Quando si ha a che fare con Yorgos Lanthimos si deve mettere in conto una buona dose di eccentricità e provocazioni. A tracciare un solco tra lui e gli altri c'è, però, il fatto che nel cinema dell'autore greco questi pungoli non rimangono semplici aneddoti, ma sono il segnale di una sostanza che si relaziona alle cose umane, traguardate nei loro aspetti più indicibili e scabrosi. Si badi bene, qui non ci si riferisce solo ai contenuti dei film che, di per sé, costituiscono uno degli elementi vincenti del pacchetto, ma anche al modo in cui essi sono fatti. Se prendiamo come paragone il suo nuovo film, "The Favourite", ambientato nella corte della monarchia inglese di inizio Settecento, e lo confrontiamo con la maggior parte dei lungometraggi aventi come sfondo il medesimo soggetto, a spiccare non è certo il degrado morale e la decadenza dei reali inglesi e dei loro accoliti. Si può, anzi, dire che il tema degli intrighi di corte, con la consueta alternanza di alleanze e tradimenti, spesso è bastato per giustificare la messa in opera di questo genere di film. In effetti, anche quella di Lanthimos non differisce per nulla da tale schema, avendo come protagonista la rivalità tra Lady Sarah Churchill, (Rachel Weisz, attrice feticcio del regista) favorita della regina Anna e fautrice per interposta persona della guerra a oltranza contro la Francia, e Abigail Masham (Emma Stone), nobildonna caduta in disgrazia e per questo determinata a risalire la china, scalzando la rivale dai privilegi che si è conquistata. Come si può immaginare anche in "The Favourite" cattiverie e colpi bassi si sprecano: basti pensare a quelli messi in atto dalla spregiudicata Abigail per conquistarsi il diritto di giacere nel talamo della regina, soddisfacendone gli appetiti sessuali, come pure alle trame cospiratrici del politico Robert Harley (Nicholas Hoult) acerrimo nemico di Lady Sarah e disposto a tutto per toglierla di mezzo e prenderne il posto accanto alla sovrana.
Le convenzionalità di genere, però, finiscono qui, poiché per Lanthimos la ricostruzione di costume e le consuetudini della vita aristocratica non sono il fine bensì il punto di partenza, o meglio, una delle possibili prospettive dalle quali continuare a declinare la poetica sui rapporti di forza all'interno di strutture regolate da gerarchie e consuetudini strettamente fissate. Se, in altre occasioni, l'osservazione del regista aveva trovato il proprio campo d'applicazione all'interno dell'istituto familiare, con "The Favourite" a essere sotto la lente d'ingrandimento ne è una sorta di variabile allargata, che tiene conto non solo dei legami biologici ma anche delle relazioni acquisite per altre vie, nelle quali il rapporto tra servi e padroni non è solo figurato ma reale, nella misura in cui nel corso della vicenda lo mettono in pratica la regina con la sua protetta e a sua volta Lady Sarah con la disinvolta cugina e ancora quest'ultima con la fragile sovrana. Nelle mani di Lanthimos, questo triangolo diventa un moltiplicatore di casistiche umane create dal continuo riposizionamento dei ruoli (di vittima e carnefice) a cui vengono sottoposti gli incontenibili personaggi.
Ma tutto ciò non sarebbe sufficiente a giustificare la fama del regista, che al gusto estetico e allo sguardo da entomologo aggiunge la capacità di creare immagini cariche di senso rispetto al pensiero di cui si fa promotore.
Sulla scia di Sorrentino, a cui Lanthimos non è secondo per la costruzione di universi visivi autosufficienti, "The Favourite" reinventa gli spazi del potere, fotografandoli a lume di candela (come a suo tempo aveva fatto
Stanley Kubrick con "Barry Lyndon") e fendendoli con carrellate letali come quelle che trasformano i corridoi del palazzo in un pista da corsa dove far sfrecciare la regina in "carrozzella". Fatta salva la tendenza a compiacersi della propria bravura, cosa che in certi passaggi non lo esenta dall'essere fin troppo prolisso, le immagini di Lanthimos suggeriscono relazioni (come quella in cui la ripresa dal basso che accomuna Sarah e Abigail è rivelatrice della medesima natura delle due donne), svelano caratteri (ci riferiamo alle scene relative alle sessioni di tiro, indicative della personalità proditoria e rapace delle agoni) certificano patologie (suggerite dalla deformazione visiva presente in alcune inquadrature). Detto che, se non fosse per la mancanza di stringatezza della seconda parte, "The Favourite" figurerebbe ai vertici della filmografia dell'autore, era dai tempi della "
Marie Antoinette" di Sofia Coppola che non vedevamo un film in costume sbarazzino e sfrontato come quello in questione. Da non perdere.