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Un'artista americana. Così i curatori Pettierre e Zanello introducono Kathryn Bigelow, autrice di una cinematografia spiazzante sin dagli esordi, che riunisce nel suo sguardo cangiante e pirotecnico la filosofia dell'immagine di Susan Sontag e la pittura statunitense della seconda metà del Novecento.

Massima interprete di quel "dinamismo plastico" che definisce in primis la tradizione artistica del Futurismo, e che trova una sintesi aggressiva nella sua poetica che da un lato abita fieramente il genere – action, thriller, crime – e dall'altro lo arricchisce di commentari su genere, politica, violenza, problematiche razziali e sociali che innervano in profondità la storia passata e attuale della cultura americana.

Dal Willem Dafoe motociclista neropellevestito di "The Loveless" alla cattura di Bin Laden in "Zero Dark Thirty", fino all'ultima prova "Detroit" basato sulla sommossa della comunità nera nella città nel '67, Bigelow restituisce attraverso la sua regia viscerale e corporea la complessità stratificata della società americana, una stratificazione che si riflette nella varietà di contributi e temi affrontati nel volume.

La monografia affronta il personaggio Bigelow a tutto tondo divisa tra saggi trasversali e altri dedicati ai singoli film. Tra i primi figurano uno studio della musica nella filmografia di Bigelow (Fabio Cassano), uno sulla produzione televisiva (Mario A. Rumor) e un'accattivante analisi sul cinema di genere dedicato a questa regista più volte definita come "unica donna che gira film da uomini", capace di realizzare "un trapianto di immaginario nel contesto del gender e della rivendicazione femminile senza per questo decostruire la struttura dei generi a cui si approccia con sicurezza e professionalità" (Elisa Torsiello).

Il saggio di apertura (Antonio Maiorino) è un'interessante e inedita analisi della Bigelow artista prima di diventare regista che provocatoriamente fin dal titolo spiega come "la regista uccise l'artista": Bigelow è stata un'artista concettuale nella scena newyorkese degli anni 70, studiando semiologia e cinema, per poi passare, dopo una breve esperienza nel cinema art house, a quello di genere e mainstream folgorata dalla visione di "Il mucchio selvaggio" di Sam Peckinpah.

La seconda parte della monografia "Kathryn Bigelow. L'arte del dinamismo plastico" è poi composta da una serie di saggi dedicati ai singoli film che forniscono letture composite e diverse, con uno sguardo molteplice sul cinema della regista e analisi di taglio filmologico, sociologico, storico in cui si mette in evidenza l'aspetto del dinamismo plastico caratterizzante lo stile registico di Bigelow.

Le altre firme, Aurora Auteri, Giuseppe Gangi, Roberto Lasagna, Antonio Maiorino, Massimo Martiradonna, Marcello Perucca, Antonio Pettierre, Mario A. Rumor, Mariangela Sansone, Fabio Zanello e Matteo Zucchi, arricchiscono un volume che riflette nella sua eterogeneità sfaccettata la fascinazione per una regia proteiforme che, pur rispettando il solco della migliore tradizione hollywoodiana, riesce a turbarla e trascenderla con un'originalità che si distingue per il suo sguardo obliquo e la sua capacità innata di fondere plasticità visuale e potenza figurativa.

 

Scheda

Titolo: Kathryn Bigelow. L'arte del dinamismo plastico
Curatori: Antonio Pettierre, Fabio Zanello
Editore: Falsopiano
Anno edizione: 2024
Pagine: 208
Tipo: Brossura