Hansel è il fratello minore che Gretel s'incarica di proteggere nella rielaborazione narrativa di Oz Perkins. Revisione del regista tesa a esprimere alcuni tra gli elementi caratteristici della fiaba, sommando alla tensione oscura e adulta del racconto dei fratelli Grimm un'impostazione soggettiva vissuta attraverso il punto di vista della giovane ragazza.
Cacciati brutalmente da casa dalla madre, desiderosa di liberarsi dei figli e al contempo di rimandarne un'inevitabile morte, fratello e sorella si inoltrano nei boschi per poi essere accolti da un'anziana donna solitaria. La generosità della strega è inizialmente motivo di dubbio per Gretel, mentre il piccolo Hansel è irretito dalle vivande che vengono loro offerte. Col passare dei giorni i due invertiranno i rispettivi giudizi sulla loro situazione.
Coadiuvato da Rob Hayes alla sceneggiatura, Oz Perkins porta nuovamente al centro del racconto la figura femminile come nelle due regie precedenti, tracciandone il ruolo e la crescita morale all'esterno della società, un luogo altro. Perkins ne fa un discorso di genere (anche cinematografico) quindi e non di sessualità, se non nel breve siparietto iniziale con un ricco signore interessato alla verginità di Gretel. Si assisterà, dunque, alle potenzialità sopite di Gretel e alla sua crescita in relazione a un potere corrotto e ammaliante.
Se da una parte i canoni fiabeschi sono scolasticamente rappresentati, dall'altra "Gretel e Hansel" si affranca da quei vincoli. Luoghi e tempi, infatti, non sono totalmente codificabili, sottolineando l'applicabilità astorica della fiaba. La foresta diviene dunque extra-territorialità amena e oscura, luogo di confinamento e riflesso del "perduto" status famigliare dei due.
I colori e l'aspect ratio squadrato (1.55:1) di Galo Olivares partecipano del rapimento e ottundimento emotivo dei sensi ai danni dei protagonisti, ingabbiandoli e irretendoli in una coltre di tronchi e nebbia. All'interno di questa asfissiante natura espressionista, differente dalla rappresentazione cupa e incolore in "The VVitch", si collocano strutture geometriche essenziali, primitive e scarne che accrescono la sensazione di gabbia materica innaturale. L'abitazione è un triangolo erto tra i rami obliqui e così le sue naturali appendici come il capanno, il porticato e il forno stesso richiamano una essenzialità strutturale apparentemente logica ma frutto di un'espressione archetipica del potere maligno che pervade il luogo.
A squilibrare il meccanismo tradizionale delle fiaba è invece il punto di vista incastonato su Gretel, voce narrante primaria i cui pensieri fluiscono e si arrestano programmaticamente durante lo svolgimento degli eventi. Dunque, una spiccata focalizzazione interna accompagnata dalla narrazione intradiegetica, che permette allo spettatore di osservare attraverso Gretel e ascoltarne i dubbi e le riflessioni, disattendendo però questo meccanismo del POV attraverso una regia che spesso ha bisogno di spostarsi da Gretel a Hansel facendosi osservativa.
Quasi assente, o comunque superficie appena increspata, la componente psicologica, che invece è praticamente il cardine della scrittura di horror al femminile per film come "Madre!" o, per diretta ispirazione di quest'ultimo, "Rosemary's Baby". Taglio questo che depotenzia la rappresentazione maligna e al contempo fragile della strega: una madre sedotta dal potere, piagata dal un morbo interno al nucleo famigliare, in questo caso per volontà di una bambina (tema simile raccontato in "Shelley"). La maternità viene evocata spesso dalle relazioni tra i personaggi. Difatti Gretel altri non è che una madre per Hansel, alla quale viene richiesto lo stesso (cannibalistico) sacrificio operato dalla strega per avere in dono la magia.
A rendere poco ispirato "Gretel e Hansel" sono alcune scelte che svelano un desiderio di esposizione al fantasy senza alcuna motivazione o presunzione altra se non l'appartenenza al genere: lo zombie eliminato dal colpo di freccia, il prologo intriso di elementi magici a schermo, la trasformazione - attravero l'uso di una CGI curata - di budella in splendido cibo concorrono all'appiattimento di un testo che sembra prima imbrigliare il genere e poi farsi sedurre da esso scoprendosi poco efficace, col rischio di prediligere l'effettistica. Concorre a questo processo un utilizzo scomposto del jump scare, meccanismo che nei primi tentativi allude al terrore di Gretel e Hansel verso il bosco e verso la storia che si racconta sulle figure che lo abitano, ma presto si assiste a uno slittamento di senso: i due ragazzi sono mossi dal dubbio e dalla fascinazione, così volumi alti e movimenti di macchina improvvisi divengono giochino infruttuoso.
Perkins cerca di trovare l'equilibrio tra l'horror art house e l'amore per alcuni maestri del genere, rivelando, tra le oscure e affascinanti silhouette e tra i cromatismi innaturali, l'amore per Dario Argento e Mario Bava. E quasi lo afferra questo equilibrio, impedito da alcune scelte discutibili nell'utilizzo degli strumenti di genere e da un finale che accoglie una morale che vorrebbe farsi ambigua senza pungere.
cast:
Donncha Crowley, Jessica De Gouw, Alice Krige, Samuel Leakey, Sophia Lillis
regia:
Oz Perkins
titolo originale:
Gretel & Hansel
distribuzione:
Midnight Factory
durata:
87'
produzione:
Orion Pictures, Automatik
sceneggiatura:
Oz Perkins, Rob Hayes
fotografia:
Galo Olivares
scenografie:
Jeremy Reed
montaggio:
Josh Ethier
costumi:
Leonie Prendergast
musiche:
Robin Coudert