Usa, Virginia, 1976: i coniugi Lewis si trovano davanti a casa una scatola che al suo interno nasconde un meccanismo a pulsante. Se premeranno il bottone posto in cima al meccanismo, così li informa un misterioso e sfigurato individuo, qualcuno (che loro non conoscono) morirà, ma in cambio riceveranno la somma di un milione di dollari. La tentazione è enorme, visti anche i problemi economici della coppia, ma le implicazioni morali sono pesanti, e le conseguenze terribili.
Richard Kelly parte da un breve racconto di Richard Matheson, esemplare e paradossale saggio sui limiti della morale e l'avidità umana, e tenta di farlo "suo", con risultati discutibili. L'atmosfera misteriosa e paranoica regge per il primo quarto d'ora (finché si attiene al testo di Matheson) ma poi Kelly si fa prendere la mano, mettendo in mostra tutti i limiti e i difetti delle sue pellicole precedenti. Già il sopravvalutato "
Donnie Darko" non sempre riusciva a mantenersi in equilibrio tra satira delle mostruosità anni '80 ed elementi fantascientifici, ma tutto sommato possedeva una bizzarra originalità e una sottile ironia che gli hanno fatto guadagnare (non del tutto immeritatamente) la nomea di cult. Perfino il magniloquente e fallimentare "
Southland Tales" nel suo accumulo bulimico di personaggi e sottotrame lasciava intravedere qualche scampolo di genuina visionarietà (lì poi avevamo chiuso un occhio in seguito alle varie manipolazioni dei produttori, ma ora sorge qualche dubbio sulla riuscita finale anche in caso di "director's cut"). "The Box" invece è solo vuoto egocentrismo, che non riesce ad essere né cinema di genere né tantomeno film "d'autore".
Kelly tradisce le premesse dell'opera di Matheson e si impantana in visioni grottesche alla Lynch (dei poveri) di cui si fa fatica a cogliere la necessità (il tormentone dello studente suonato che deride la Diaz), e spesso sfocia nel ridicolo involontario (la scena della biblioteca su tutte) prendendosi dannatamente sul serio tra chiacchiere mortalmente noiose su libero arbitrio, etica, citazioni di Arthur C. Clarke e Sartre. La sceneggiatura, volutamente o meno (non che ci interessi più di tanto) non si cura di logica o consequenzialità, ed è talmente delirante che non ci si crede: Nasa e C.I.A., viaggi su Marte e alieni, controllo della mente, passaggi spaziotemporali, la fine del mondo ecc. Un accumulo di situazioni e cliché da
sci-fi anni '50 che ricorda quello del ben più onesto e recente "Segnali dal futuro", ma qui è sfortunatamente al servizio della confusione intellettualoide del regista. Anche il resto è tutto fuori fuoco: Cameron Diaz è ai minimi storici, gli effetti visivi sono da tv movie, le tanto strombazzate musiche degli
Arcade Fire insolite, ma inadeguate.
"The Box" è il punto di non ritorno del cinema di Richard Kelly: se questo giovane "autore" vorrà avere un futuro, i suoi prossimi progetti dovranno possedere ben altra maturità. O, com'è più probabile, "Donnie Darko" rischia di rimanere un inciampo isolato. E fortunato.