Tramontato da decenni il musical che tanto contribuì a scolpire la mitologia cinematografica hollywoodiana, la vocalità musicale è e resterà per il cinema componente per accompagnare quando non ritmare film. Se i comunque pochi contributi alla sopravvivenza del musical risultano obsoleti o stucchevoli in un immaginario che resta omaggio e riproposizione e non continuazione, la formula proposta da John Carney è un'alternativa non brillante ma onesta nella sua ostentata passione: propendendo per la musicalità della canzone moderna-(pop)olare, successiva al classico universo musical di cui sopra, il regista vuole superare il concetto di accompagnamento, rendendo la canzone la protagonista principe della sua opera omnia: infelici e poco visti i tentativi di virare verso altri lidi/generi, sembra poi tornare puntualmente alla ricetta che fece la fortuna di "Once", piccolo e vincente film che grazie al passaparola travalicò i confini della sua Irlanda, giungendo fino a un inatteso successo negli Stati Uniti d'America (che ne trasse uno spettacolo di Broadway), scenario del successivo "Tutto può cambiare".
"Nascita di una canzone" potrebbe essere l'epigrafe alla sua idea di cinema. Primi vagiti, modellazione, compimento di una melodia, il tutto inquadrato in una simbiosi tra essere umano e canzone, l'uno specchio dell'altra.
Con i due precedenti film menzionati l'intento era quello di scattare istantanee dell'oggi, scendere in strada e catturare volti e note musicali. Con "Sing Street", invece, è chiara l'esigenza del regista di misurarsi con la propria adolescenza, passare dal personale all'autobiografico. Calcare, dunque, gli ormai celebrati e da molti rimpianti anni 80, quando lui stesso passò da una scuola privata a una pubblica. Innestare passi della propria adolescenza dublinese nell'universo filmico-musicale precedentemente intrapreso.
Quello del giovane Conor è un tipico racconto di formazione e come tale possiede una serie di problemi da affrontare (il deteriorato rapporto tra i genitori, l'ambientazione in una scuola inizialmente avversa), sogni da realizzare (l'amore, la musica), strada per il futuro da inaugurare.
Il periodo storico che fa da cornice è quello di una Dublino afflitta da una critica recessione nazionale. Alla crisi economica che coinvolge la famiglia del protagonista mettendo in discussione gli stessi rapporti interpersonali, Carney contrappone un immaginario dedito a colorare il grigiore prima che opprima stati d'animo e giorni futuri delle nuove generazioni. Ipotesi pop che nascono dalle prime note strimpellate in una cameretta casalinga, che si presentano sotto forma di videoclip musicali da cui trarre ispirazione, protraendosi nei look stravaganti adottati dai Sing Street. Anche da parte della giovane band vi è un progresso compositivo che, partendo da una base popolare che risponde al nome di Duran Duran, vira da Hall & Otes ai Cure.
L'obiettivo principale del film è comunque quello di amalgamare le vicissitudini del protagonista con la musica, al punto che la visione e successiva conoscenza della bella e problematica Raphina è il vero input che sposta una passione destinata a rimanere tra le mura domestiche - emblematica in tal senso la figura del fratello Brendan - ad arma per arginare dapprima una noia d'andazzo, per poi viaggiare su di un piano emozionale che sa farsi grido di ribellione e rinascita: basti pensare al finale liberatorio che nel suo trionfalismo abbatte anche le barriere della verosimiglianza.
Con "Sing Street" il regista irlandese prosegue il suo affettuoso itinerario sentimental-musicale. Tanto come diario adolescenziale quanto come affresco di un decennio che molte e forse troppe riletture riceve - impari il confronto con il coevo "Tutti vogliono qualcosa" di Richard Linklater - il film non brilla per originalità e in più una certa prolissità nel mezzo ne inficia il pieno coinvolgimento.
Pur essendo il racconto una riproposizione di ingredienti già visti altrove, i personaggi di "Sing Street" sono ben voluti dal proprio regista e la coabitazione tra i giovani interpreti e la musica sprigionata vive di un ardore sincero, che può essere contagioso.
cast:
Ferdia Walsh-Peelo, Lucy Boynton, Kelly Thornton, Ian Kenny, Maria Doyle Kennedy, Jack Reynor, Aidan Gillen, Lydia McGuinness, Mark McKenna, Kian Murphy
regia:
John Carney
distribuzione:
Bim Distribuzione
durata:
105'
produzione:
Merced Media, PalmStar Media Capital, FilmNation Entertainment, Bord Scannán Na hÉireann, The Irish
sceneggiatura:
John Carney
fotografia:
Yaron Orbach
scenografie:
Tamara Conboy, Alan MacDonald
montaggio:
Adrew Marcus, Julian Ulrichs
costumi:
Tiziana Corvisieri
musiche:
Gary Clark, John Carney