Ondacinema

recensione di Alessio Cossu
6.0/10

Cos’avranno mai in comune una donna nevrotica, una madre alcolista, una pornostar in declino e un prete tossico? Lo stress della vita moderna, si potrebbe rispondere. Oppure il fatto di vivere un fine settimana di gennaio insolitamente torrido, durante il quale le loro debolezze vengono esacerbate e accomunate dall’eccezionale ondata di calore, tanto che le distanze e le convenzioni sociali risultano inevitabilmente alterate. È tenendo conto di tutti questi aspetti che Ginevra Elkann ha girato il suo secondo film, fondendo due tematiche: i disagi comportamentali e le conseguenze del cambiamento climatico. Un’opera sui generis, dunque, che da un lato è la prova di un passo in avanti della regista rispetto al precedente "Magari" (2019), dall’altro mostra derivazioni dalla cinematografia odierna di genere drammatico, ma altresì capace di strizzare l’occhio anche alla commedia all’italiana che fu di Dino Risi; di colui il quale, cioè, fu capace di guardare alle mostruosità del presente senza mai dimenticare di condirle col sale dell’ironia. Alla leggerezza e all’intimismo del primo film si sono aggiunti nel secondo una maggiore consapevolezza e agilità creativa dietro la macchina da presa.

In una Roma attanagliata dalla canicola, che per certi versi ricorda quella del recente "Siccità" (2023) di Paolo Virzì, ma che se ne distanzia per il fatto che la vicenda non è ambientata in estate bensì in pieno inverno, Gianna (Valeria Bruni Tedeschi) è una madre che non ha accettato la fine della relazione col marito, e che per questa ragione nutre un inossidabile livore nei confronti di Pupa (Valeria Golino), una pornostar sul viale del tramonto, poiché la ritiene in qualche modo responsabile. Ma anche Pupa è un personaggio frustrato, infiacchito dall’età e per giunta ormai incapace di guadagnarsi da vivere come un tempo, tanto che sbarca il lunario con piccoli espedienti ed è perennemente in bolletta. Caterina (Alba Rohrwacher) è viceversa una giovane madre che, a causa della propria dipendenza dall’alcool, vive un rapporto sfilacciato con l’ormai ex marito, al quale non resta che occuparsi a tempo pieno del figlio, tentando di tenerlo il più possibile a debita distanza dalla nefasta influenza materna. Nell’economia del film, il ruolo del bambino è solo apparentemente marginale, perché è alla sua voce che vengono affidate le battute più sapide, sintomo di un mondo alla rovescia. Il titolo stesso del film è infatti ricavato da una battuta del bambino, unico personaggio positivo del film. Nella lotta ai fantasmi del presente, oltre che del passato, Gianna e Caterina si affidano di tanto in tanto a Padre Bill, religioso dalla personalità scissa, che dispensa buoni consigli, ma a sua volta paga lo scotto di un’infanzia difficile a causa di una madre anaffettiva. Anche Mila, la figlia di Gianna, sconta il burrascoso rapporto con la madre con il triste tributo alla bulimia, celandola dietro un volto apparentemente sereno, come accade oggi per non pochi adolescenti.

Il film della Elkann fa un uso sapiente del montaggio parallelo e mostra un buon senso del ritmo e della suspance, uno dei pregi di questa sua seconda pellicola. Senso del ritmo e della suspance che sul piccolo schermo, bisogna dirlo, diventerebbe la prima vittima sacrificale sull’altare della pubblicità. Un plauso, dunque, a chi ridà pregio a un’arte che vive della continuità e ricerca nel pubblico l’esercizio della pazienza e della fiducia ben riposte. La sospensione dell’incredulità viene ottenuta dalla regista centellinando l’assurdità e il tratto grottesco di taluni comportamenti, vengono messi in pratica con sconcertante disinvoltura. Aspetto, questo, che ricorda talune figure del cinema di Marco Ferreri. In "Te l’avevo detto", quelle che sul piano psicanalitico verrebbero definite come reazioni disfunzionali, ovvero il frutto di una distorta competenza adattativa alla vita, costituiscono l’ordinaria quotidianità dei personaggi. Ciascuno di essi, rifinito nel suo ruolo, potrebbe costituire la materia per altrettanti film. Anche da questo punto di vista la regista è accostabile a Dino Risi; per il fatto cioè che il suo film ricordi quelli a episodi, come "I mostri" (1963).

Un ruolo importante è rivestito dalla fotografia che, unita a una definizione dell’immagine caratterizzata da una grana tramata, aggiunge un colore che dal giallo vira progressivamente all’arancio. Il tutto allo scopo di dare la sensazione del caldo malsano e soffocante da cui i personaggi sono indistintamente attanagliati. Ad istituire un parallelo con altri film nei quali il caldo opprimente è concausa di comportamenti scomposti, si potrebbe citare "La caccia" di Carlos Saura (1965) e notare interessanti differenze. Mentre l’autore spagnolo, con le inquadrature ravvicinate e nelle ore centrali della giornata, insistendo sull’epidermide madida degli attori attribuisce ai fattori esterni la causalità degli eventi, la Elkann, tenendo la macchina da presa distante dai personaggi e velando l’immagine con l’effetto sopra descritto, pur non negando del tutto allo spettatore i volti disfatti dall’afa, riconduce viceversa all’intimo dei personaggi la responsabilità dei loro gesti.

Tirando le somme, le pecche del film sono sicuramente inferiori ai pregi e possono essere circoscritte a qualche disattenzione nella sceneggiatura. La riduzione del numero dei personaggi, ad esempio, avrebbe garantito un ancor più accurato scavo interiore; anche la scelta di vestire i personaggi con abiti invernali, per quanto il racconto si immagini nel mese di gennaio, considerato il caldo, risulta poco plausibile. Quanto alla scelta del finale, che non sveliamo, differenziando un personaggio rispetto a tutti gli altri, la regista ha messo il suo film al riparo da uno scioglimento semplicistico ed edulcorato dell’intreccio, scelta che ne avrebbe compromesso l’impianto generale.                           


14/02/2024

Cast e credits

cast:
Valeria Bruni Tedeschi, Valeria Golino, Alba Rohrwacher, Danny Huston, Greta Scacchi, Sofia Panizzi, Gianmarco Saurino, Riccardo Scamarcio


regia:
Ginevra Elkann


titolo originale:
Te l'avevo detto


distribuzione:
Fandango


durata:
100'


produzione:
The Apartment Pictures, Rai Cinema, Tenderstories, Small Forward Production


sceneggiatura:
Chiara Barzini, Ilaria Bernardini, Ginevra Elkann


fotografia:
Vladan Radovic


scenografie:
Alessia Anfuso, Valeria Zamagni


montaggio:
Desideria Rayner


costumi:
Andrea Cavalletto


musiche:
Riccardo Sinigallia


Trama
Mentre Roma sembra non avere difese di fronte a un'eccezionale ondata di caldo (per giunta nel mese di Gennaio), le vite di cinque personaggi diversissimi, ma in fondo accomunati da un profondo senso di solitudine, si intrecciano sfociando in un epilogo dal retrogusto amaro.
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