Dwayne Johnson, uno dei corpi più famosi del cinema muscolare moderno, lavora per aggregare quanta più materia possibile, dal pubblico di riferimento, ai ruoli interpretativi e lavorativi, al tipo di cinema interpretato. Vero è che il riferimento primario dell'attore rimane il film d'azione, ma frugando nella filmografia il suo eroe si muove lateralmente tra commedia ("Pain & Gain"), catastrofismo ("San Andreas", "Rampage"), avventura e remake grotteschi ("Jumanji", "Baywatch"). "Skyscraper" dunque è il tassello perfetto che lo avvicina al cinema di cui è debitore, l'action anni ottanta, in particolare quello muscolare di Arnold Schwarzenegger e Sylvester Stallone, indissolubilmente stretto parente di "Trappola di crtistallo" (il primo "Die Hard", 1988) per grammatica filmica.
Dwayne Johnson è ancora una volta una sicurezza, la sicurezza americana (The Rock, appunto, solido, fermo) e nel proporre ancora una volta il suo personaggio non rischia: ex-militare, addetto alla verifica della sicurezza del grattacielo più alto al mondo, la Perla, edificio innalzato nella capitale di Hong Kong. È difficile non guardare il mostro di cemento in digitale come un perno saldo nel nuovo cinema di massa americano-giapponese: la Legendary, acquisita da una compagnia cinese, punta a terra la bandiera salda dell'action movie americano (un fallico grattacielo da scalare), e Johnson è il ponte per il mercato orientale[1]. Ovviamente "Skyscraper" è aperto alle famiglie, anche se il paragone ingombrante con "Die Hard", adatto a un pubblico maggiormente maschile e adulto, va fatto e Rawson Marshall Thurber lo omaggia a più riprese. Ma rimane sullo sfondo, un hommage irriverente (lo scotch) e dovuto, anche perché la regia di Thurber, seppur sufficiente, non eguaglia quella di John McTiernan (e non è solamente una questione di ambienti digitali contro ambienti reali). Nemmeno ci prova "Skyscraper", gli basta dar sfoggio del suo eroe: l'attore samoano impersona sé stesso ormai, mette in scena la forza del suo secondo Io attoriale che da tempo ci ha abituati a prove di salvezza, controllo, sicurezza ed eroismo; questa volta subisce una privazione fisica, provandosi a costruire attorno a esso un'aura tragica, subito ridimensionata da una prestanza fisica sempre superiore agli altri (il protagonista è spesso in difficoltà, ma mai veramente per il suo handicap alla gamba).
Quello che desta interesse in questo ennesimo copia-incolla della carriera di The Rock è l'apparato autoparodico a cui sembra consapevolmente andare incontro "Skyscraper". Il Will Sawyer protagonista, in fuga dalla polizia hongkonghese, si dirige verso la Perla in fiamme per salvare la sua famiglia. La televisione inizia a seguire le gesta di Sawyer e le manda in onda sulla televisione nazionale, costringendo l'opinione pubblica a riconsiderare l'etichetta del ricercato applicata a Sawyer. In poco tempo le sue gesta vengono seguite con ammirazione crescente, la folla locale si attornia al grande schermo in piazza e diviene spettatrice dentro allo spettacolo. In questo senso si consuma una innocua ma insospettabile autoparodia: le immagini di Will Sawyer diventano il film di Dwayne Johnson per il pubblico di finzione, quello scritto appositamente per "Skyscraper"; mentre lo spettatore assiste a un testo dentro al testo che invece di amplificare l'apparato eroico, sembra ripercorrerne la fama originale e vomitarne il modello testuale (in questo caso l'impresa supereroistica) in una rivisitazione divertita e in piccolo (sullo schermo televisivo).
Il resto di "Skyscraper" si consuma in ambienti filmici già visti, noti per le sue direzioni di scrittura ma non per questo poco divertenti. Le dinamiche che coinvolgono l'edificio sono indubbiamente le più riuscite, grazie anche ad un finale in cui sembra di rivedere "Conan il distruttore" (ma forse voleva essere anche "La signora di Shangai"). Thurber utilizza quanto può gli spazi, la maggior parte digitali, anche se l'edificio fantascientifico non si mostra veramente vivo e ben sfruttato e la sensazione è che avrebbe potuto giovare un ritmo meno serrato e maggiormente dinamico tra i vari livelli verticali. Il finale riporta alla mente il suo antesignano "L'inferno di cristallo" (il catastrofico di Guillermin del 1974) ma questa volta la logica è "ricostruire".
[1] Lo studio di produzione americano Legendary Pictures, dopo l'acquisto del gruppo cinese Wanda Group nel 2016, ha prodotto altri due film evidentemente orientati al mercato cinese: "The Great Wall" e "Pacific Rim - La rivolta".
cast:
Dwayne Johnson, Neve Campbell, Chin Han, Roland Moller
regia:
Rawson Marshall Thurber
titolo originale:
Skyscraper
distribuzione:
Universal Pictures
durata:
102'
produzione:
Legendary Entertainment
sceneggiatura:
Rawson Marshall Thurber
fotografia:
Robert Elswit
scenografie:
James D. Bissell
montaggio:
Michael L. Sale
costumi:
Ann Foley, Luca Mosca
musiche:
Steve Jablonsky