James Bond, nel corso dei suoi oltre quarant'anni di carriera cinematografica, è sempre stato un personaggio slegato dalla sua epoca. Un imperscrutabile automa, sempre fedele a sé stesso, ai suoi simboli (la Aston Martin, i gadget iper tecnologici) ai suoi
cliché (il confronto con l'altro sesso), che con il passare del tempo ha perso interesse, trasformandosi in un inoffensivo fumetto, buono giusto per appassionare il pubblico (vasto) composto dai fan della prima ora.
Il regista Martin Campbell, lo sceneggiatore premio Oscar Paul Haggis (suoi gli script degli ultimi Eastwood) e l'attore Daniel Craig (sesta incarnazione dell'agente britannico), con "
Casino Royale", hanno ridato linfa vitale ad una serie ormai bollita, hanno fatto di 007 un eroe solitario, brutale, pieno di dubbi e rimpianti. Lo hanno inserito in un mondo cinico e violento, non molto distante da quello reale. Hanno rimpiazzato i cattivi folcloristici di molti episodi passati con uomini grigi, spietati, anonimi, e quindi molto più terrificanti. Per il nuovo attesissimo episodio del
franchise miliardario, "Quantum of Solace" (titolo semi intraducibile che sta a significare "un po' di conforto"), la produzione ha scelto il regista più vicino alla parola "Autore" tra quelli che si sono alternati al timone dell'impresa 007, ovvero Marc Forster (suoi i notevoli "Monster's Ball" e "Vero come la finzione").
L'intenzione, è chiaro, era quella di proseguire sul percorso inaugurato da "Casino Royale" (difatti questo è il primo film della serie ad essere un vero e proprio sequel e non un'avventura a sé), ma i risultati non sono del tutto soddisfacenti. È esplicito, meritevole di rispetto, il tentativo di destrutturare, e al contempo modernizzare, l'icona di James Bond. In questo film ci sono ben pochi degli elementi che farebbero la gioia dei fan, basti pensare che il famigerato motivetto di Monty Norman parte soltanto sui titoli di coda (e pure il
title theme affidato a Jack White e Alicia Keys tenta di rompere con la tradizione). Ma è il minimo: è sparito quasi del tutto lo humour che caratterizzava i Bond di Connery, Brosnan e (in particolar modo) Moore. Quello del muscoloso e irato Craig è uno 007 degno dei nostri tempi, ben poco eroico e molto confuso, indeciso sul da farsi, incapace di distinguere i buoni dai cattivi (e la pellicola, non senza intenti polemici, non cela collegamenti espliciti tra le potenze mondiali, Usa
in primis, e organizzazioni terroristiche come quella che Bond tenta di sgominare), mosso più che dal senso di dovere verso sua maestà, dal desiderio di vendicare l'amata Vesper (scomparsa al termine del film precedente). Le "Bond girl" non sono più un semplice oggetto di trastullo, ma bellissime donne fragili e complesse (come la Camille di Olga Kurylenko) con più di un conto in sospeso con i nemici di 007 (personificati nel viscido Dominic Greene - Mathieu Amalric).
È un peccato quindi che la regia non assecondi adeguatamente queste premesse, facendo risultare il film nulla più di un serrato capitolo di passaggio. L'azione non ha sosta (parte sin dal primo secondo con un distruttivo inseguimento tra auto nei dintorni di Siena), e il pubblico, così come Bond, non ha il tempo per pensare. Molti passaggi del macchinoso
plot restano un po' oscuri, così come i repentini cambi di
location (007 non ha mai viaggiato così tanto!), i personaggi in mezzo a questo trambusto non hanno il tempo di crescere e diventare credibili (al contrario che nell'equilibrato "Casino Royale"), e se è vero che alla fine l'agente segreto ha modo di vincere il proprio dolore e dimenticare il passato, molte (troppe) sottotrame restano aperte (per esempio, della tanto sbandierata organizzazione criminale "Quantum" ancora non si sa nulla), in attesa di essere ripescate, con molta probabilità, in episodi successivi.
Forster, alle prese con la prima pellicola "
mainstream" della propria carriera, sembra maggiormente interessato a dare dinamicità alle spettacolari sequenze
action (davvero impressionanti e, per fortuna, spurie della
computer graphic che imperversa ormai ovunque), ricorrendo spesso a macchina a mano e affidandosi ad un montaggio concitato (sin troppo debitore dei film sulla spia "
Jason Bourne"), piuttosto che addentrarsi nella psicologia dell'agente 007. Intendiamoci: i fan del genere avranno poco di cui lamentarsi, ma chi aveva tanto amato "Casino Royale" potrebbe rimanere amareggiato. Non resta che valutare "Quantum of Solace" per quello che è, ovvero un onesto, innocuo,
blockbuster, che se non altro conferma l'
appeal di Daniel Craig e tenta di gettare un ponte tra il passato glorioso (e mummificato) della spia britannica ed un futuro che, al momento, risulta ancora piuttosto incerto.