“Underwater” di William Eubank è un film-compresso. I titoli di testa e di coda sono l’epilogo e il prologo, utilizzando immagini di giornali, brevi estratti di news tv, documenti aziendali e varie voci off a spiegare i fatti. All’inizio quindi è presentata la multinazionale che ha costruito un’immensa stazione di trivellazione petrolifera, posta sul fondo della profondità oceaniche, in un mondo oscuro e sconosciuto. Nel finale, si vedono gli unici due superstiti che sono stati recuperati dalle capsule di salvataggio e gli eventi testimoniati secretati.
In media res, quindi, senza nessun altro antefatto, presentazione dei personaggi, approfondimenti del mondo in cui i personaggi agiscono, abbiamo immediatamente la protagonista Norah Price (Kristen Stewart) colta in bagno, durante una pausa, che si accorge come la stazione sia colpita da scossoni improvvisi. Poche sequenze e l’acqua inonda la base distruggendola. Da qui in poi la nostra eroina inizierà una corsa alla sopravvivenza, raccogliendo altri sei compagni di un equipaggio di tecnici e operai che contava più di trecento persone, ma di cui non si ha traccia.
Eubank comprime tutto il film sull’azione di poche persone, gettando lo spettatore all’interno di un incubo continuo. Da un lato, ciò che colpisce sono le inquadrature dei lunghi corridoi della base in cui c’è l’assenza dell’uomo. La claustrofobia è all’ennesima potenza. Ci sono le miglia di acqua sopra la testa, poi gli anfratti e i cunicoli tra le macerie che si devono percorrere per raggiungere la sala di comando della stazione. Infine, gli scafandri pressurizzati in cui si rinchiudono i personaggi per camminare sul fondo dell’oceano per raggiungere un’altra stazione abbandonata, dove potrebbe esserci o un sommergibile oppure delle capsule di salvataggio per riportarli in superficie. Già così la situazione estrema e pericolosa in cui agisce il piccolo gruppo è già piena di impedimenti fisici e psicologici, ma è aggiunta una creatura mostruosa liberata dai fondali a causa della trivellazione selvaggia.
Oltre alla tensione indotta dalla claustrofobia al cubo – acqua, macerie, scafandri – , l’altro elemento interessante di “Underwater” è la messa in scena del personaggio interpretato dalla Stewart. L’attrice diventa “corpo”, fragile e teso come un giunco allo stesso tempo, su cui si puntella tutto il movimento filmico accentuato con totali, primi piani e dettagli della superficie fisica illuminata da una luce che la fa emergere dalle tenebre marine. Con accelerazioni e sospensione in frame, il corpo di Kristen Stewart sbatte, striscia, cade, cammina, s’innalza e s’inabissa in un continuo movimento tellurico-visivo come in un ottovolante tridimensionale.
Abbiamo detto di "Underwater" come film-compresso, che non vuol dire compatto. L’accezione è proprio riempire la storia a richiami ad altre pellicole. La sceneggiatura scritta a quattro mani da Brian Duffield e Adam Cozad più che un esercizio citazionistico si riduce a pura replica di scene e sequenze di film ben più famosi e strutturati. Così il mare, il gruppo di uomini, gli scafandri, il(i) mostro(i) sono repliche e rifacimenti di "Alien" di Ridley Scott. Il personaggio di Kristen Stewart ricalca quello di Sandra Bullock in "Gravity" di Alfonso Cuarón e i fermoimmagine e alcune scene della stazione sono un ricalco di "Solaris" di Andrej Tarkovskij. Infine, il mostro marino appare uscito dalle pagine di un racconto di Philip Howard Lovecraft. Ma tutti questi elementi, invece di essere elaborati, sono semplicemente riconvertiti per la messa in scena di un’operazione il cui unico scopo è la convulsione cinetica delle immagini, in una somma zero che porta lo spettatore solo a un breve e immediato sbocco adrenalinico che lascia un retrogusto di già visto, già sperimentato, già esplorato da altri registi che avevano una visione originale e personale.
William Eubank, al contrario, si accontenta di giocare con la tecnologia che gli mette a disposizione la macchina-cinema svuotandola di fantasia e sorpresa. Il giovane regista – al suo terzo lungometraggio – aveva fatto intendere con il suo lavoro precedente, “The Signal”, di avere qualcosa da dire. Invece si rivela come la sua protagonista quando, armeggiando con un computer, uno dei personaggi le chiede se lei ne capisce qualcosa: lei risponde di no, “ma sono un ingegnere meccanico”.
cast:
Kristen Stewart, Vincent Cassel, T J Miller, Jessica Henwick, John Gallagher Jr, Mamoudou Athie, Gunner Wright
regia:
William Eubank
titolo originale:
Underwater
distribuzione:
20th Century Fox
durata:
95'
produzione:
Chernin Entertainment, 20th Century Fox
sceneggiatura:
Brian Duffield, Adam Cozad
fotografia:
Bojan Bazelli
scenografie:
Naaman Marshall
montaggio:
Brian Berdan, William Hoy, Todd E. Miller
costumi:
Dorotka Sapinska
musiche:
Marco Beltrami, Brandon Roberts