La Palma d’Oro in occasione del 74° Festival di Cannes assegnata a "Titane" di Julia Ducournau porta alle luci della ribalta quel New Horror francese, la corrente nata alla fine degli anni Novanta, rimasta fino ad ora confinata nella sua dimensione di "genere", di cui il film in questione è uno dei figli più recenti. Il quale racconta di Alexia (Agathe Rousselle), ragazza con una placca di titanio conficcata nel cranio fin da quando era bambina, a causa di un incidente in auto. Ora è ballerina nelle fiere di automobili e le sue performance erotiche attirano le attenzioni degli uomini, ma lei, armata di un fermaglio, uccide chiunque le si avvicini troppo. Costretta a fuggire e a darsi alla macchia, assume l'identità di un ragazzo, Adrien, il figlio scomparso dieci anni prima di un comandante dei pompieri (Vincent Lindon) che lo introduce nella sua squadra, facendolo partecipe delle loro missioni.
In una vicenda di carne e metallo, con influenze steampunk e gore, il film guarda evidentemente all’estetica di Cronenberg e Tsukamoto, ma soprattutto si mette in relazione col filone sopracitato, proponendone diversi leit-motiv, a partire da quelli che ritroviamo nelle opere precedenti di Ducournau. Il suo cortometraggio d’esordio "Junior", racconta di un tomboy tredicenne il cui corpo va incontro a una bizzarra metamorfosi. La sua interprete (Garance Marillier) è poi protagonista del suo primo lungometraggio, "Raw", un coming of age filtrato col body horror in cui questa è un’adolescente che scopre i segreti della sua natura. "Titane" appare dunque come il capitolo successivo nel percorso cinematografico dell’autrice francese: Alexia è una ragazza ormai cresciuta, una ventenne in controllo di sé che consapevolmente offre il proprio corpo. Il quale però, rimane lacerato, martoriato, incarnazione di un’endemica sofferenza e patimento, come emerge anche nei rapporti sessuali. Come paragone, citiamo l’inedito "Dans Ma peau" di Marina de Van, storia di una donna che si impegna in atti di automutilazione sempre più distruttivi a seguito di un incidente che le ha ferito la gamba. Il corpo come riflesso di un’identità femminile non conciliata e fluida, strumento per mettere in scacco quella maschile e la sua pretesa di dominazione, come in "Revenge" di Coraline Fargeat.
In un contesto, la caserma dei pompieri, che rappresenta per antonomasia il machismo, Alexia diventa il grimaldello in cui scalfire la corazza pompata e all’apparenza indistruttibile dei suoi componenti, scardinandone i rigidi codici. Tra di loro, il personaggio interpretato da Vincent Lindon (attore solitamente associato a ruoli "impegnati" che qui si offre fieramente alla "serie B"), che si pone come inflessibile comandante dei suoi sottoposti più giovani senza ammetterne repliche o critiche, ma che poi di nascosto si imbottisce di steroidi e che, tradendo un’anima fragile e tenera, si strugge per ricostruire il legame con il figlio perduto. E così l’incontro, l’unica sincera comunicazione tra questi due non avviene con le parole, ma attraverso i corpi, in balli improvvisati, momento per rivelare sé stessi senza filtri.
In definitiva, dunque, "Titane" è un’opera che non fa sconti, non lesina nella rappresentazione dei passaggi più crudi e del corpo femminile, inquadrato chirurgicamente nei minimi e scioccanti particolari. Evita qualsiasi psicologismo o malcelato moralismo che affliggono tanto thriller/horror contemporaneo (da "Santa Maud" all'ultimo Shyamalan): Alexia uccide senza fare distinzioni né esplicite ragioni, perché "Nessuno mi può giudicare", come recita il titolo della canzone che le fa da sottofondo nella sua orgia omicida. E spiazza quando lascia spazio a parentesi ironiche nelle goffe dinamiche tra un "padre" in costante imbarazzo e un "figlio" duro ad aprirsi, per raccontare, in un finale che sa di epifania, della relazione (filiale? sessuale?: le etichette, i confini, restano volutamente sfumati) che si crea tra questi due reietti, due "macchine" che scoprono la propria natura umana. Un film che, collocandosi in un panorama consolidato e variegato, propone una visione, se non originalissima, pur sempre peculiare che non potrà lasciare indifferenti.
cast:
Agathe Rousselle, Vincent Lindon, Garance Marillier, Myriem Akheddiou, Bertrand Bonello
regia:
Julia Ducournau
titolo originale:
Titane
distribuzione:
I Wonder Pictures
durata:
108'
produzione:
Kazak Productions, Frakas Productions
sceneggiatura:
Julia Ducournau
fotografia:
Ruben Impens
scenografie:
Laurie Colson
montaggio:
Jean-Christophe Bouzy
costumi:
Anne-Sophie Gledhill
musiche:
Jim Williams