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recensione di Claudio Fabretti
7.0/10

E al terzo tentativo Kenneth Branagh riuscì a trovare la quadratura del cerchio. Ormai indefesso esegeta dell’opera di Agatha Christie, il regista di Belfast (città e film omonimo) sembrava incapace di riuscire ad apportare un tocco personale alle opere della Signora in giallo. Va anche detto, a sua parziale discolpa, che i primi due esperimenti lo avevano visto al cospetto di due autentici totem della letteratura gialla, già pluri-rivisitati sul grande schermo, ai quali era difficile donare nuova linfa. Se “Assassinio sull’Orient-Express” giocava con un intrattenimento alla Cluedo, imbastendo un lussurioso adattamento retrò, decisamente tronfio e artefatto, attorno a un cast corale all star (Penélope Cruz, Willem Dafoe, Judi Dench, Johnny Depp, Olivia Colman e Michelle Pfeiffer, tra gli altri), nel successivo “Assassinio sul Nilo”, Branagh era riuscito quantomeno a introdurre elementi di modernità nel canovaccio classico della Christie, svelando la falsità e l’ipocrisia dell’aristocrazia neocoloniale britannica e mettendo a nudo le inquietudini di un Hercule Poirot dal volto più umano rispetto all’arrogante e vanesio detective ideato dalla scrittrice di Torquay. Entrambi i tentativi, però, restavano imbrigliati in un’eccessiva patinatura e in un calligrafismo un po’ pigro (tra le principali accuse rivolte a Branagh dai suoi velenosissimi hater), con pochi guizzi e inventiva. Problemi che tuttavia non avevano sfiorato più di tanto il pubblico, che era accorso in massa nelle sale tributando un consistente e non scontato successo commerciale ai due film.

Rinfrancato forse anche da questi incassi, per la terza prova, Branagh si concede molte libertà in più. E, a conferma che il suo talento è sempre stato fuori discussione, riesce a cambiare registro, forgiando il suo adattamento più personale dell’opera della giallista inglese. Peculiare è già la scelta del libro, non più un classico, ma un romanzo “minore” della saga del baffuto investigatore belga, ovvero “Poirot e la strage degli innocenti” (“Halloween party”), tradotto in “Haunting in Venice” - e in Italia, al solito più banalmente, “Assassinio a Venezia”. Assai meno roboante è anche il cast in cui, a parte Mister Cinquanta Sfumature Jamie Dorman, trovano posto attori mediamente meno conosciuti, come Camille Cottin (nota soprattutto per la serie tv “Call My Agent”) e Kelly Reilly, attrice britannica raramente vista dalle parti di Hollywood, oltre a Michelle Yeoh, Tina Fey e un ingessato Riccardo Scamarcio, che farà contento Favino ma risulterà alla fine proprio il più debole del lotto, nei panni dell’improbabile bodyguard Vitale Portfoglio. Ne scaturisce, in ogni caso, un casting più credibile ed efficace, con buone interpretazioni e discreta “chimica” tra i protagonisti, in cui svetta una frizzante Tina Fey, ideale “spalla comica” di Poirot.

Ma lo strumento che Branagh riesce a utilizzare meglio, in definitiva, è proprio la location: una Venezia fosca, piovigginosa, cupa e gotica, ambientazione ideale per una storia che da gialla si fa rapidamente thriller sconfinando a tratti nell’horror, come da prassi cinematografica di questi tempi di ibridazioni quasi obbligate. Il regista nordirlandese non rinuncia certo a sfruttare la sconfinata bellezza della Serenissima, tra grandangoli e rapidi movimenti di macchina sui tetti di Piazza San Marco, nelle tenebre notturne dei canali o tra le maestose stanze dei palazzi (Palazzo Pisani, la Scala Contarini del Bovolo, la chiesa dei Miracoli e la zona dei rii e Palazzo Malipiero, tra gli altri). Ma non è la solita Venezia da cartolina: come immersa in una Tempesta shakespeariana (riferimento mai casuale quando c’è di mezzo Branagh), la città lagunare appare anche stravolta, sfigurata, tra acquazzoni minacciosi, onde che abbattono i pali, palazzi dalle fondamenta fradice avvolti nella nebbia, cantine in cui brulicano i topi e guano di piccione sui campanili. Un immaginario horror che ben si presta a un racconto nel quale il regista si prende ulteriori licenze, costruendo un adattamento solo in parte fedele al romanzo originale.

La storia prende spunto da un classico cliché giallo: l’investigatore stanco, in odor di pensione, che suo malgrado finisce coinvolto in un altro caso da risolvere. Nella fattispecie, un annoiato e arrugginito Hercule Poirot si concede una vacanza a Venezia, affidando addirittura a una guardia del corpo (il suddetto Scamarcio) il compito di allontanare questuanti e follower dell’epoca, desiderosi di misurare il suo “infallibile fiuto” con le loro vicende personali. Cionondimeno, su iniziativa dell’amica romanziera Ariadne Oliver (Tina Fey), l'ineffabile investigatore si troverà ospite al palazzo dell'ex-cantante lirica Rowena Drake (Kelly Reilly) infestato dallo spirito della figlia Alicia morta suicida poco tempo prima e addirittura al centro di una seduta spiritica guidata dalla medium Joyce Reynolds (un’ipnotica Michelle Yeoh) per comunicare con la defunta e scoprire le cause del decesso. Una vicenda che metterà alla prova le inossidabili convinzioni scientifiche del detective, in una notte di Halloween del 1947 affollata di misteri, nuovi delitti e avvenimenti paranormali, con tanto di spiriti di fanciulli che vagano per le stanze e canticchiano dalle pareti. Sullo sfondo, una catena di eventi luttuosi passati e la leggenda di una presunta “maledizione dei bambini”, decisi a vendicarsi di infermiere e medici che li lasciarono rinchiusi a morire in quelle stesse stanze.
La dimora maledetta diverrà quindi la più classica ambientazione per un giallo da camera dai risvolti noir hitchcockiani in cui tutti, al solito, saranno sospettati e niente sarà come appare.

Trovando valido supporto nelle musiche suggestive di Hildur Guðnadóttir (Premio Oscar per “Joker”) e nel montaggio in stile horror di Lucy Donaldson, Branagh riesce a dettare un buon ritmo alla pellicola, dando sfogo al suo estro attraverso jump scare, inquadrature dall’alto, carrelli, rapidi passaggi di macchina da un protagonista all’altro e primi piani che quasi distorcono ambienti e personaggi. Perché in definitiva sono questi ultimi, più che la storia gialla in sé, a stare a cuore al regista di Belfast. A cominciare dal protagonista, un sempre più tormentato Poirot che nella sua insolita versione “anglo-belga” sembra smarrire progressivamente le certezze, finendo sempre più prigioniero dei suoi demoni (a partire da quelli bellici dei due conflitti mondiali) e della sua solitudine (“Io non ho amici”, avrà modo di ribadire). Ma anche il resto della compagnia, a turno, svelerà i propri tumultuosi trascorsi, tra sofferenze, gelosie, paternità difficili e perdite legate alla guerra. In questo modo, Branagh si riappropria di quel che, in fondo, gli riesce meglio: una dimensione umana e teatrale, in cui i cadenzati dialoghi da palcoscenico vanno di pari passo con l’ambizioso impianto visivo. Pazienza, dunque, se la detection-story non può reggere il confronto con i due illustri predecessori e se l’intreccio per una volta non restituisce la certosina meticolosità narrativa di Agatha Christie, lasciando qua e là qualche piccolo punto interrogativo. È un prezzo da accettare volentieri, in cambio della trasposizione più personale e riuscita della sua opera da parte del suo sempre più convinto esegeta. Un vero e proprio franchise firmato Branagh, il quale pare aver ormai interiorizzato la lezione della sua musa gialla senza doverle mostrare eterna fedeltà.


04/10/2023

Cast e credits

cast:
Michelle Yeoh, Kyle Allen, Camille Cottin, Jamie Dornan, Tina Fey, Jude Hill, Ali Khan, Emma Laird, Kelly Reilly, Riccardo Scamarcio, Kenneth Branagh


regia:
Kenneth Branagh


titolo originale:
A Haunting in Venice


distribuzione:
20th Century Studios, Walt Disney Studios Motion Pictures


durata:
103'


produzione:
20th Century Studios, Kinberg Genre, Scott Free Productions, TSG Entertainment, The Mark Gordon Comp


sceneggiatura:
Michael Green


fotografia:
Haris Zambarloukos


scenografie:
John Paul Kelly


montaggio:
Lucy Donaldson


costumi:
Sammy Sheldon


musiche:
Hildur Guðnadóttir


Trama
In vacanza a Venezia e stanco della sua routine investigativa, Hercule Poirot si trova al centro di un nuovo mistero che metterà a dura prova le sue salde convinzioni scientifiche: un delitto irrisolto e una casa infestata dagli spiriti, in una spettrale Serenissima avvolta dalle tenebre nella notte di Halloween.
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