Li è un'immigrata cinese che si ritrova a lavorare in un'osteria di Chioggia, tra il grigiore del paesaggio veneto e i retaggi della provincia in trasformazione. Bepi è un pescatore di origini slave chiamato "poeta" per la facilità con cui dispensa rime tra gli astanti del bar. L'amicizia tra i due ci mostrerà i risvolti dell'integrazione.
Andrea Segre, documentarista avvezzo, esordisce nel cinema di finzione con un tema a lui caro (ha firmato anche il documentario "Mare chiuso" sui respingimenti in Libia) e verso cui già altri autori italiani avevano mostrato interesse: l'immigrazione. I riferimenti diretti - si sa - sono Crialese di "Terraferma" e Patierno di "Cose dell'altro mondo", ma le affinità si fermano alla scelta medesima di mettere in scena un tema caldo che influenza il nostro quotidiano, perché il tocco di Segre ricorda più la delicatezza di Kaurismaki. "Io sono Li" è poesia che si fa immagine e parola, ogni elemento, anche il più circostanziale, risponde all'esigenza dell'autore di realizzare un'opera in bilico tra il lirismo autentico e la leggerezza di un sorriso. Le immagini plumbee della laguna immobile - come immobile è la trivialità del provincialismo arcaico ben incarnato da Battiston & co - contrappuntate dalla musica in sottofondo, ci immergono in una dimensione altra dalla quale ci si lascia trasportare con piacere. Quando si sceglie un registro eminentemente poetico il pericolo di trovarsi a scartare una caramella è sempre dietro l'angolo, ma il regista riesce complessivamente ad aggirare questa insidia nel corso del film: la scelta di far vivere l'amicizia dei due protagonisti nel non-detto e nell'insoluto è esemplificativa. In una realtà multiculturale e plurilinguistica, centro di incontro-scontro di solitudini, che a volte si sfiorano e spesso si respingono, muove i passi un'amicizia che unisce due stranieri - Bepi è immigrato ai tempi di Tito - in cerca di un'appartenenza. E il titolo del film, con la sua doppia accezione, rimanda all'indeterminatezza di un'identità interraziale da costruire, per non sentirsi estranei. "Io sono Li" somiglia a una favola, ma ha i piedi ben piantati nella realtà, non cede al sentimentalismo nè al richiamo cronachistico. Gli attori sono bravi e nessuno è fuori posto, neanche l'ottusità rozza di Battiston, che ricalca certi retaggi culturali che in alcuni ancora sopravvivono.
L'esperienza documentaristica ha conferito al regista quello sguardo deciso di chi sa andare in profondità, e con "Io sono Li" Segre scava nella dimensione umana di una materia che non è solo oggetto di scontro politico - come siamo abituati a conoscerla - ma motore di un cambiamento della società che diventa approdo di individualità composite. "Io sono Li" paga lo scotto di una distribuzione ingrata, ma è un'opera prima ben riuscita, anche se non perfetta. Si rischia, qua e là, di tirare troppo la corda del lirismo, ma i suoi difetti diventano piccoli come le lanterne che galleggiano in quella laguna che ti rapisce per quanto è bella e innocua.
cast:
Zhao Tao, Rade Sherbedgia, Marco Paolini, Roberto Citran, Giuseppe Battiston
regia:
Andrea Segre
distribuzione:
Parthenos srl
durata:
96'
produzione:
Jolefilm con Aeternam Films in collaborazione con Rai Cinema e Arte Cinema
sceneggiatura:
Marco Pettenello, Andrea Segre
fotografia:
Luca Bigazzi
montaggio:
Sara Zavarise
musiche:
François Couturier