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recensione di Antonio Pettierre

Fred Zinnemann fa parte di quel gruppo di registi di origine austriaca (Fritz Lang, Billy Wilder, Erich Von Stroheim, Otto Preminger) che s'inserisce nello studio system hollywoodiano operando all'interno delle regole del cinema classico americano, ma consegnando una visione personale nella messa in scena delle loro opere.

Proprio la sua origine, pur essendo già accreditato come regista di talento e affidabile, è un ostacolo all'inizio, quando viene proposto per la direzione di un film western come "Mezzogiorno di fuoco". Nel 1952 ha già vinto due Oscar (per i cortometraggi "That Mothers Might Live", 1939, e "Benjy", 1952) e ha ricevuto una nomination come miglior regista dall'Academy ("Odissea tragica", 1949), ma ci sono polemiche su come un europeo possa comprendere le dinamiche di un genere, come il western, tipicamente fondanti la cultura americana. Dopo la scelta come protagonista di Gary Cooper, icona del cinema americano, e di una giovane attrice come Grace Kelly, già in grande considerazione, convincono Stanley Kramer a dare fiducia al regista austriaco.


Il tempo e lo spazio

Will Kane (Gary Cooper) si è appena sposato con la giovane quacchera Amy Flower (Grace Kelly)  e subito si dimette dall'incarico di sceriffo nella cittadina di Hadleyville nel Territorio del Nuovo Messico. Tutti si congratulano con la coppia, che sta lasciando il paese, per una nuova vita, in attesa per il giorno dopo del sostituto, quando giungono tre componenti della banda di Frank Miller per aspettare l'arrivo del loro capo con il treno di mezzogiorno. Frank Miller è stato condannato all'ergastolo cinque anni prima, arrestato da Kane, e, graziato dal governo federale, sta tornando in città per vendicarsi.
In poche parole questo il soggetto del film, basato sul racconto "The Tin Star" di John W. Cunningham e sceneggiato da Carl Foreman, lo stesso di "The Men" con Marlon Brando, e poi in seguito di "Il ponte sul fiume Kway" e "I cannoni di Navarone", entrato a far parte della "lista nera" hollywoodiana durante il maccartismo che lo costrinse a lavorare sotto falso nome o non accreditato per molti anni.
"Mezzogiorno di fuoco" è un western costruito con un'unica unità di tempo e di spazio. La durata del film (85') corrisponde quasi all'estensione della vicenda, visto che gli eventi iniziano alle 10:25  e terminano poco dopo l'arrivo del treno di mezzogiorno. Così come gli eventi si svolgono all'interno di Hadleyville, tipica cittadina del West, con la main street, con i suoi uffici e negozi, le casette bianche con il giardino e la staccionata bassa in legno, la chiesa, il saloon, l'albergo, le strade polverose.
Già questo tipo di messa in scena racchiude la narrazione in un determinato perimetro di tempo e spazio dove s'intrecciano le dinamiche che intercorrono tra i vari interpreti. Per tutto lo sviluppo filmico ci sono dettagli di molti orologi inquadrati in soggettiva e osservati non solo dal protagonista, ma da diversi personaggi, dettando un conto alla rovescia allo sconto finale. La suspense è continuamente dettata dall'ossessione temporale e anche dai discorsi che Kane ha con i vari concittadini: tutti vorrebbero che se ne andasse via, ma lui, dopo un primo momento in cui pensa di lasciarsi tutto alle spalle, torna indietro per un alto senso etico, per non lasciare il paese nelle mani della banda di fuorilegge. E il tempo che trascorre si lega strettamente allo spazio in cui si muove Kane alla ricerca di aiuto da parte dei suoi concittadini, nell'assumere degli assistenti volontari per affrontare i quattro pistoleri senza ottenere successo, ma anzi lasciato solo e abbandonato da amici (e persino dalla moglie che aborre la violenza e non vuole che lui affronti i banditi).

Lo spazio, messo in quadro da Zinnemann, è bipolare tra esterno e interni: se il primo è composto da strade assolate in cui si muove solitario Kane, i secondi sono i vari luoghi dove si sono radunati i cittadini nell'attesa dello scontro. Le strade divengono le linee di congiunzione tra i gangli vitali di una cittadina che in qualche modo rinnega il proprio sceriffo e lo isola; un labirinto in cui si muove Kane tra una stazione e l'altra senza via di uscita. Gli interni sono sempre pieni di gente (pensiamo al saloon oppure alla chiesa) oppure ci sono scontri drammatici in cui vengono messe in scena le motivazioni psicologiche dei vari personaggi (la casa del vecchio sceriffo, la stanza d'albergo, dove alloggia la sua ex amante Helen Ramirez - interpretata da Katy Jurado - l'ufficio dello sceriffo e la stalla, zona di confronto con il vice che si dimette per invidia e per vendetta, visto che Kane non l'ha appoggiato per la sua sostituzione); al contrario, gli esterni vuoti aumentano a dismisura l'isolamento e la solitudine di Kane. E Zinnemann è geniale nel gestire questa alternanza di pieni e vuoti, con un controllo della messa in scena che letteralmente diventa invisibile, immobilizzando lo spettatore nella tensione dell'attesa e della presa di coscienza della solitudine dell'Eroe. Abbiamo una predilezione di primi piani durante i dialoghi e focali strette negli spazi chiusi; mentre i campi lunghi sono utilizzati per gli esterni con il bellissimo dolly nel prefinale (pochi minuti prima dell'arrivo del treno) che inquadra Kane, con un movimento all'indietro e verso l'alto della macchina da presa, completamente solo in mezzo alla strada principale del villaggio. Un'inquadratura "assoluta", nel senso che è definitiva nel descrivere lo stato di fatto e psicologico in cui si trova Kane, in una città che appare svuotata, quasi fantasma, per trasformarsi nel teatro del duello finale.
E la messa in quadro geometrica costruisce una mappa sia geografica sia emotiva, in una ricerca formale che va di pari passo con lo sviluppo diegetico, in cui il contenuto drammatico avanza per somma matematica dei vari scontri/incontri sia individuali (tra Kane e la moglie, il vice, Helen, il giudice, il vecchio sceriffo) sia collettivi (con la folla ostile nel saloon e ipocrita nella chiesa). Un meccanismo che potremmo definire "a orologeria" non solo concettuale, ma soprattutto emozionale senza via di scampo per il protagonista.
L'ultimo elemento stilistico di "Mezzogiorno di fuoco" determinante per la riuscita dell'operazione è la colonna sonora di Dimitri Tiomkin sempre presente come una bolla che racchiude le immagini. È interessante, ad esempio, per capirne l'importanza, provare a vedere la parte finale della pellicola, quello del duello tra Kane e i quattro pistoleri, senza il sonoro: eliminando sia quello diegetico (gli spari, il nitrito e gli zoccoli dei cavalli in fuga dalla stalla, i rumori di sottofondo) sia quello extradiegetico, si comprende come sia essenziale per il potenziamento emotivo dello scontro e dello scioglimento della tensione accumulata fino a quel punto. Così la colonna sonora diventa il terzo componente costitutivo dell'opera, l'architrave su cui poggiano tempo e spazio.


Individuo vs. Comunità

Il tema fondamentale di "Mezzogiorno di fuoco" è lo scontro tra l'etica individuale e il senso di smarrimento della comunità. Tutto il film si basa sull'affermazione della "giusta causa" superiore di Kane (con un Gary Cooper che non solo interpreta ma la rappresenta e la introietta) per il bene della tranquillità della cittadina, dell'acquisito ordine contro il caos portato dall'eterno. Ma nessuno sembra volerne accogliere la richiesta per vigliaccheria, convenienza economica o calcolo politico. Così se il tradimento degli amici potrebbe rendere forte ancora di più l'investitura messianica di Kane, di ultimo baluardo della legge contro il caos, diventa invece potente lo schiaffo che riceve dall'intera comunità. Rappresentazione che si attira un'ondata di polemiche da parte della critica del tempo. Innanzi tutto, abbiamo il giudice Percy Mettrick che abbandona il paese in tutta fretta, che, avendo condannato a suo tempo Frank Miller, ha paura della vendetta.

Il discorso che il giudice esterna a Kane, sul ritorno del tiranno cacciato anni prima e poi accolto dalla nazione come salvatore, è una giustificazione razionalista per abdicare alla funzione della legge. Una legge che si adatta al volere della forza e non che utilizza la forza per portare ordine. Poi l'anziano sceriffo, esempio di uomo giusto a cui Kane si è sempre ispirato nel suo lavoro, gli dice apertamente che non serve a nulla affrontare i banditi visto che sarebbe un inutile suicidio per una collettività che dimentica ben presto la pace raggiunta e la dà per assodata. Ma lo scontro con la comunità lo si ha nelle due scene clou: nel saloon e nella chiesa.

Se la prima appare un covo di sostenitori di Miller e dei suoi compagni, e quindi l'ostilità sembra giustificata al momento della richiesta di aiuto di Kane, anche a persone che in passato sono stati suoi agenti e adesso gli voltano le spalle per interesse, quello che sconcerta è il comportamento della "brava gente" all'interno del luogo sacro. Se in un primo momento persino il pastore è ostile a Kane, perché non si è sposato in chiesa, poi le persone che discutono "civilmente" sulla richiesta di aiuto dello sceriffo glielo negano, sobillati dal sindaco Jonas Henderson che convince le persone riunite ad attendere la venuta del nuovo sceriffo e invitando Kane a lasciare il paese. Un tradimento da parte di un uomo che, fino a pochi minuti prima, partecipava alla festa di matrimonio dello sceriffo e lo ringraziava per il lavoro svolto, ma che poi, ipocritamente, lo abbandona per evitare un conflitto con la banda di Miller e la messa a ferro e fuoco della città.

Kane è quindi abbandonato dagli amici, dalla legge, dagli amministratori, dall'intera comunità, per un tornaconto machiavellico e in un atteggiamento egoistico. Ma quello che viene fuori è che lo sceriffo ha portato ordine e pace nel paese, permettendo alle donne di girare sole e ai bambini di tornare a giocare nelle strade sicure, ma allo stesso tempo ha diminuito gli "affari" dei commercianti, del saloon, dell'albergo (sempre pieno quando c'era Frank Miller) per la mancanza di avventori esterni. La contrapposizione tra ordine e caos, diventa una ricerca di un effimero ritorno economico: la comunità ha acquistato in tranquillità, ma ha perso in espansione e arricchimento. L'etica diventa una merce e come tale può essere comprata e venduta secondo le opportunità del momento, relativizzando le regole. E l'aspetto interessante di "Mezzogiorno di fuoco", alla fine, non è nello scontro tra sceriffo e banditi (un epilogo più che altro pragmatico per la chiusura drammaturgica), ma il conflitto tra i piccoli interessi meschini della Comunità e gli alti valori individuali di Kane. E del resto, gli unici che gli offriranno un aiuto disinteressato sono un ragazzino e un vecchio ubriaco, come a dire gli ultimi, i reietti, i puri sono vicini a Kane e sia per loro che lo sceriffo lotti. Anche la moglie, in apparenza, sembra voltargli le spalle, ma i suoi comportamenti sono dettati da altrettanto forti valori personali. E, infatti, proprio per la sua onestà e correttezza che scende dal treno in partenza per correre in aiuto dal marito, arrivando a uccidere uno dei banditi e contribuendo alla morte di Miller.
Infine, la ferrovia diventa simbolo di modernità, di sviluppo economico e commerciale, che porta con sé anche il compromesso e il caos di Miller. E Kane e sua moglie, come coppia, alla fine lasciano il paese con un calesse, rifiutando quel mezzo di trasporto che rappresenta bene ciò che desidera il collettivo. Folla che, dopo la sparatoria, dove Kane inaspettatamente per tutti esce vincitore, si riversa nelle strade intorno a loro. E a cui Kane getta la stella di latta a terra in segno di disprezzo, non per la legge che ha difeso fino all'ultimo, ma nei confronti di una massa pronta a seguire il vincitore del momento, a schierarsi con il forte di turno. Ancora una volta, è sempre e solo l'eroe, l'individuo che può contribuire alla conservazione dell'ordine e fermare il caos.
"Mezzogiorno di fuoco", a dispetto delle critiche, fa incetta di nomination agli Oscar nel 1953, e vince per la colonna sonora, la canzone, il montaggio e Gary Cooper conquista la statuetta per il miglior protagonista in un'interpretazione superba e monolitica, regalando un personaggio che tracima il tempo e si trasforma in icona dell'uomo di legge del selvaggio West. Ma, soprattutto, diventa un classico del western, opera seminale, che influenzerà il cinema a venire (e tra i tanti esempi citiamo un altro capolavoro come "L'uomo che uccise Liberty Valance" di John Ford).


23/01/2017

Cast e credits

cast:
Gary Cooper, Grace Kelly, Katy Jurado, Lloyd Bridges, Thomas Mitchell, Otto Kruger, Lon Chaney Jr., Lee Van Cleef


regia:
Fred Zinnemann


titolo originale:
High Noon


durata:
85'


produzione:
Shamley Productions


sceneggiatura:
Carl Foreman


fotografia:
Floyd Crosby


scenografie:
Ben Hayne, Murray Waite


montaggio:
Elmo Williams


costumi:
Joe King, Ann Peck


musiche:
Dimitri Tiomkin


Trama

Will Kane, dopo aver riportato la legge e l'ordine a Hadleyville, nel Territorio del Nuovo Messico, sposa la quacchera Amy Fowler. Subito dopo il matrimonio dà le dimissioni e la cittadina attende per il giorno successivo l'arrivo del nuovo sceriffo. Kane riceve però un telegramma, dal quale apprende che con il treno di mezzogiorno arriverà Frank Miller, un uomo da lui arrestato e condannato all'ergastolo cinque anni prima, ora sorprendentemente graziato. Lo sceriffo si sente moralmente obbligato ad affrontare i fuorilegge che stanno per giungere in città, ma viene tradito e abbandonato da tutti i cittadini.