Il diavolo nei corpi
Nel dicembre '73 esce negli Stati Uniti "L'esorcista" di William Friedkin. Il 13 gennaio del '74 un uomo molto strano con il volto dipinto di bianco avvicina la piccola Lee Harker, che il giorno dopo compie nove anni, fuori dalla sua casa isolata nella campagna. L'abbinamento riassume il doppio binario metacinematografico e stilistico di "Longlegs" di Oz Perkins. Il regista non compie un semplice e colto lavoro citazionistico del cinema horror e thriller, ma opera una transustanziazione visiva del suo film all'interno della storia del cinema horror, legandolo direttamente al prototipo moderno della rappresentazione del diavolo.
Perkins, del resto, in tutti i suoi film aggiorna la presenza diabolica nella contemporaneità americana: "Longlegs" riprende i temi della sua opera prima "February - L'innocenza del male" ("The Blackcoat's Daughter", 2015) in cui assistiamo all'omicidio di innocenti da parte di una giovane studentessa in un college per adorare il diavolo, ma tratta anche del male insito all'interno delle mure domestiche come in "Sono la bella creatura che vive in questa casa" ("I Am The Pretty Thing That Lives In The House", 2016) e di nuovo la casa sperduta nel bosco di "Gretel e Hansel" (2020), il suo più vezzoso e pretenzioso film, il meno riuscito finora anche perché si allontana dalla contemporaneità e cerca malamente di riaggiornare la fiaba.
La protagonista, nel bene e nel male, è sempre una giovane donna che subisce e affronta il male-maligno-diavolo nelle sue diverse forme: la Kat/Joan che evoca il demonio attraverso sacrifici umani in "February"; Lily che si scontra con il fantasma di una giovane moglie uccisa dal marito il giorno del matrimonio in "Sono la bella creatura che vive in questa casa"; la Gretel che sconfigge la strega nel bosco.
Lee Harker è l'ultima di questa galleria in cui il femminile è oggetto/soggetto dell'attenzione del diavolo, crocevia materiale e spirituale in cui si attua uno scontro metafisico con il Male. E il volto bianco di Longlegs (Nicolas Cage) appare la reincarnazione di quello di Regan, posseduta dal demonio ne "L'esorcista", che esce dalla stanza della casa del quartiere di Georgetown e dalla metropoli di Washington dilaga nelle campagne dell'East Cost. Longlegs è lo strumento di "quello di sotto": s'introduce nelle menti dei genitori e delle figlie, se ne impossessa, le distrugge sia come individui sia come organizzazione e facendo questo annuncia la sua venuta al mondo. Il diavolo entra nei corpi degli individui così come entra nel corpo cinematografico.
I simulacri del maligno
Con una veloce elisse siamo negli anni 90 e Lee Harker (Maika Monroe) è diventata una giovane e problematica agente dell'Fbi a caccia di serial killer. Dopo la cattura di uno di essi, grazie alle sue doti di preveggenza, è ingaggiata dall'agente speciale Carter (Blair Underwood) per scoprire chi sia il misterioso omicida che dagli anni 60 uccide intere famiglie. L'agente Lee scopre a sue spese durante la detection di essere strettamente legata a Longlegs, che scopre essere Dale Ferdinand Kobble, un burattinaio che costruisce bambole dalle fattezze umane delle bambine, figlie uniche di tranquille famiglie piccolo borghesi o contadine, per portare a termine un disegno maligno per l'avvento di Satana nel mondo.
Le bambole diventano un simulacro dell'infanzia perduta, in cui la sfera presente nella loro testa racchiude l'anima diventata nera, posseduta dal demonio. Duplicazioni imperfette e parziali, delle "false" figlie umane e delle "vere" creature possedute dal diavolo. La loro presenza all'interno del nucleo familiare arriva a rendere docili e accondiscendenti le donne e brutali gli uomini. Metafora del male insito all'interno delle mura domestiche, delle violenze latenti pronte a esplodere all'interno dei nuclei familiari, di un mascolino autodistruttivo.
Del resto, la trasformazione che attua Longlegs avviene al compimento dei nove anni delle bambine, cioè l'equivalente di nove mesi di gestazione per costruire e far "nascere" il simulacro maligno. È oltretutto interessante che la sfera all'interno delle bambole sia vuota, ma produce un suono continuo, un suono a rappresentare il maligno, come a dire l'impossibilità di renderlo visivamente perché esso si materializza attraverso gli atti degli uomini. Il suono diventa in questo senso il simulacro dell'immagine, il sostituto di qualcosa che non si può vedere, ma solo sentire.
L'estetica del male
Perkins ha uno stile riconoscibile che caratterizza la sua filmografia. Utilizza stilemi che si ripetono in tutte le sue pellicole: lo scenario invernale; la casa di legno isolata nella campagna o in un bosco; la donna solitaria che deve affrontare eventi avversi; la presenza preponderante di personaggi femminili, che sono le vere protagoniste, mentre i personaggi maschili sono essenzialmente dei comprimari o delle spalle all'interno dello sviluppo narrativo; la mancanza di folla, la limitata presenza umana nell'inquadratura che arriva a pochi personaggi; una fotografia dai toni neutri, una luce plumbea che vira verso il notturno, una palette di colori desaturati. Insomma, tutta una serie di elementi che compongono la firma del regista (e sceneggiatore).
In "Longlegs" è espressa un'estetica composta da una serie di elementi caratterizzanti la suspense e l'orrore. Per l'incipit e i flashback è utilizzato un formato 4:3 con una pellicola sgranata e un rosso saturo che immergono lo spettatore nella memoria addormentata della protagonista, che lentamente viene alla luce. Questo permette di raffigurare come le radici del male siano profonde nella mente della giovane Harker.
La fotografia desaturata avvolge le scene in un'atmosfera invernale che crea il senso di immobilità, di alienazione, così come le villette isolate. Il contrasto del buio notturno in cui si muove Harker nella sua casa nel bosco, mentre riceve una lettera da Longlegs, con il bianco della neve e del volto dell'individuo nell'incipit, formano un cromatismo binario assoluto provocante l'emersione emotiva della paura.
Infine, Perkins utilizza spesso primi piani con la macchina da presa posizionata in basso, che rende deformata la messa in quadro dei protagonisti – in particolare quella di Lee e di sua madre – così da rendere ancora più straniante e malata la loro presenza. Così come le continue carrellate a seguire o a procedere di Lee quando si avvicina ai cadaveri delle vittime oppure alla madre o ancora a Longlegs testimoniano la presenza di una forza estranea che la tallona da vicino, che la segue, che le sta continuamente addosso.
I campi lunghi mostrano sempre case isolate in uno spazio vuoto fisicamente ma pieno di una morale malvagia. L'assenza di umanità è riempita dalla presenza di malvagità, del suono del suo silenzio.
cast:
Maika Monroe, Blair Underwood, Nicolas Cage, Alicia Witt
regia:
Oz Perkins
titolo originale:
Longlegs
distribuzione:
Medusa Film
durata:
101'
produzione:
C2 Motion Picture Group, Saturn Films
sceneggiatura:
Oz Perkins
fotografia:
Andrés Arochi
scenografie:
Danny Vermette, Trevor Johnston
montaggio:
Graham Fortin, Greg Ng
costumi:
Mica Kayde
musiche:
Zilgi