Quattro tartarughe mutate geneticamente assumono dimensioni e intelligenza pari a quella degli umani, vengono addestrate alla disciplina del kung fu dal loro padre putativo, il topo Splinter, e combattono il crimine nella città di New York, rappresentato dal temibile clan del piede, e dal suo leader Shredder. L'idea base della creature nate dalla fantasia di Peter Laird e Kevin Eastman, prima all'origine di un violento fumetto della Dark Horse, poi di una popolarissima serie animata inaugurata nell'ormai lontano 1987, di una trilogia di film
live action negli anni 90 e di un modestissimo
film in animazione digitale del 2007, è abbastanza demenziale e stupida, e questa nuova versione per il grande schermo delle Tartarughe Ninja ha se non altro il merito di non nobilitare il materiale di partenza, com'è di consuetudine oggi (una prima versione dello
script prevedeva che i quattro mutanti fossero in realtà degli alieni, idea subito scartata dopo l'insorgere dei fans), mantenendo il tono ad altezza del suo pubblico di bambini e
teenager, senza nessun tipo di lettura "politica" e metaforica.
Diretto da un mestierante che viene dall'horror (Jonathan Liebesman) la pellicola è però in tutto e per tutto un prodotto della Platinum Dunes e del suo decano Michael Bay, che accarezzava il progetto di un nuovo film dedicato ai Ninja da diverso tempo, e che in ossequio alla sua idea di intrattenimento
post-umano sceglie di realizzare i quattro protagonisti interamente in computer grafica e
motion capture (per i profani, movimenti di attori reali catturati da macchine e riplasmati su corpi digitali). Il risultato è ancora una volta sorprendente: alla
naiveté dei pupazzi animatronici del Jim Henson Group dei tre film del passato, è sostituito il realismo esasperato delle quattro creature digitali, giustamente più possenti, imperfette e mostruose rispetto a quelle che siamo abituati a conoscere (meno riuscita la realizzazione del villain Shredder, che sembra una specie di Trasnformers). Non male nemmeno il compatto tecnico, con una fotografia realista che punta parecchio sulla macchina a mano e una resa dei colori desaturata (opera non a caso di Lula Carvalho, che arriva dalla serie action brasiliana "
Tropa de Elite"). Peccato che tutto il resto sia di quarta mano: la sceneggiatura scritta a sei mani dal duo Nemec-Appelbaum (dalla scuderia JJ Abrams) e Evan Daugherty è esilissima, priva del distacco ironico che nobilita la saga dei "
Transformers", ed è la sagra delle coincidenze
ad hoc (l'unica giornalista di New York a scoprire l'esistenza dei mutanti è -inconsciamente- anche la loro "creatrice"?) o del riciclo del già visto: ancora il "sangue magico" che cura ogni problema o malattia? (Si veda "
Star Trek: Into Darkness", "
The Amazing Spider-Man 2" o "
Edge of Tomorrow"). Ancora un cattivo che vuole infettare la grande mela con una tossina rilasciata dal grattacielo più alto della città? (Si veda "
The Amazing Spider-Man").
Prevedibile e poco divertente, con personaggi umani (e non) privi di qualsiasi spessore o interesse, il film è solo una sequela di noiose scazzottate e inseguimenti fracassoni, girati senza particolare talento visivo (il nadir, o lo zenith a seconda dei punti di vista, è la sequenza della discesa del camion in montagna, memore del collasso visivo dei
robottoni targati Michael Bay). Megan Fox, come sempre bellissima, mostra tragicamente tutti i suoi limiti d'attrice, parlando per l'intera durata della pellicola con dei
green screen, il simpatico Will Arnett (da "Arrested Development") è sprecato, William Fitchner fa il cattivone capitalista, Whoopy Goldberg, rediviva, un innocuo cameo. Strepitoso successo a sorpresa in patria, questo nuovo "Tartarughe Ninja" (già annunciato un
sequel per l'estate 2016) è il classico prodotto di consumo della hollywood odierna: i ragazzini (di bocca buona) si divertiranno, tutti gli altri è meglio che si tengano alla larga.
Nota a margine, probabilmente dettata da un pizzico di nostalgia che offusca la mente e i ricordi: il primo film sui personaggi, "Tartarughe Ninja Alla Riscossa", datato 1990, fu una delle prime pellicole che vidi in sala da bambino, e pur con tutti i limiti del caso, era un prodotto d'
entertainment onesto e genuino, in parte coraggioso nelle sue componenti dark, tenero nel suo scontato elogio della famiglia, più interessato a descrivere e sviluppare il carattere dei protagonisti che a scombussolarci con elaborate sequenze
action, senza dubbio datato nell'aspetto visivo e nell'uso delle canzoni in colonna sonora. Nulla di che. Probabilmente il minimo sindacale. Ma oggi anche quel minimo ci appare qualcosa da rimpiangere.