Avvicinandosi il centenario dell'uccisione di Sacco e Vanzetti, Cruise decide di rendere sentito omaggio alla figura dell'anarchico rendendolo nel 2018 ancora una volta l'onnipotente nemico pubblico numero uno, in grado di far tremare tutti i governi mondiali. Perché inimicarsi mercati in forte espansione come la Russia o la Cina scegliendoli come nemici, o impelagarsi nel dibattito sul terrorismo religioso o razziale? Gli anarchici (atei, viene specificato) sono pochissimi, invisi a tutto l'arco parlamentare, e tendenzialmente i film li scaricano, quindi sono commercialmente il nemico perfetto.
Anche mettendo da parte la peculiare scelta del nemico, Mission: Impossible - Fallout fa acqua da tutte le parti. Non parliamo della sceneggiatura, che torna a rifriggere per la quarta volta il rapporto di Ethan Hunt con la moglie (basta). Vanno bene persino le scene con le maschere di gomma: è Mission Impossible, sono un dazio dal quale è impossibile esimersi, le hanno messe pure De Palma e Woo. Il problema sono proprio le scene d'azione. La scelta di mettere un McQuarrie invece dei succitati De Palma o Woo si paga, ma persino Abrams, che regista d'azione non è, aveva diretto scene migliori nel terzo episodio. L'unica cosa che sembra suscitare uno spasmo vitale nel regista sono le fughe con prospettiva di colonne a Parigi, rese vertiginose dal vecchio trucco dello zoom in avanti con carrellata all'indietro, ma anche quelle nella memoria dello spettatore occidentale non fanno che rimandare ad "Inception", che le usava in modo molto più creativo. Il picco di soddisfazione per lo spettatore in vena di azione (ché altrimenti non si spiega la scelta di questo film per la serata) è una bella scazzottata due contro uno nei bagni per uomini, che giungerebbe ad essere quasi una buona imitazione delle ultime tendenze dei film di arti marziali post-"The raid", se non fosse per l'intermezzo comico e l'insoddisfacente fine repentina. L'inseguimento in moto contromano per le vie di Parigi è così placido da far venire nostalgia non solo di Bourne a Tunisi ma persino di Trinity contromano in autostrada nel terribile "Matrix Reloaded". Per capirci: il regista crede così poco nell'inseguimento finale in elicottero, teoricamente la grandiosa scena di chiusura, che ammazza ogni possibile tensione con un montaggio alternato con giustappunto la moglie di Ethan Hunt che parla. Il nadir è però il blando tentativo di parkour di Tom Cruise sui tetti di Londra, fatto di due corsette e due saltini inquadrati enfaticamente, roba che non serve andare a rivedersi Bourne, l'incipt di "Casino Royale" o i veri film a tema come "Banlieue 13", basta accendere youtube e si vedono ragazzini fare di meglio su quegli stessi tetti. La femme fatale che tira fuori il coltello dalla giarrettiera (inquadrata da sotto, mi raccomando) è poi la mattonata finale sulla testa dello spettatore. Insomma, le unica scene d'azione visivamente interessanti sono il camion della polizia che affonda in acqua, e l'avete già vista nel trailer, e una arrampicata verticale sulla roccia, e l'avete già vista in "Mission Impossible II".
L'inspiegabile successo di pubblico e critica di questo scialbo filmetto è forse dovuto al credito accumulato grazie all'onestà artigianale con cui McQuarrie era riuscito a risollevare una saga in agonia con l'episodio precedente, "Rogue Nation", che qualche sequenza soddisfacente l'aveva. Ma la vera stella di "Rogue Nation" era Rebecca Ferguson nel ruolo di Ilsa, un'agente con abilità almeno al livello di Hunt, una propria ambigua agenda e un grande fascino. Averla ridotta in "Fallout" a una ragazzina imbronciata che ne busca per tutto il film è l'errore più grande di McQuarrie e la delusione più grande per lo spettatore.
cast:
Tom Cruise, Rebecca Ferguson, Simon Pegg, Henry Cavill, Ving Rhames
regia:
Christopher McQuarrie
titolo originale:
Mission: Impossible - Fallout
distribuzione:
Paramount Pictures
durata:
147'
produzione:
Paramount Pictures
sceneggiatura:
Christopher McQuarrie
fotografia:
Rob Hardy
scenografie:
Peter Wehnam
musiche:
Lorne Balfe