L'Avana è un brulicare di macchine che scorrono lungo la tangenziale che lambisce l'oceano. Le voci di giovani lontani si levano a ogni ora: in mezzo a tutto questo, una scalcinata terrazza cinta da una sottile ringhiera diventa il palcoscenico dove si incontrano cinque amici che si ritrovano insieme dopo tanti anni.
Con "Ritorno a L'Avana" (in originale il ben più evocativo "Retour à Ithaque"), Laurent Cantet torna alla regia dopo una pausa in Nord America ("Fire Fox - ragazze cattive") e un film collettivo sempre in terra cubana ("7 Days in Havana"). In questo film, ispirato liberamente a un'opera di Leonardo Padura e vincitore del Venice Days Award alle Giornate degli Autori della Mostra di Venezia 2014, Cantet racconta proprio questo incontro tra cinque vecchi amici che si rivedono per festeggiare il ritorno da un esilio in Spagna durato 16 anni di uno di loro, Amadeo.
Nella prima scena li vediamo danzare e cantare in pieno giorno sulla terrazza, felici e spensierati come nei bei tempi andati. Con l'andare avanti della narrazione i toni cambiano: la rievocazione, a tratti nostalgica, del passato non è più fonte di riso e allegria, ma di rancori sopiti per troppo tempo; e tutto ciò non potrà che portare a un amaro bilancio delle proprie vite e dei sogni infranti di quello che avrebbero potuto essere.
Cantet riprende rigorosamente "entre les murs" del perimetro della terrazza. Senza tradire l'unità aristotelica di tempo e spazio, gli amici passeranno il tramonto, la notte e vedranno sorgere l'alba e l'evoluzione dei loro umori seguirà proprio questi passaggi come metafora della Vita: il giorno sarà la spensieratezza della giovinezza, la notte porterà i tormenti della maturità e l'alba la quiete della terza età. Il regista francese sceglie opportunamente di confinare i cinque amici sulla terrazza (che lo stesso Cantet ha spiegato che si tratta di "azotèa", una sezione privata ricavata dal condominio) così da costringerli a una resa dei conti inevitabile con loro stessi e con il tempo. Le riprese degli esterni, che fanno da cerniera tra i diversi momenti, ci mostrano una Cuba lontana da ogni mitologia di quei luoghi. Il mare è distante come le sue spiagge; non ci sono i bar con il rhum e le ragazze si affacciano da lontane finestre come a significare la lontananza della gioventù, ormai ridotta a un ricordo, e una partita di calcio è rievocata solo da un lontano bagliore. Tutto ciò indica quanto la Vita ormai sia da un'altra parte e che i vecchi amici non sono più attori ma spettatori (aspetto sottolineato dal costante affacciarsi dei protagonisti alla ringhiera per osservare i ragazzi di strada).
I cinque amici incarnano cinque tipi: l'esule, il pittore che non dipinge più, l'ingegnere ridotto ad aggiustare le pile, il dirigente ambizioso, la dottoressa frustrata. In alcuni tratti si scivola un po' troppo nel luogo comune, nel già visto, e la storia tende ad essere prevedibile e scontata: i clichè, forse inevitabili e voluti dallo stesso regista, rischiano di far perdere l'originalità dell'impianto, ma la bravura degli attori e il sapiente uso della cinepresa (si pensi ad alcuni stacchi sui primi piani che accrescono la tensione) riescono a ridurre questi limiti. Il finale, giocato sul campo e controcampo di due primissimi piani, ci riporta, senza più distrazioni esterne, sul senso ultimo di quell'incontro e sul senso delle conseguenze delle nostre azioni, di chi è partito e di chi ha creduto invece alla Revolución.
Ultima notazione riguarda la colonna sonora, affidata unicamente alle canzoni latine e americane che vengono centellinate con giusta misura. Su tutte, gli spettatori italiani ricorderanno "California Dreamin" dei The Mamas & the Papas, poi portata in Italia dai Dik Dik.
cast:
Nestor Jimenez,, Isabel Santos, Fernando Hechevarria
regia:
Laurent Cantet
titolo originale:
Retour à Ithaque
distribuzione:
Lucky Red
durata:
90'
produzione:
Full House, funny Balloons
sceneggiatura:
Leonardo Padura, Laurent Cantet
fotografia:
Diego Dussuel
montaggio:
Robin Campillo