Che la commedia rappresenti il motore dell'industria cinematografica del nostro paese è cosa nota anche a chi il cinema lo intravede col binocolo. Capire invece perché il monogenere di riferimento abbia lasciato spazio negli ultimi tempi a nuove inesplorate produzioni come il fantasy dell'
ultimo Garrone, alla fantascienza di
Salvatores e
Mainetti o addirittura al recente
simil-blockbuster del giovane e coraggioso Matteo Rovere, è facilmente intuibile al termine della visione di "Nemiche per la pelle", ultima pellicola diretta da Luca Lucino salito alla ribalta con "Tre metri sopra il cielo".
Nome e contributo del regista sono però ininfluenti perché il film è cucito su misura per la coppia protagonista Gerini-Buy, regine incontrastate della scena per l'intera durata del film. La prima facoltosa imprenditrice nel campo dell'immobiliare dai modi schietti e grezzi, la seconda animalista e salutista acqua e sapone, impegnata in una relazione alquanto instabile. Entrambe "raggirate" dal marito avuto in comune che sul punto di suicidarsi affida loro l'incarico testamentario di prendersi cura di suo figlio di sette anni, avuto dalla relazione con una terza donna di origini cinesi. Se il soggetto di Oliver Twist in salsa romana è il festival del luogo comune, la sceneggiatura si rivela di una piattezza, di un buonismo e di una prevedibilità al limite del fastidio (la resurrezione del cane potrebbe persino varcare i canoni del
nonsense). Entrambe visibilmente maldestre nell'educare e allevare un bambino, entrambe colme di rancore l'una verso l'altra, diventeranno ben presto ottime amiche e madri dal cuore d'oro (si sa). Perché in fondo i metodi orchestrati da queste due donne prigioniere di sé stesse saranno anche discutibili, anzi "originali", ma quel che importa davvero è l'amore (beh, si sa anche questo). E l'impianto da fiction tv è così lampante da chiedersi cosa ci faccia questo prodotto sul grande schermo.
Ecco allora che a fronte di un numero sempre più alto di pellicole prodotte, quasi tutte incentrate sul
core business del
made in Italy cinematografico, sua maestà, la regina commedia (che sia corale come
l'ultimo successo targato Genovese, di coppia come in questo caso o con il
recente duetto maschile Verdone-Albanese, o con l'assoluto protagonista alla Zalone: tante forme diverse per la stessa sostanza), sta lentamente perdendo il suo appeal, sta ripetendo in rotazione le sua gag, insomma, si sta logorando come la pelle di una donna in procinto di invecchiarsi, vedendosi ineludibilmente superata da una serie di nuovi progetti di ben più ampio respiro che rischiano seriamente di trasformare il nostro Bel Paese "monogenere".
Forse anche alla vuota e insulsa "commedia" italiana di turno firmata nientemeno che da mamma Rai servirebbe della bava di lumaca (come alla Gerini nel film) per riscoprirsi più giovane, più bella e soprattutto più funzionale di quanto non sia di questi tempi.
15/04/2016