Il detective Max Payne, la cui famiglia è stata trucidata in circostanze misteriose, si ritrova coinvolto in due omicidi mentre, tre anni dopo l'accaduto, cerca di risolvere il caso. La prima vittima è Natasha, una ragazza russa, la seconda un suo collega che collabora con lui nelle indagini sull'omicidio della moglie Michelle e del figlioletto. Il problema è che alcuni indizi seminati ad arte sembrano condurre a Max, e ben presto il protagonista si troverà contro anche la polizia di New York. Intanto tutte le tracce sembrano portare alla "Aesir", la multinazionale farmaceutica in cui lavorava la moglie di Max.
"Max Payne" mantiene esattamente quello che promette il suo titolo: "massimo dolore" sia per lo spettatore occasionale che per l'appassionato dei due titoli della Rockstar Games ("Max Payne" e "The Fall of Max Payne"), originale connubio tutt'altro che contronatura tra videogame, cinema e graphic novel. Discorrere di tangenze e divergenze tra cinema e videogiochi è un discorso che porterebbe troppo lontano, e del resto già esistono libri dedicati all'argomento in cui il tema viene minuziosamente anatomizzato. Basti dire che l'operazione è ad alto rischio e il corto circuito quasi sempre deleterio, dato che, salvo rare eccezioni ("Silent Hill"), i risultati sono fallimentari. Nell'ottica delle major hollywoodiane l'adattamento da un videogame è una sorta di ritorno del figliol prodigo, e si traduce in un riassorbimento dei codici transmediali del mezzo videoludico all'interno del sottogenere che l'ha generato, in questo caso il noir.
"Max Payne" non fa eccezione alla regola, e fa rimpiangere amaramente l'"
Hitman" di Xavier Gens, che almeno assicurava un discreto sollazzo per il meditato eccesso e la sconsiderata aderenza all'originale. Qui siamo dalle parti della sbiadita fotocopia, e se l'
incipit lascia presagire un "Sin City" dei poveri, in seguito il film evolve in un mediocrissimo noir afflitto da una sceneggiatura farneticante (dell'esordiente Beau Thorne), con qualche sprazzo di bolsi effetti CGI. È forse la prima volta che la lagnosa geremiade americana della lotta al terrorismo viene riciclata in chiave
exploitation, e questa è l'unica annotazione che induce ad uno sghignazzo liberatorio. La micidiale droga Valkyrie, che crea supersoldati indifferenti al dolore ma induce allucinatorie visioni di demoni alati (le Valchirie, ma senza Wagner), è stata infatti sintetizzata dal losco
executive della "Aesir" B.B. Hensley (Beau Bridges) per essere sperimentata sui soldati americani in Iraq. Se questo è un preludio all'insofferenza per i neocon alla Cheney, ben venga, tanto più se il problema viene risolto in maniera radicale, alla Max Payne.
Il misconosciuto John Moore non è certo Rodriguez, e arranca nel tentativo d'inventarsi uno stile, sia pure di riporto. E allora via libera ad inquadrature angolate e al ricorso ad un drammatico e contrastato chiaroscuro, che da sempre fanno parte della grammatica del genere, senza dimenticare il
bullet-time, punto di forza del videogame, che si risolve nelle consuete scene alla "Matrix". Anche qui Moore perde il confronto non solo con i Wachowski, ma anche con le "pallottole flessibili" squadernate dal kazako Timur Bekmambetov in "
Wanted". Purtroppo, a parte l'ottima fotografia virata su toni bluastri di Jonathan Sela e la neve digitale i cui fiocchi precipitano perennemente su New York (ma è Toronto), è davvero difficile trovare qualcosa di positivo da dire su "Max Payne", a cui viene inferto il colpo di grazia da un catatonico Mark Wahlberg. Se l'attore è un buon caratterista, come ha dimostrato in "
The Departed", non è però in grado di reggere un ruolo da protagonista, com'è evidente a chi abbia avuto la sventura di vedere "
E venne il giorno" di un confuso M. Night Shyamalan. Più che un uomo in cerca di vendetta, Wahlberg sembra in stato sonnambolico (overdose da Valkyrie a parte) ed è senz'altro meno espressivo del suo contraltare videoludico, con cui condivide lo spolverino di pelle e poco altro. In conclusione, tirate giù "Max Payne" dagli scaffali e rigiocatelo, sarà un'esperienza più intensa di questa minestra riscaldata. Per gli estimatori, si segnala una breve quanto seduttiva apparizione di Olga Kurylenko, futura Bond girl nell'imminente "
Quantum of Solace".