanità nuova.
01/05/2019