Il cinema di Gianni Amelio si distingue per un’attenzione alla descrizione dei personaggi inseriti all’interno di un periodo storico-sociale determinato e agli impatti dei cambiamenti prodotti dal tempo nel tessuto della società. Questa caratteristica è preponderante nelle sue opere più riuscite, come, ad esempio, “Così ridevano” con cui vinse la Mostra Internazionale di Venezia nel 1998. La storia di due fratelli, che da un paese del sud emigrano nella Torino degli anni 50, oltre a essere un affresco storico, è un percorso umano di due ragazzi che affrontano i mutamenti imposti dall’esterno con reazioni differenti.
Amelio è attento all’analisi sociale. Fin dalla sua prima pellicola, “Colpire al cuore”, in cui affronta gli anni del terrorismo in Italia partendo da un episodio minore, per passare a “Il ladro di bambini”, sulla sofferenza della violenza e solitudine dell’infanzia maltrattata, e ad arrivare a “Lamerica”, sui primi flussi migratori dall’Albania, oppure al recente “L’intrepido”, sulla precarietà del lavoro contemporaneo, il regista calabrese ha narrato quasi sottovoce piccole storie di individui che si confrontano con la contemporaneità oppure grandi eventi epocali. Amelio ha sempre curato la scrittura delle storie, dove le immagini prendono corpo e forma attraverso le parole di personaggi cesellati nel dettaglio delle conflittualità psicologiche.
L’ultima sua fatica, “Hammamet”, affronta la figura di Bettino Craxi, uomo politico italiano, segretario del Partito Socialista e Presidente del Consiglio negli anni 80, in quell’Italia che usciva dalla crisi degli anni di Piombo e che appariva come una nazione ricca, in cui Milano era la capitale morale e finanziaria di un paese che si confrontava sullo scenario internazionale in piena Guerra Fredda. Ma tutto questo in “Hammamet” non c’è. O meglio è solo accennato oppure implicito.
Nella sceneggiatura di Amelio il nome di Craxi non è detto nemmeno una volta, così come quelli degli altri personaggi che sono citati per titoli generici. Egli stesso è chiamato “Presidente” oppure papà dalla figlia che lo accudisce nel suo eremo, solo e malato, dopo aver abbandonato l’Italia a seguito dello scandalo di “Mani pulite” – le indagini e i processi conseguenti per corruzione e finanziamenti illeciti a un’intera classe politica – che determinò la fine della Prima Repubblica nel 1992, la scomparsa dei partiti di massa e l’inizio dell’era berlusconiana.
Già questa scelta lascia un sentore di ambiguità nella messa in scena di “Hammamet”. Nell’incipit viene ripreso il discorso di Craxi che fece al congresso del partito all’ex fabbrica di Ansaldo a Milano nel ’89. E subito dopo il colloquio con il personaggio, che rappresenta Vincenzo Balzamo segretario amministrativo, che lo avvisa della crisi imminente del sistema, il resto del film è tutto ambientato nella casa di Hammamet, in cui si assiste all’isolamento e alla caduta di un uomo potente, sconfitto, ma non piegato. A differenza di Paolo Sorrentino, ad esempio, che con “Il divo” prima – sulla figura di Giulio Andreotti – e con “Loro 1” e "Loro 2" poi – su quella di Silvio Berlusconi, Amelio non storicizza, evita di contestualizzare sia dal punto di vista storico e sia di quello della pura cronaca, focalizzandosi esclusivamente sulla figura dell’uomo e del suo rapporto particolare ed esclusivo con la figlia, dal sapore di tragedia greca.
Se poi Paolo Sorrentino sceglieva una chiave grottesca e uno stile pop e postmoderno nella messa in scena, Amelio punta tutto sulla recitazione di Pierfrancesco Favino che non interpreta Craxi ma è Craxi. Favino va oltre il mimetico e il ricalco del personaggio e arriva alla clonazione senza distinzione alcuna tra il reale e l’immaginifico. Quindi perché scegliere una figura come quella del politico italiano? Se vuole affrontare la decadenza della società di oggi parlando del passato, Amelio fallisce nell’istante in cui rinuncia a qualsiasi necessaria storicizzazione, dal momento che le giovani generazioni non conoscono le vicende di quegli anni. Anche se il tema non fosse politico, ma rappresentazione tragica della caducità del potere, anche in questo caso scegliere un personaggio come Craxi – nel ventennale della sua morte – si può trasformare in un’agiografia eroica dell’uomo solo contro il sistema (che, tra l’altro, ha contribuito in prima persona a creare).
La direzione degli attori poi si riduce alla mostruosa performance di Favino, mentre tutti gli altri personaggi restano in secondo piano, relegati ai margini, transitori all’interno dello spazio scenico in cui il protagonista compie lunghi monologhi anche quando questi sono mascherati da dialoghi (con i figli, gli ospiti). Così anche la grande prova attoriale di Favino si trasforma in un esercizio sterile e da laboratorio attoriale avulso dal contesto della narrazione (come non accadeva, ad esempio, con Toni Servillo che interpreta Andreotti ne “Il divo”, oppure come riusciva Gary Oldman con Winston Churchill ne “L’ora più buia” di Joe Wright).
Stilisticamente Amelio sceglie una terza via quasi onirica, rafforzata dalle due sequenze finali poco prima della morte di Craxi, con l’incontro con il padre e poi in un teatro di avanspettacolo. Metafore di decadimento che invece di apparire kitsch – e avrebbero potuto avere un senso fool nella tragedia - risultano pacchiane. Così come il confronto con il giovane traumatizzato, figlio di Balzamo, personaggio inventato e rappresentante quella generazione che ha perso coscienza politica dopo la scomparsa delle proprie radici storiche e culturali. Per soprassedere a simbologie forzate come quella di Craxi vicino a un carro armato distrutto, inquadrato sotto la canna puntata all’orizzonte, emblema fallico decaduto e rottamato.
Insomma, “Hammamet” manca il bersaglio dal punto di vista storico, esprime malamente uno stile dal sapore di cinema di retroguardia, s’impantana narrativamente in citazioni surreali che appesantiscono la visione e dissolvono il registro tragico. Invece dello spazio-metafora (Hammamet), resta, alla fine, solo il corpo-simbolo (Craxi) di un Favino in cui tutto il film implode.
cast:
Pierfrancesco Favino, Livia Rossi, Alberto Paradossi, Claudia Gerini, Renato Carpentieri
regia:
Gianni Amelio
titolo originale:
Hammamet
distribuzione:
01 Distribution
durata:
126'
produzione:
Pepito Produzioni, Rai Cinema, Minerva Pictures
sceneggiatura:
Gianni Amelio, Alberto Taraglio
fotografia:
Luan Amelio Ujkaj
scenografie:
Giancarlo Basili
montaggio:
Simona Paggi
costumi:
Maurizio Millenotti
musiche:
Nicola Piovani