Al fine di ottenere un importante finanziamento per il suo progetto, la quarantenne Alma, archeologa del rinomato Pergamonmuseum di Berlino, accetta di sottoporsi a un singolare esperimento: trascorrerà tre settimane in compagnia di Tom, un robot umanoide di bell'aspetto e dai modi impeccabili, che è stato programmato per diventare il suo partner ideale. Tuttavia, Alma non è certo una donna semplice da soddisfare, e l'algoritmo di Tom dovrà perfezionarsi, se vuole raggiungere il suo obiettivo.
Maria Schrader, attrice tedesca con una importante carriera alle spalle (vedasi, tra i più recenti, "In Darkness"), da oltre un decennio ha intrapreso un interessante percorso da regista, firmando tra gli altri il convincente "Vor der Morgenröte", biopic sullo scrittore austriaco Stefan Zweig, nonché la miniserie "Unorthodox", prodotta da Netflix.
Presentato all'ultima Berlinale, "I'm Your Man" conferma l'ecletticità della sua proposta, sviluppandosi come una riuscita variazione sul tema del rapporto tra l'uomo (in questo caso, una donna) e la macchina. Argomento molto frequentato dalla letteratura (il soggetto proviene da un racconto della quotata scrittrice Emma Braslavsky), nonché dal cinema fin dai suoi albori, è qui declinato in tono apparentemente leggero, ma tutt'altro che superficiale.
Lo slancio iniziale da commedia surreale innesca, difatti, un'indagine profonda su cosa sia il desiderio, su quello che ci aspetta quando intraprendiamo una relazione affettiva e, soprattutto, se è nel nostro destino provare continuamente una malcelata insoddisfazione, la quale è però anche sintomo di essere sempre alla ricerca di qualcosa, pronti a rimetterci in gioco, in due parole, di restare vivi.
La lezione della Berliner Schule, il gruppo di autori che ha affinato una proposta irregolare ma efficace nell’ultimo ventennio in Germania (per citare alcuni registi, dal "pionere" Christian Petzold fino a Maren Ade) esercita la sua influenza anche su questo lavoro della Schrader: lo stile asciutto, la mancata concessione alla spettacolarizzazione, il rifiuto di ammiccare allo spettatore sono alcuni dei presupposti riscontrabili anche in "I'm Your Man".
Accanto a questo, la collaborazione con alcuni nomi noti di tale scuola, come Jan Schomburg, qui in veste di co-sceneggiatore, nonché l'attrice Maren Eggert, premiata con l’Orso d’argento per questo ruolo, ha contribuito ad allontanare la pellicola delle trappole che il plot avrebbe potuto disseminare.
Invece, l’attenzione formale di scrittura e regia, nonché il lavoro in sottrazione della Eggert, a cui si accompagna l’ottima prova del britannico Dan Stevens ("La preda perfetta"), riescono a controbilanciare la cornice di leggerezza e il tema distopico in un quadro consapevole che procede senza sbavature e, non appena la trama si fa prevedibile, opera una decisa sterzata, che tuttavia non risulta dissonante.
L'apparente perfezione del robot Tom è, per l’appunto, solo di facciata. Attendere per ore sotto la pioggia la propria partner in ritardo, senza lamentarsi; rassettare in pochi minuti un intero appartamento; preparare la colazione ideale e un bagno caldo da favola può risultare soddisfacente, eppure, come Alma, ci si chiede: Tom è il partner perfetto solo perché esegue i comandi di una macchina programmata per soddisfare? La felicità è ottenere quello che si vuole, senza domandarsi se ciò non sia che una mera esecuzione per l’altra parte?
Tom dovrà, invece che perfezionare il suo algoritmo, sviluppare la sua intelligenza emotiva accanto a quella artificiale, se vuole che con Alma funzioni. Sarà lui a dover ripensare sé stesso, a compiersi nell’imperfezione e, insieme alla donna, andare alla ricerca di un passato comune, dunque farsi interprete della memoria, del sogno, di un ricordo. Non essere mai solo quello che l’altro vuole, ma trasformarsi in un’illusione, restando una persona dal finale aperto.
cast:
Maren Eggert, Dan Stevens, Sandra Hueller
regia:
Maria Schrader
titolo originale:
Ich bin dein Mensch
distribuzione:
Koch Media
durata:
108'
produzione:
Lisa Blumenberg
sceneggiatura:
Jan Schomburg, Maria Schrader
fotografia:
Benedict Neuenfels
scenografie:
Cora Pratz
montaggio:
Hansjörg Weißbrich
costumi:
Anette Guther
musiche:
Tobias Wagner