Il tempo è l'elemento portante del cinema di Valerio Mieli. Lo si vede innanzitutto dalla cadenza delle sue produzioni, distanziate una ("
Dieci inverni", 2009) dall'altra ("Ricordi?", 2018) di circa nove anni. E poi dalle caratteristiche delle storie narrate: la prima, nella quale la possibilità di essere una coppia da parte di Camilla e Silvestro viene testata con cadenza stagionale secondo le indicazioni del titolo, l'altra, anch'essa relativa alle difficoltà sentimentali di una giovane coppia, costruita a specchio della precedente, con la rilettura a ritroso di esperienze richiamate alla memoria da chi ne è stato protagonista.
Simile per umori, contesto e presenza umana "Ricordi?", a differenza del film d'esordio, non è articolato su una progressione narrativa riconoscibile e lineare, ma costruisce la propria specificità su una logica che risponde esclusivamente al tempo interiore dei personaggi, convinti che nella rievocazione dei loro trascorsi sia possibile trovare risposta ai problemi del presente. Se una cosa del genere è tutt'altro che nuova nel nostro cinema, e basterebbe ricordare "Un amore" di Gianluca Maria Tavarelli per non avere esitazioni nello scriverne, è però vero che nella regia di Mieli il testo subisce una trasfigurazione che lo fa essere altro: sullo schermo a manifestarsi non è la vita reale della coppia, ma piuttosto quella (ideale) derivata dal collage di immagini che Mieli raccoglie, unificando i vari piani temporali e procedendo nella direzione suggerita dal
mood dei protagonisti. Se, in altri casi, soluzioni di questo tipo consentivano comunque allo spettatore di ordinare gli eventi, in "Ricordi?", specialmente nella prima parte, Mieli sottrae a chi guarda ogni riferimento esterno alla coppia, costringendo lo spettatore a lasciarsi andare e, dunque, a perdersi all'interno del flusso di coscienza.
In realtà ciò che interessa in un film come questo non è tanto la concatenazione dei fatti, ridotti al minimo indispensabile e comunque non così articolati per impedire alla trama di trasformarsi nel diario intimo della coppia, quanto piuttosto la presenza del
pathos necessario a farci vivere l'esperienza dei personaggi. Per raggiungere lo scopo Mieli lavora sulla forma del film, in special modo su quella delle immagini: da una parte, facendo degli amanti l'unico punto di riferimento dell'intreccio, ricettori o emissari dell'intera gamma sentimentale, e per questo cartina di tornasole per capire la direzione che sta prendendo la storia; dall'altra, sfoderando un linguaggio complesso, nel quale i primi piani ravvicinati non escludono aperture e profondità di campo ottenute con un posizionamento della mdp - dall'alto, dal basso e sott'acqua - che spezzano l'unità del paesaggio naturale, rimandandoci a quello mentale dei protagonisti. Senza considerare inoltre le contaminazioni con il cinema di maestri come
Bergman (ripreso quando si tratta di mostrare nella medesima scena il personaggio di Marinelli che osserva se stesso bambino) e del Malick di "
The Tree of Life" (si pensi all'espediente di non far sentire l'audio delle conversazioni e per l'accavallamento di suoni appartenenti ad altra scena) presenti in alcune sequenze di ambientazione famigliare dove sembra farsi largo il tema del Paradiso perduto, e cioè dell'attimo in cui il seme della discordia spezza l'armonia del sodalizio familiare, condannandolo ad eterna infelicità.
Ma le ambizioni del film non si fermano qui poiché ad alzare la posta in palio è la corrispondenza tra il sottotesto narrativo volto a teorizzare le possibili funzioni svolte dai ricordi ("Il ricordo mente - dice lui - abbellisce le cose che così come sono sarebbero insostenibili per un essere umano"; mentre per lei: "Sono già belle da sole e non hanno bisogno di alcun intervento da parte della memoria") e la disponibilità dei personaggi a verificare sul campo la validità o meno delle varie ipotesi. Inserito nelle Giornate degli autori, "Ricordi?" si avvale delle belle interpretazioni di Luca Marinelli, ancora una volta nel ruolo di bello e tormentato, e soprattutto di Linda Caridi, disinvolta quanto basta per affrontare un personaggio sospeso tra cielo e terra.