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recensione di Luca Sottimano
7.0/10

Nel Cinema di Céline Sciamma, il percorso identitario delle protagoniste passa sempre attraverso il nome. Caso emblematico è "Tomboy", in cui, quando alla piccola Laure (che nelle prime scene il film ci ha indotto a credere maschio) per la prima volta è chiesto come si chiama, si ribattezza "Michael", sancendo lo scollamento tra sesso e genere. Anche in "Petite Maman" il discorso è centrale: la prima parola che udiamo è "Alexandrie", come termine da inserire nelle parole crociate, e sarà proprio un’interpellazione a suggellare il finale. Nel suo quinto lavoro, "piccolo" nella durata (72 minuti) e nella realizzazione (un cast di soli cinque interpreti e una troupe ridotta, con le limitazioni dovute all’emergenza sanitaria, essendo stato girato nell’autunno 2020), la regista francese, dopo l’acuto ritratto adolescenziale dei film precedenti, si rivolge qui all’universo infantile. La piccola, Nelly, dopo la morte della nonna, passa qualche giorno nella casa di campagna dove è cresciuta la madre, Marion. Girovagando nel bosco, si imbatte per caso in un’altra bambina che sta costruendo una capanna di legno e che scopre essere la propria madre alla sua stessa età, con cui nascerà un rapporto speciale.

Nell’opera, presentata in Concorso al 71° Festival di Berlino, la forte componente autobiografica dell’autrice (le location sono i boschi in cui giocava da bambina, nella cittadina natale di Pontoise) si inscrive in un’atmosfera di realismo magico che, nella sua commistione con l’elemento traumatico, può rievocare "Il mio vicino Totoro" di Hayao Miyazaki. Scegliendo come protagonista una bambina di otto anni, viene meno quella dimensione della nascita e della costruzione del desiderio che caratterizza tutta la "trilogia dell’adolescenza" (composta da "Naissance des Pieuvres", "Tomboy" e "Diamante Nero"), ma "Petite Maman" è perfettamente aderente alla sua poetica, in particolare nel suo approccio sensoriale e sinestetico, la resa delle sensazioni provate dai personaggi. L’approccio intimo e lieve rende in modo indelebile l’esperienza infantile: la macchina da presa segue la piccola protagonista, si colloca alla sua altezza e aderisce al suo sguardo, evidenziandone i momenti di stasi, di silenzio, di noia. La casa in cui lei si ritrova è spesso al buio, in contrapposizione con la forte luce che proviene dall’esterno; semispoglia, ma ancora abitata dalla presenza fantomatica della defunta nonna e dalla presenza viva dei ricordi d’infanzia della madre. Ma anche in questo caso, la componente gotica non è calcata, perché ricondotta alla percezione della protagonista, che non si fa spaventare ma anzi cerca di accogliere le ombre riflesse sulle pareti alla ricerca di un contatto. Anche la componente ambientale gioca un ruolo fondamentale: il vento tra gli alberi, la pioggia, il rumore dell’acqua del fiume fanno da sottofondo continuo e persistente. Come per Laure/Michael di "Tomboy", il bosco era il rifugio in cui sperimentare la libertà fuori dalle logiche identitarie imposte dalla società [1], per Nelly lo è dall’atmosfera funerea che aleggia negli interni e segna anche la madre, allontanandola dalla figlia. Il fatto di essere toccata fin da piccola dall’esperienza della morte è un marchio che sembra precluderle tutta la dimensione di gioiosità infantile e la costringe a dover crescere prima del tempo: così, in una scena, non si fa problemi ad aiutare il padre a tagliarsi la barba; tratto in comune con la piccola Marion che vediamo già intraprendente ai fornelli. Quando poi le due bambine giocano ai travestimenti, la messinscena diventa raggelante metafora della loro condizione: Marion interpreta la moglie di un defunto, Nelly, mascherata da uomo, il detective che indaga sul suo misterioso decesso.

La dinamica del viaggio nel tempo per ritrovare il proprio genitore alla medesima età richiama inevitabilmente un altro modello cinematografico, quello di "Ritorno al futuro". Come si verificava in "Naissance de Pieuvres" nei confronti del teen movie, Sciamma aderisce a questo canone, piuttosto che prenderne le distanze o ribaltarlo. Allo stesso tempo, lo depura da ogni rompicapo o "What if" ludico per concentrarsi sulla dimensione umana, sui caratteri delle due bambine e sulla loro relazione. Così, anche il "salto temporale" è narrato senza elementi di transizione ma in modo naturale come loro lo vivono. "Vieni dal futuro?" chiede Marion. "Arrivo dal sentiero dietro di te" risponde Nelly. Lei si ritrova così in un'oasi felice in cui finalmente avere una compagna di giochi e potersi lasciarsi andare alla spensieratezza, seppur solo in una breve parentesi, perché l’alone funereo è già presente e inesorabile: Marion infatti racconta che sua nonna, di nome Nelly, è morta l’anno precedente. Ma soprattutto occasione in cui poter creare un legame prima impossibile con la propria "piccola madre": trovarsi coetanee permette infatti di potersi aprire e confessare all’altro e, una volta tornati al presente, poter superare la solitudine reciproca e tornare ad abitare i luoghi del proprio passato, in cui piano piano comincia a intravedersi uno spiraglio di luce.


[1] Cfr S.Nugara, Tomboy o l’instabilità di genere in Architetture del desiderio. Il Cinema di Céline Sciamma a cura di Federica Fabbiani e Chiara Zanini, Asterisco Editore.


21/10/2021

Cast e credits

cast:
Nina Meurisse, Joséphine Sanz, Gabrielle Sanz, Margot Abascal, Stéphane Varupenne


regia:
Céline Sciamma


distribuzione:
Teodora Film


durata:
72'


produzione:
Lilies Film


sceneggiatura:
Céline Sciamma


fotografia:
Claire Mathon


scenografie:
Lionel Brison


montaggio:
Julien Lacheray


costumi:
Céline Sciamma


musiche:
Jean-Baptiste de Laubier


Trama
Nelly è una bambina di otto anni che dopo la morte della nonna passa qualche giorno nella casa di campagna dove è cresciuta la madre, Marion. Girovagando nel bosco, si imbatte per caso in un’altra bambina che sta costruendo una capanna di legno e con cui nasce un rapporto speciale: la nuova amica si chiama proprio Marion.
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